David Bowie se n’è andato. Berlino lo piange

Photobra|Adam Bielawski, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons

di Mattia Grigolo

Un giorno molto lontano, seduto sul divano di una casa di cui ora non ricordo più nemmeno il colore delle pareti, davanti ad un tubo catodico che per essere acceso doveva essere preso a pugni sul fianco destro, vidi per la prima volta nella mia vita un umano con il colore degli occhi diversi. La mia prima adolescente domanda fu “ma è un ragazzo oppure una ragazza?” Si chiamava David Bowie e stava cantando.
“Quello è Ziggy Stardust!” rispose mio padre.

Cambio. Non sono una persona cui piace catalogare le altre persone anche se inevitabilmente lo faccio e altrettanto inevitabilmente, credo sia impossibile non farlo. Siamo così noialtri e non ci si può far nulla, come direbbe quel tale. Siamo fatti per attaccare etichette e dare colori. Tu nero, tu bianco, tu rosso. Bowie è stato il Duca Bianco. Ecco un colore. Un Camaleonte, eccone altri. Molti.

Questo era, un artista incredibile capace di calzare le etichette come se fossero parte della sua stessa pelle per poi sfilarsele senza che nessuno se ne accorgesse.
Una leggenda che ha lasciato impronte indelebili sulla storia di questo mondo. Eh già, perché qui non si parla solo di musica, ma anche di cultura, di moda, di cinema. Il Duca è stato un esempio.

È stato, perché ieri notte se n’è andato, con i suoi occhi bicolore, con la sua scia di polvere di stelle che forse erano paiettes color della luna, probabilmente erano l’ultimo barlume di una rivoluzione vinta.

Guardatevi intorno, voi siete David Bowie. Siete Heroes, siete gli abiti che vi ha consigliato di indossare, i suoi migliaia di travestimenti, siete le canzoni che avete cantato e ricantato.


Heroes
Roger Woolman, CC BY 3.0 , via Wikimedia Commons
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E poi Berlino, la capitale di Germania piange a dirotto la scomparsa di un mattone fondamentale di quello che è stato il suo lento rialzarsi in piedi. Si sono stretti a vicenda Berlino e David Bowie, si sono aiutati ad uscire dagli incubi e a creare dei sogni, per poi realizzarli. Eccola, la rivoluzione.

Inglese di Bristol già diventato Star mondiale, si trasferisce a Berlino, anni importantissimi per lui che trascorre per la maggior parte del tempo insieme all’amico Iggy Pop. Il suo problema con la cocaina e l’impegno per uscirne.
Da quel periodo sono uscite canzoni importanti come la stessa Heroes e tutte le altre dell’album.


Bowie e Berlino
Photo by Gabriel Bassino
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Lui che venne a in Germania per staccarsi da New York, dove viveva, per donarsi la libertà e la calma di un luogo relativamente tranquillo, dove poteva prendersi la libertà di sedersi su di un tavolino all’aperto, davanti al Maybachufer senza che i fan lo assalissero.

La morte ha messo fine a sofferenze durate diciotto mesi, all’età di 69 anni il cancro se l’è portato via fisicamente, ma – come ho già detto – ciò che lui è stato rimane qui, indelebile nella storia e nella moda di questa città. E quella morte è arrivata con “Black Star” il suo ultimo album, opera uscita soltanto tre giorni fa, in occasione del suo compleanno. La “stella nera” che ha scritto l’unica uscita di scena possibile. L’uomo che è caduto sulla terra se ne va così, lasciando canzoni che parlano di libertà e di morte, appoggiate sul jazz, bagnate da una consapevolezza che lui, e probabilmente solo lui, sapeva di avere: andarsene. Cadere per lasciare un baratro enorme.

Ed io chiesi a mio padre “E chi è Ziggy Stardust?”
“Una sorta di supereroe che canta.” rispose lui.

Sì, lo è stato. Lo sarà per sempre, perché ci sono cose immortali che nessuno può lavare via. Nemmeno queste lacrime.