Unconventional Berlin Diary: chi non lavora non mangia la torta
Sono stata con Wolfie alla festa di fine anno di un asilo cino-tedesco. Il buffet offriva una varietà di pietanze e inevitabili bratwurst, ma soprattutto tante torte, dalla classica crema e cioccolato a quelle con i gummibärchen, che poi sarebbero quelle notissime caramelle gommose a forma di orsetto. Fin qui, niente di diverso da un normale raduno di infanti.
Prove tecniche di capitalismo infantile: soldi finti e torta vera
Quello che invece mi ha colpito è che i bambini potessero mangiare solo dopo aver svolto un’attività che dava il diritto a ritirare, presso una mini-banca, finti soldi con cui poter finalmente “acquistare” i dolci.
Le attività previste erano semplici, percorsi ludici per i più grandi, un semplice calcio a un pallone o sforzi puramente simbolici per i più piccoli. Il fatto che gli insegnanti pronunciassero frasi come “se non hai i soldi non puoi avere la torta“, però, ha innescato un dibattito sul valore educativo dell’intera operazione. Io e un’altra italiana, infatti, esprimevamo posizioni che andavano dalla disapprovazione all’ironia destruens, Wolfie, invece, che ricorda di aver visto cose simili anche in Belgio, trovava esagerate le nostre critiche.
Quanto è giusto insegnare che ogni cosa ha sempre un prezzo?
Il vero quesito era ed è: quanto è giusto far passare il concetto che qualunque cosa, anche un dolce alla festa di fine anno di un asilo, abbia bisogno di una contropartita? E anche ammettendo che il gioco volesse insegnare ai bambini a non dare tutto per scontato e a impegnarsi per ottenere un risultato, doveva durare per forza un intero pomeriggio, diventando “la regola”?
Infine, non è oggettivamente sgradevole che un bambino di cinque anni dica di non avere più soldi? Oltretutto, quelli di circa due anni non capivano davvero il meccanismo e venivano quindi indotti a compiere azioni di cui non coglievano il significato.
E se almeno all’asilo i bambini si limitassero a divertirsi?
Wolfie mi ha accusata di drammatizzare, ma l’espressione di mortificata sorpresa che ho visto su qualche viso mi ha stretto il cuore. Era tutto troppo freddo, troppo rigido, troppo procedurale. Sono esagerata io? Può essere, ma non ne sono sicura.
Mi vengono in mente mille altri modi di far capire ai bambini che nella vita molte cose sono frutto del lavoro. Per esempio avrebbero potuto tutti collaborare alla realizzazione della festa, oppure avrebbero potuto essere incoraggiati a dividere i dolci con i compagni privi di risorse, anche se sospetto che questo avrebbe indebolito l’efficacia del meccanismo.
Non siamo riuscite a trovare un punto di contatto, Wolfie e io, anzi, come al solito abbiamo avuto il nostro classico “confronto muscolare” e cioè siamo arrivate ai limiti della lite. Lei continuava a dire che i bambini si erano divertiti e non erano stati costretti a lavorare in miniera, ma semplicemente portati a capire meglio il mondo dei loro genitori, fatto anche di sacrifici necessari, io continuavo a non metabolizzare la mini-banca e tutto il resto.
Gentilezza chiama gentilezza… e la torta arriva comunque
A un certo punto, un ragazzino che non aveva più fame mi ha regalato i suoi soldi finti, dicendomi “così puoi mangiare anche tu!”. L’ho rivisto circa mezz’ora dopo, nuovamente affamato, mentre ripeteva all’insegnante, che gli rifiutava un dolce, “aber ich hab’ kein Geld mehr!” (ma io non ho più soldi!). “Invece sì!” ho detto io, restituendogli quello che mi aveva dato e il favore che mi aveva fatto.
A mio avviso questa è stata tecnicamente una bella lezione di vita: il ragazzino ha fatto qualcosa di bello per una persona, che a sua volta lo ha aiutato nel momento del bisogno, ma quale sarà stato il punto di vista delle insegnanti? Forse gli avranno detto che se ti privi delle tue risorse alla fine ti ritrovi senza nulla e che nella vita bisogna essere previdenti. Non ne sono sicura, ma non lo escludo.
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Io invece credo che se anche il piccolo è stato avventato e ha dato via i suoi “soldi”, pensando a torto che non avrebbe avuto più fame, è vero anche che si è visto ricambiare la gentilezza dalla stessa persona con cui era stato solidale. Questo ha reso lo Spielplatz un piccolo mondo migliore, perché empatia e gratitudine sono altrettanto importanti dell’efficienza e del calcolo. E a pensarci bene molto di più.
♠ Colonna sonora: “Ambitious”– Wire♠
Machete
Machete vive a Berlino dal 2013, in modo intelligente dal 2007 e in modo autoanalitico dal 2017.
Ama scrivere, girare il mondo, la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina. A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.
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