di Mirea Cartabbia
Dopo l’allontanamento dalla mamma e dalla casa famigliare, l’incontro con i finti prodotti alimentari Made in Italy è il trauma più grande per l’expat italiano- o immigrato – e tutti ricordano bene la loro prima volta. La mia è stata a New York nel 2011 quando ero ancora una ragazzina provinciale e la mia coinquilina americana, per farmi sentire a casa, mi ha cucinato un piatto di pasta scotta farcita con il Romano, la versione americana del Parmigiano Reggiano prodotto dall’azienda statunitense Saputo.
L’agonia di veder scambiato per italiano qualcosa che spesso di italiano non ha nemmeno il nome potrebbe finire presto, almeno in Germania. Infatti, pochi giorni fa il tribunale di Colonia ha dato ragione per la prima volta all’associazione italo-tedesca Italian Sounding e. V. che aveva portato a processo due aziende egiziane, le quali spacciavano per Made in Italy alcuni prodotti tra cui la “Pasta Milano” che invece erano Made in Egypt.
La decisione della Corte tedesca, che non ha una normativa specifica per quanto riguarda il “Made in”, si è basata principalmente sulla violazione delle norme che regolano la concorrenza e ha deliberato un provvedimento di interdizione nei confronti delle due aziende egiziane, che non potranno più vendere i loro prodotti in Germania. La decisione costituisce un precedente fondamentale sia da un punto di vista giuridico sia di legittimazione del lavoro dell’associazione Italian Sounding e.V. Inoltre, la decisione potrebbe costituire un precedente anche per proteggere altri settori Made in Italy importanti come ad esempio il tessile o il design.
Stando ai dati di Federalimentare la diffusione di prodotti contraffatti e Italian sounding nell’ultimo anno è aumentata del 180%. La differenza tra i due tipi di prodotti sta nel fatto che i secondi utilizzano delle confezioni o dei nomi che richiamano dei beni alimentari italiani, ma non mentono sulla reale provenienza del prodotto alimentare. Quindi ad esempio sull’etichetta di un prodotto Italian Sounding sarà riportato il vero luogo di produzione e la provenienza delle materie prime, mentre su uno contraffatto non ci saranno indicazioni precise o saranno false.
Esempi di Italian sounding sono la polenta croata detta palenta, la pasta Mafia, l’amaro Il padrino, il caffè Mafiozzo e moltissimi altri che spesso richiamano lo stereotipo non proprio felice dell’italiano-mafioso. A volte l’Italian sounding non viene nemmeno mascherato come nel caso del formaggio olandese Parrano che nel suo slogan dice apertamente “il formaggio dall’Olanda, che si crede italiano”.
In Germania è molto famoso il caso del Parmisan, un formaggio prodotto a Berlino il cui nome richiama il Parmigiano Reggiano, che sta combattendo una complicata azione legale per poter conservare il suo nome visto che stando a quando deliberato dalla Corte di giustizia Europea nel 2008 soltanto i formaggi di origine protetta Parmigiano Reggiano possono utilizzare il nome Parmesan.
La lotta di Italian Sounding e. V. trova già l’appoggio di moltissimi gruppi industriali, tra cui anche Unioncamere e Alessi, ma punta anche all’adesione di importanti gruppi italiani agro-alimentari. Sempre stando alle stime di Federalimentare nel 2014 l’export del cibo Made in Italy ha raggiunto i 34,3 miliardi di euro, mentre il giro d’affari del cibo contraffatto e dell’Italian sounding genera delle cifre quasi doppie, pari a 60 miliardi di euro.