La Disillusione dell’Afghanistan e il Declino
di Dario-Jacopo Laganà
Mentre è possibile visitare la mostra a Berlino presso Meinblau fino al 20 Settembre, qui l’evento su Facebook riprendiamo la Breve Storia dell’Armata Rossa, presentandovi oggi l’ultimo capitolo.
E’ difficile tenere unito un esercito per lungo tempo, specie se fuori si sta giocando una guerra sottile di spie, una partita a scacchi con gli stati cuscinetto dell’Europa dell’Est tenuti in scacco da una tensione costante per oltre 40 anni. Ma in effetti, consultando i pochi dati possibili, la gestione dell’Esercito Sovietico ha funzionato abbastanza bene fine agli anni ‘70. Una delle motivazioni principali è che i soldati di leva venivano inseriti in un contesto in cui i loro superiori erano stati parte integrante della Guerra Antifascista.
I comandanti e i generali dell’esercito avevano dapprima ricoperto ruoli importanti e poi, col passare degli anni, erano stati ancora usati per tenere conferenze, per addestrare le truppe, per portare la loro esperienza in giro (un sistema con cui i sovietici avevano dimestichezza, basti pensare a Yuri Gagarin di ritorno dallo spazio). Di fatto nell’ottica sovietica, l’esercito non era mai stato sconfitto sul campo, l’Armata Rossa aveva ricacciato i nazisti di Hitler e salvato il mondo. Questo era servito da collante per tenere in piedi un esercito in perenne attesa.
Col passare del tempo però, così come avvenne per il sistema socialista civile nella DDR, le cose iniziarono a sfaldarsi, sia per questioni economiche, sia perchè questo collante non aveva più la giusta presa sulla popolazione militare. La controprova sta nel fatto che il numero di crimini da parte di soldati sovietici iniziò ad aumentare sempre di più dalla fine degli anni ‘70 e per tutti gli anni ‘80, in special modo di crimini contro il patrimonio dell’URSS.
La maggiore responsabilità di questo cambiamento fu, tra le altre, la guerra che l’Unione Sovietica intraprese in Afghanistan. Una guerra senza speranza che i sovietici ancora adesso considerano il loro Vietnam. Quello che era un esercito per il quale fino a quel momento si era fieri di combattere, diventava man mano un’onta. Questo fece crollare molto del sistema militare sovietico anche nella DDR. Gli ufficiali che tornavano dall’Afghanistan e venivano poi sistemati nei ruoli di comando delle basi, non erano più visti, come i loro predecessori, come eroi positivi di una guerra antifascista, ma come aggressori che avevano compiuto atrocità in nome di una guerra impossibile. Le voci di quello che l’Unione Sovietica faceva in Afghanistan faceva velocemente il giro e il morale delle truppe iniziò velocemente un periodo di declino durato fino alla Caduta del Muro e al ritorno a casa.
Cosa può significare tornare a casa e principalmente a quale casa ci possiamo mai riferire, sono concetti abbastanza intimi e complessi da generalizzare.
Il Zwei-plus-Vier-Vertrag (il trattato 4+2, cioè i 4 alleati vincitori della WWII e le due Germanie) firmato a Mosca nel 1990, prevedeva, tra le altre cose, anche il ritiro delle truppe sovietiche dalla Germania Est entro il 1994.
Quando i soldati dell’Esercito Sovietico si misero in viaggio per tornare a casa, la prospettiva che avevano di fronte era profondamente diversa da quella che avevano quando ne erano partiti. L’Unione Sovietica non esisteva più e il paese nel quale stanno tornando era un paese in dissoluzione, di quella profonda povertà che ricordiamo tutti nelle immagini delle persone in strada a fare la fila per il pane. E’ vero che il governo di Yeltsin aveva promesso ai soldati di essere risistemati in nuovi territori (anche questo faceva parte del 4+2) e di essere reintegrati, ma se ci fosse stato del profondo scetticismo e sconforto, sarebbe stato comprensibile.
Il compito di riportare a casa le truppe del GSSD (Gruppe der Sowjetischen Streitkräfte in Deutschland, poi noto come Westgruppe der Truppen) fu affidato al Colonnello Generale Matwei Burlakow, la cui villa immersa nel verde nella città di Wünsdorf porta ancora il suo nome.
Le manovre per tornare a casa non furono per niente facili. Bisognava muovere mezzo milione di persone in 3 anni e questa operazione costò moltissimo, economicamente ma anche logisticamente.
Nei tre anni successivi le truppe che si trovavano verso ovest vennero man mano spostate verso est, le basi militari svuotate e i materiali caricati nei container e sui treni.
Fu necessario trasportare con gli aerei quello che era possibile, mentre i mezzi pesanti fu veicolato verso nord (la Polonia non garantì il passaggio dei treni sul suo territori), nei porti di Rostock e di Mukran, per poi poter approdare a Kaliningrad, unico lembo di terra sovietica sul Mar Baltico.
Le ultime immagini dell’Esercito Sovietico e della “Demobilisazija” sono di fatto quelle di Treptower Park, con Burlakow e Yeltzin al Memoriale Sovietico di Treptower Park insieme ad Helmut Kohl, “custode” della Riunificazione Tedesca.