Guidare la bicicletta in Germania: 7 punti su cui riflettere
di Federico PascucciPreludio
Ci sono tre situazioni che descrivono al meglio cosa voglia dire usare la bicicletta in Germania. Sono semplici, chiare, e le potete raccontare quando tornate a casa per le ferie. La prima ho avuto il piacere di osservarla già il mio primo giorno in Germania. Ho detto “giorno” ma in realtà è errato perché erano le undici di sera, e c’era un ciclista con caschetto e pettorina che aspettava il verde al semaforo con strada deserta (talmente deserta che si sentivano i grilli!). Un simpatico quadretto che si ripeteva spesso e mi destava sempre molto stupore. La seconda ho avuto il piacere di sentirla dopo qualche giorno di lavoro. Il collega vicino a me aveva quel classico odore tipico di quando sei appena uscito dalla doccia. Quindi una mattina gli chiedo delle spiegazioni – nessun reato eh, solo per sapere – e scopro che effettivamente la doccia se l´era appena fatta nei bagni al piano terra, di cui scopro improvvisamente l´esistenza. In pratica pedalava per mezz´oretta fino al luogo di lavoro, si faceva la doccia, si asciugava, si vestiva e si sedeva al tavolo di lavoro con un bel bibitone di caffè; tutto questo ogni giorno. La terza ho avuto il piacere di viverla in prima persona, e sono talmente affezionato a questo ricordo che ci ripenso spesso. Vista da fuori la scena era all´incirca questa. Inizia tutto con un ragazzo in bicicletta che sta viaggiano nella corsia opposta – non nella pista ciclabile a destra della corsia delle auto, nella quale sarebbe dovuto stare, ma in quella di sinistra. A quel punto entrano in scena due poliziotti che lo fermano, gli dicono due o tre cose, e lui sembra non comprendere perché rimane fisso con lo sguardo ma alla fine annuisce, si tocca la barba e compie un gesto eclatante: quello di aprire il portafoglio ed estrarre 20 euro. Bar auf die Kralle. Pagare, salutare, e andare via.
Non che non mi piacciano le sorprese e i colpi di scena – al contrario, se vivo all´estero in buona parte é per questo – peró sinceramente dopo queste tre esperienze mi sono sentito un po´ spiazzato, un po´ colto in contropiede. Guidare una bicicletta qui non è proprio come guidarla in Italia, e deve per forza esserci qualcosa che non ho compreso, che mi è sfuggito. Mi è venuto da pensare: questa cosa della bicicletta – come gesto fisico di montare in sella e pedalare intendo – non è che i tedeschi la prendono troppo seriamente? Un po´come fanno con tante altre cose tipo rispondere alle mail, arrivare in orario, la birra, i würstel, eccetera. Ma dopo un po’ di tempo in Germania mi sento di dire che questa non é la risposta giusta. Ecco c´è anche questa componente, ma il vero motivo è legato al modo stesso di intendere la bici, che suona all´incirca cosí:
“La bici non è un pedone con due ruote”.
La regola base, spiegata bene
Salire su una bici non è come montare in spalla a tuo papà quando sei piccolo, ma è un gesto che ci trasforma da pedoni ad autisti di veicoli. In gergo tecnico rimaniamo sempre utenti “deboli” della strada, ma sempre in gergo tecnico sotto di noi abbiamo un veicolo che può prendere forti velocità, può perdere stabilità nel moto e può ferire sia gli altri che noi. L´Uomo Ragno mi ha insegnato che a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità. Ecco questo è vero per lui che si getta dai grattacieli lanciando ragnatele ma anche per noi miseri ciclisti. Da una parte infatti ci viene riservata – quasi sempre – una pista ciclabile ad uso nostro ed esclusivo, dall´altra ci viene richiesto di usare le luci, di fermarci al semaforo e di non pedalare da sbronzi. Per inteso, questo valeva anche in Italia e vale in qualsiasi paese dove le bici come veicolo della strada ha una regolamentazione. Quello che cambia però è che in Italia ci sentiamo di avere meno diritti – meno piste ciclabili, meno precedenze, meno attenzioni del legislatore – e questo ci spinge psicologicamente a caricarci di meno responsabilità – a invadere le zone pedonali, a non fermarci agli stop e a prendere la regola di usare le luci non come un imperativo categorico, ma come un allegro consiglio di chi scrive le leggi.
Sotto questa considerazione ogni aspetto legato alle bici trova senso e giustificazione, in particolare in Germania dove la legge dell´Uomo Ragno è applicata in maniera ferrea – e in effetti il film ha venduto più copie che altrove. Quindi come ciclisti è bene avere chiare alcune regole base, sia dalla parte dei diritti che ci spettano, sia dal lato dei doveri e delle punizioni che ci toccano se non ci va di partecipare al gioco.
Per dovere di sintesi offrirò solo 7 spunti di riflessione, con una domanda, una risposta breve, una spiegazione e talvolta un corsivo per chi vuole approfondire. Seguiranno link, per chi proprio non si sente appagato.
- Bisogna per forza stare sulla pista ciclabile?
Risposta: No. A patto che non ci sia uno di questi simboli.
In quest’ultimo caso dovrete condividere lo spazio con i pedoni; la normativa non vi permette di fargli il pelo a tutta velocità, ma vi consente di “scampanellare” per chiedergli cortesemente di spostarsi, quindi attendere che si scansino.
Con questi simboli è quindi d’obbligo precipitarsi sulla pista ciclabile come fulmini, ovunque essa si trovi – a destra o a sinistra della carreggiata.
Se di questi simboli non ce n’è l’ombra, la pista ciclabile potete usarla solo se vi aggrada. Per viaggiare più spediti potete ad esempio state sulla carreggiata, tenendovi sulla destra.
Tenersi a destra vuol dire che fra voi e il marciapiede (o le auto parcheggiate) ci devono essere 80 cm-1m. In pratica il portellone di un´auto.
- E´vietato guidare contromano?
Risposta: sì, salvo eccezione.
Se guidate contromano, i tedeschi hanno un preciso modo di chiamarvi: siete dei Geisterfahrer! Vi equiparano in pratica a degli spiriti, a qualcosa di inatteso e che spaventa. Spero non vi sentiate offesi. Infatti una regola base del codice della strada dice che: “Für Radfahrer gilt das Rechtsfahrgebot!”, cioè di norma si deve viaggiare a destra, e tenendosi sulla destra.
Poi c´è l eccezione. Questa:
Dove il termine “frei” non vuol dire “libero da”, ma “libero per”. Questo simbolo lo potete trovare nella corsia di sinistra e dice: “puoi viaggiare anche da questa parte, oltre che nella corsia delle auto nella tua direzione di marcia”.
Viaggiare sulla pista ciclabile di destra ha un senso. Mettiate caso che siate al volante e che vi immettiate in una strada principale. Arrivate all’incrocio decelerando e vi guardate nei paraggi per vedere se ci sono pedoni in attraversamento. Le bici però non riuscite a vederle, perché viaggiano a una velocità almeno quadrupla di quella dei pedoni, quindi serve sporgersi perché la visuale è scarsa (a causa di edifici, alberi ecc.). In questo caso, ci si concentra facilmente in una sola direzione cioè la corrente di bici proveniente da sinistra, visto che è dalla stessa parte da cui arrivano le auto.
- Esiste qualcosa che in Italia non abbiamo?
Risposta sí: la Fahrradstrasse.
Qui come ciclisti potete fare praticamente tutto, a parte fare ruota alta. Se siete con un amico, potete stare l´uno di fianco all’altro. Se un´auto sopraggiunge dovrà adattarsi alla vostra velocità, poi sta a voi decidere se farvi sorpassare o meno portandovi sulla destra. Ma per esperienza, un tedesco preferisce starvi dietro piuttosto che superarvi quando la strada è stretta, anche a costo di perdersi l´inizio di Tatort.
Provenendo da un paese car-oriented (dove i trasporti sono orientati principalmente a soddisfare le esigenze dei veicoli a motore), ci portiamo dietro una sorta di rispetto inconscio verso questa categoria. Questo si rispecchia appunto nella nostra tendenza come ciclisti a tenerci sulla destra in maniera esagerata a volte, calpestando la linea continua di bordo strada per consentire alle auto di sfrecciarci a lato. Ancora di più nella tendenza come pedoni a ringraziare gli automobilisti con un cenno quando ci permettono di attraversare sulle strisce pedonali (come fosse un favore, più che un diritto); provate a fare lo stesso gesto qui e il più delle volte non otterrete un cenno di ritorno, ma solo facce attonite e impaurite.
E qui, chi ha la precedenza?
Risposta: noi!
Percorrere la pista ciclabile di una strada principale implica la precedenza su tutti coloro che provengono da una strada secondaria. Questo vi permette di viaggiare senza soste in lunghi tratti in cui non sono presenti semafori. Dal mio punto di vista, questo diritto di precedenza – che come si vede nell’immagine è automatico, cioè senza necessità di segnaletica nella direzione del ciclista – è un forte incentivo a usare la bicicletta. Viaggereste volentieri in una strada così invece?
Io no, perché ad ogni incrocio (un incrocio con una strada che si trova davanti uno “stop” o un “dare la precedenza”, appunto) dovrebbe accadere questo:
Fine della pista ciclabile. Scendere. Bici a mano. Attraversare sulle strisce pedonali. Inizio pista ciclabile. Salire in bici. Tempo perso? 15 secondi o poco meno. Che si risolve in un “rimango sulla bici e vedo chi arriva”. O ancora in un “sto sulla carreggiata e tanti saluti”, proprio come si scorge nell’immagine, in lontananza. Quindi nel dubbio amletico di rispettare il codice della strada, perdendo molto tempo, o di infrangere la legge, risparmiando tempo. E vi assicuro che dopo la quinta volta non ci saranno più dubbi.
A volte ci chiediamo per quale strano motivo in Italia la bici la usiamo poco. Tralasciando il fattore sud-europeo della pigrizia e le nostre cattive abitudini di voler usare la macchina anche per tragitti sotto i 10 metri, diciamo che è l´intero sistema a non favorirci nell’uso di un mezzo di trasporto ecologico, sostenibile e a costo zero. Per favorire una causa giusta (come il fotovoltaico, ad esempio) lo stimolo non può essere solo legato alla consapevolezza di aiutare l´ambiente, ma serve che il processo sia favorito con dei vantaggi chiari, evidenti. Non voglio citare l´esempio di molti paesi in Europa (Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Francia) in cui i dipendenti vengono pagati 0,20 centesimi a chilometro se usano la bici per spostamenti casa-lavoro, ma almeno di darci qualche precedenza in più.
Una pista ciclabile senza soste e con precedenza sulle auto non stravolgerà certo le nostre abitudini da sud-europei, ma potrebbe darci un piccolo incentivo a usare due ruote invece che quattro.
Se non rispetto le regole posso essere multato?
Risposta: sì, e ce ne sono di tutti i gusti.
Non sono solo voci di corridoio e non sono aspetti legislativi che giacciono in un angolo pieni di polvere. Il principio per cui esistono le multe è quello già espresso sopra (l’Uomo Ragno). E la sanzione – a dispetto delle nostre che ti fanno passare in un battibaleno da innocente a pericoloso criminale – è proporzionata all’infrazione che commettiamo, quindi al danno che potremmo causare con la nostra trasgressione.
C’è la classica multa, quella che se siete dei veri italiani l’avete già presa o avete rischiato: passare con il rosso. 60 euro. Poi: 20 euro se non state sulla pista ciclabile quando dovevate. 20 euro se guidate contromano.
Ce ne sono di davvero curiose, che vi invito a leggere a questo link:
La punizione massima riguarda l’attraversamento di binari ferroviari con sbarra abbassata. 250 euro. Plurale d´obbligo. Quella minima nonché la più divertente è di 5 euro e la ricevete se guidate senza mani. In pratica non è una multa, ma una sorta di carezza. Non credo siano in circolazione feroci trasgressori del codice di questo tipo, ma segnalate se conoscete eh.
Basta indicare la dinamo se ti fermano senza luci?
Risposta: no, e per stare in tema sono 20 euro.
Il Bußgeldkatalog parla di luci che devono essere “a disposizione e in funzione”, quindi dovete dimostrare che funzionino (vi sollevano la bici, fanno girare la ruota e controllano) e dovete usarle quando fa buio. Quindi, come in Italia, controllare sempre di avere le luci funzionanti e visibili. Non per la multa, ma perché non vi vedono.
Posso parcheggiare dove mi pare?
Risposta: sì, ma senza ostacolare il moto degli altri utenti della strada.
Non solo dunque negli appositi porta bici, più sicuri e stabili. Potete lasciare la bici anche sul marciapiede o in zone pedonali, a patto di non ostacolare i pedoni.
Questa grande conquista è dovuta al Tribunale Amministrativo Federale tedesco, che ha annullato il divieto di parcheggio delle bici fuori dagli appositi spazi imposto dal consiglio comunale di Lüneburg. Si narra infatti che le bici disposte a casaccio davanti alla stazione disturbassero i consiglieri, che volevano un po´d´ordine. Alla fine i ciclisti l´hanno avuta vinta, e il caos davanti alla stazione di Lüneburg regna ancora sovrano.
Per gli appassionati, qualche link di sicura utilità:
Il sito dell ADFC, il Club tedesco della bicicletta.
L’StVO per le bici, ossia il codice della strada tedesco relativo alle bici.
Una guida divertente dell´ADFC, che si legge molto bene.