[Video]: Kreuzberg alla fine degli anni settanta
di Mattia Grigolo
Kreuzberg la ribelle. Kreuzberg la bella, la reginetta, la cheerleader e il quarterback allo stesso modo. Kreuzberg non è un quartiere, è una bandiera, è un modo di essere, uno status sociale. Kreuzberg è la figlia viziata cresciuta troppo in fretta. E’ il caos della notte berlinese, quando migliaia di ragazzi si riversano nelle strade, il multikulti dei club e dei bar. Il Watergate che si sporge sul fiume senza caderci mai dentro, con i soffitti che sono pavimenti e le pareti che sono uno skyline acido. L’Arena, da sempre nascosta in un angolo, con quel suo braccio lungo e disteso tra la sabbia e una piscina che diventa un rattoppo nella geometria perfetta dello Spree. Le strade di Kreuzberg che portano sempre e comunque a Kreuzberg, perché se le abbandoni sei da un’altra parte e quello sarebbe un altro mondo. I ponti di Kreuzberg e gli artisti di strada che li occupano e la Polizei che si ferma a guardare ed ad ascoltare. Giusto un istante. Sono i cocci delle bottiglie di birra che diventano il vestito buono del week end, per poi essere rimesso nell’armadio, in attesa che finisca un’altra settimana e che qualcuno abbia collezionato un’altra cicatrice. E’ il Görlitzer Park, il suo verdissimo saliscendi e tu che schivi chi ti chiede se vuoi fumare; Hey, my friends, smoke? Oppure ti fermi.
Potremmo andare avanti e avanti senza fermarci mai, perché davvero Kreuzberg è un mondo a sé. Si vanta di ciò, Kreuzberg la disubbidiente, si sente importante e forse lo è davvero, perché se io dico Kreuzberg tutti lo sanno dov’è, una delle porte per entrarci la si apre sicuramente.
Com’era Kreuzberg alla fine degli anni settanta? Cosa è sopravvissuto fino ad oggi?
Abbiamo trovato questo video. In una manciata di mesi sarà il nuovo decennio. Dieci anni dopo sarà la fine di qualcosa d’importante e l’inizio di qualcosa di altrettanto decisivo. Pubblicato da Berlin Graffiti, un magazine digitale di graffiti con base nella capitale. Il montaggio è di Falko Brocksieper e per la colonna sonora viene utilizzata una magica traccia del compositore Brian Eno, “Dunwich Beach, Autumn 1960” a sorreggere, tra onde di sintetizzatori e tappeti di riverberi, questi affascinanti sette minuti di riprese per le strade di una Kreuzberg quasi oscura. Abbattuata in parte dalle sue ferite più grandi. Probabilmente diversa, ma sempre viva e ribelle.
fonte: I Heart Berlin