Le elezioni in Germania sono ancora distanti due anni e si sa che i risultati dei sondaggi sulle intenzioni di voto registrati con così largo anticipo sono poco predittivi di quanto accadrà nei successivi 24 mesi. Peraltro in Germania, diversamente da quanto avviene altrove, i sondaggi non hanno la forza di influenzare le decisioni dei partiti al punto di ingenerare quella rincorsa al voto che svuota il senso più profondo dell’attività politica, che dovrebbe prendere forma da una sana osmosi tra le prospettive politiche offerte da una classe dirigente in grado di immaginare il futuro di un paese e le necessità concentrate più sul presente dei cittadini.
E tuttavia non può certamente sfuggire la circostanza che, nell’ultimo sondaggio commissionato dal tabloid berlinese “Bild am Sonntag”, attualmente è pari solo al 37% la percentuale dei cittadini tedeschi intenzionati a dare il voto alla CDU/CSU, il partito della cancelliera Merkel, ossia il valore più basso fatto registrare dal maggio 2013 (nelle elezioni del settembre di quell’anno la CDU/CSU raccolse il 41% dei voti).
La ragione che viene attribuita all’erosione di voti è la crisi dei rifugiati, che nel paese è fonte di crescente preoccupazione; secondo altri sondaggi risulterebbe infatti sempre maggiore il numero dei cittadini tedeschi che non sono soddisfatti delle scelte della cancelliera compiute nelle ultime settimane.
Eppure la Merkel, che non sta riuscendo ad imporre in Europa la propria strategia sull’immigrazione, è alla continua ricerca di alleati e nuove prospettive per cercare di affrontare il problema in modo proattivo, senza lasciarsi travolgere dalle circostanze. In tal senso non è ultimo, in questi giorni, l’accordo raggiunto con il presidente turco Tayyip Erdogan basato sostanzialmente su uno scambio: aiuto della Turchia nella crisi degli immigrati e maggiori concessioni dell’Europa a favore del paese della mezzaluna (intensificazione del processo di adesione, facilitazione nella concessione dei visti per i viaggi dei cittadini turchi nell’UE ecc.). Per la cancelliera è infatti fondamentale che la collaborazione tra UE e Turchia in relazione agli immigrati sia intensificata e, stando alle sue parole, la risoluzione della crisi è un interesse che i due stati condividono in modo molto profondo. D’altronde la Turchia, come ha ricordato la stessa Merkel, accoglie circa due milioni di rifugiati siriani e svolge un ruolo di tampone fondamentale all’entrata degli stessi nei paesi UE, pur se tuttavia Bruxelles e Ankara non sono riusciti ancora ad accordarsi su un piano di azione comune per affrontare la crisi. Bruxelles (e anche la Merkel) hanno l’obiettivo di giungere ad un accordo che preveda il riaccoglimento della Turchia di tutti i rifugiati che sono giunti in Europa attraversando il suo territorio (tramite una rotta che li vede partire dalla Siria, arrivare in Turchia per stazionare alcuni mesi e quindi riprendere il viaggio attraverso Grecia, Macedonia, Ungheria e Austria per arrivare in Germania).
L’operato della Merkel in Europa e con la Turchia (peraltro duramente contestato dall’opposizione di sinistra, che l’accusa di trattare con un despota) sembra tuttavia – stando ai risultati dei sondaggi – non convincere i tedeschi che, peraltro, sono certamente influenzati nelle loro valutazioni anche dalla difficilissima situazione dei profughi presenti in Germania. I problemi sono i medesimi delle settimane scorse: giorni e giorni di attesa per essere registrati come rifugiati, personale numericamente insufficiente ad affrontare i continui arrivi. Al Landesamt für Gesundheit und Soziales (– Lageso – l’Ufficio regionale per la salute e gli affari sociali) di Berlino sono circa 2000 i rifugiati che attendono il certificato di “richiedente asilo” (mentre 800 le persone che arrivano mediamente ogni giorno) che, una volta ottenuto, consente di fare la vera e propria domanda d’asilo nel luogo ivi indicato; solo una volta effettuata tale domanda i richiedenti asilo iniziano a ricevere aiuti dal Governo federale, mentre in precedenza non godono di alcun sostegno. Una situazione complessiva, questa, che ovviamente oltre a far soffrire gli immigrati pone in seria difficoltà impiegati, personale di sicurezza e volontari giornalmente al lavoro. La situazione di Berlino, peraltro, dovrebbe presto migliorare, poiché il comune aprirà nei prossimi giorni un nuovo centro per i richiedenti asilo, nel quale i processi di prima accoglienza e di accettazione/rifiuto delle richieste di asilo saranno uniti e, pertanto, velocizzati.
Probabilmente le scelte che la cancelliera farà in tema di immigrazione nei prossimi mesi dipenderanno sia dai compromessi raggiunti a livello internazionale che dalla capacità dell’amministrazione pubblica del paese a organizzare in modo efficace la macchina di accoglienza dei rifugiati. Con un occhio, che certamente diventerà più attento con il trascorrere dei mesi, anche ai risultati dei sondaggi.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul blog di pavel chute.
PAVEL CHUTE è nato a Milano nel 1970. È laureato in Scienze Politiche e in Lingue e Letterature Straniere e ha vissuto a lungo in Inghilterra e in Germania (Berlino, Costanza, Colonia) dove ha studiato Africanologia. Lavora come traduttore e ha iniziato recentemente a scrivere racconti e brevi romanzi.
UNA FINESTRA SU BERLINO è una rubrica rivolta agli italiani che vivono in Germania e a coloro che sono interessati a questo paese, raccontato in modo oggettivo, senza schieramenti, riconoscendone per quanto possibile pregi e difetti. Il tutto con un linguaggio semplice, ma diretto.