Unconventional Berlin Diary: as the night goes by

Photo by luca.sartoni

Sono stata a una serata “dark e non solo”, recentemente. Davanti al bancone giaceva un uomo-zerbino sul quale abbiamo camminato tutti (che il ragazzo travestito da mora che ho visto distribuire flyer a Potsdamer Platz non si lamenti più della sua condizione). Ho ballato su qualche standard di musica a tema che se vogliamo è anche di mio gusto, ma mi sono stancata presto. Ero sobria e non sono un animale da dancefloor, due fattori che hanno ridotto la mia presenza in pista a pochi dimenticabili istanti convulsi. Su una specie di balconata un uomo e una donna si accoppiavano a tempo, con metronomica precisione. La fauna era in generale un manifesto stilistico, nel senso che sembravano tutti usciti dalla saga degli Eterni di Neil Gaiman: creste nere altissime, impermeabili lunghi fino a terra, acconciature che viravano da “Hellraiser” a Tim Burton, tutine a scacchi.

Nella sala in cui suonavano solo musica degli anni ottanta un trittico sorrentiniano formato da due donne sui cinquant’anni e da un ragazzo piuttosto giovane, tutti in abito da sera, è rimasto a fare sfoggio di una certa innaturale immobilità su un divano. Ogni volta che mi trovavo a passare li vedevo seduti nello stesso modo, come decorazioni. A pochi metri da noi piccole finestre quadrate si aprivano sulla Sprea, dove le barche e le luci galleggiavano insieme, nel buio. Mi sarebbe piaciuto scivolare fuori e perdere connotati, consistenza, corpo e tutti gli shakespeariani retaggi della carne che rendono la mia vita miserabile. Volare nel fresco purissimo della notte, come un pensiero. Poi ho ripreso a passeggiare per le sale. Il mio stato d’animo era di sicuro quello di Gep Gambardella al netto dei trenini. Dovrei comprare un giacca gialla e camminare con indolenza sotto l’insegna di qualche banca.

Nella playroom bdsm ho visto giocare coppie che in realtà non si facevano affatto male. Secondo il classico paradosso in base al quale il vero sadico non dovrebbe accontentare il masochista, un totale successo. Mi sono appollaiata su una struttura che probabilmente serviva a bloccare un corpo umano e sono rimasta a guardare per un po’ un master che faceva le coccole a una schiava. Poi mi sono spostata su un divanetto e ho visto una mistress di circa quarant’anni che faceva finta di frustare un ventenne spaventato. Del tutto inutilizzata una bella croce di Sant’Andrea. Detto così sembra quasi che sia un’habituè del clubbing berlinese virato porno, ma in realtà è vero esattamente il contrario. In questa fase della mia vita evito i locali in cui si balla come la peste, ma le rare volte in cui ci vado mi capita di vedere gente che copula. Niente di trascendentale, succede nelle migliori famiglie. A volte con più estro. E comunque lo shibari è di una noia mortale.

Nei bagni mi sono ricordata perché odio i locali “cool”. Un gruppo di darkettoni italiani dall’accento genericamente lombardo lamentava con aria annoiata la presenza di romani ovunque, “anche a Ibiza!”, e riusciva nell’intento di farmi virare da Tony Servillo a Theodore Bundy in un secondo, nel senso che alla noia contemplativa si è sostituito un furore omicida che mi ha afflitto per il resto della nottata e non ha avuto sfogo se non nella mia immaginazione. Niente mi avrebbe dato più piacere che aggredirli con un mattone! Intanto una transessuale reagiva alla presenza di alcuni uomini nel bagno delle donne insultandoli con violenza. Perché nessuna condizione affranca dal pregiudizio, nemmeno quella di chi ne è stato vittima. Passandole davanti, un paio d’ore dopo, ho sputato per terra in segno di disprezzo, ma era troppo fatta per accorgersene.

Meno male. Perché era grossa.

♠ Colonna sonora: “Only shallow”– My Bloody Valentine♠

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=oiomcuNlVjk]

Machete

Machete vive a Berlino dal 2013, in modo intelligente dal 2007 e in modo autoanalitico dal 2017.

Ama scrivere e girare il mondo e il suo più grande sogno è di poter combinare le due cose, un giorno. Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.

A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte.

Un po’ lo spera ancora.