Al pubblico italiano potrà apparire paradossale: in Germania la povertà si sta estendendo e coinvolge principalmente i disoccupati.
Il numero dei disoccupati che non dispongono delle risorse fondamentali per affrontare le normali necessità della vita quotidiana è in ascesa. Nel 2014, secondo lo Statistisches Bundesamt (l’Ufficio federale di statistica), 1/3 circa dei senza lavoro (1,07 milioni di individui, 48.000 in più rispetto all’anno precedente) non era infatti in grado di assicurarsi un pasto completo ogni due giorni; 1/5 degli stessi (590.000 persone) aveva problemi a pagare l’affitto, mentre una quota leggermente inferiore non riusciva a riscaldare a sufficienza l’appartamento in cui viveva. Complessivamente, pertanto, circa il 31% dei disoccupati tedeschi ha dovuto affrontare, nel corso dell’anno passato, significativi disagi materiali e limitare le proprie condizioni di vita: interessante, in tal senso, segnalare che questa quota è superiore alla media europea, che si attesta al 26,2%.
Quali sono le motivazioni alla base di questa situazione? La risposta, per molti economisti, dell’opposizione al governo attualmente in carica va ricercata nella cosiddetta riforma Hartz (voluta dall’allora cancelliere socialdemocratico Schröder), che tra il 2003 ed il 2005 modificò radicalmente il mercato del lavoro tedesco: la filosofia di fondo della riforma mirava a creare un maggiore equilibrio tra la responsabilità individuale nei confronti dello Stato e la responsabilità generale dello Stato nei confronti dell’individuo, mentre tra le modifiche specifiche più significative del mercato del lavoro prevedeva l’introduzione dei Mini Job, contratti atipici che prevedono una retribuzione massima di 400 euro al mese per 15 ore di lavoro settimanali, un sussidio di disoccupazione ridotto a 12 mesi (dai 24 precedenti) e, in caso di disoccupazione superiore all’anno, un assegno minimo di sussistenza concesso a tempo indeterminato tenendo però in considerazione patrimonio ed eventuali redditi di determinate categorie di parenti.
La riforma Hartz, secondo molti economisti, è stata fondamentale nel rilanciare l’economia tedesca all’inizio del nuovo millennio e a consentire al paese di assumere il suo attuale ruolo di locomotiva d’Europa, e tuttavia avrebbe mietuto anche parecchie vittime, tra cui appunto i disoccupati che sono sempre più spinti alle soglie della povertà.
Non solo: secondo i dati ufficiali il tasso di disoccupazione della Germania è pari al 6,4% (dati dell’ottobre 2015) una percentuale mai raggiunta dai tempi della riunificazione, a testimonianza della solidità dell’economia del paese. Eppure anche questi dati sono fortemente criticati poiché non terrebbero conto di situazioni “estreme” che, se conteggiate, farebbero alzare questa percentuale di almeno un ulteriore 2%; l’esistenza di tali situazioni estreme (disoccupati tra i 58 e i 65 anni, non considerati tali poiché “troppo vecchi”, persone occupate con i Mini Job – che non possono essere considerati “disoccupati” – che tuttavia guadagnano talmente poco da essere beneficiari dell’assegno minimo di sussistenza ed essere comunque alla ricerca di ulteriori occupazioni) evidenzia pertanto una situazione del paese certamente meno florida di quello che comunemente si pensa. Una volta di più ciò mostra inoltre che, in qualche modo, i dati relativi ai tassi di disoccupazione non riproducono situazione oggettive ma variano a seconda dei “punti di vista” e che quindi le cifre indicate devono essere analizzate per quello che in realtà riflettono. La povertà, pertanto, esiste anche in Germania, e seppur non si sta diffondendo a ritmi preoccupanti, occorre tenere in considerazione che l’economia del paese sta crescendo ininterrottamente dal 2010. Che succederà quando si invertirà la rotta e il PIL inizierà a ridursi, come peraltro fisiologicamente attendibile?
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul blog di pavel chute.
PAVEL CHUTE è nato a Milano nel 1970. È laureato in Scienze Politiche e in Lingue e Letterature Straniere e ha vissuto a lungo in Inghilterra e in Germania (Berlino, Costanza, Colonia) dove ha studiato Africanologia. Lavora come traduttore e ha iniziato recentemente a scrivere racconti e brevi romanzi.
UNA FINESTRA SULLA GERMANIA è una rubrica rivolta agli italiani che vivono in Germania e a coloro che sono interessati a questo paese, raccontato in modo oggettivo, senza schieramenti, riconoscendone per quanto possibile pregi e difetti. Il tutto con un linguaggio semplice, ma diretto.
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