La nascita dell’impressionismo in mostra allo Staedel
Francoforte – Resterà aperta fino al 28 giugno la mostra “Monet und die Geburt des Impressionismus”, presso lo Städel Museum di Francoforte.
L’impressionismo è uno dei periodi artistici più visto e inflazionato del novecento. Eppure non vengono quasi mai esplorate e rivelate le radici storiche che lo hanno portato alla luce. Spesso si parla delle esposizioni universali, della musica orientale e delle xilografie giapponesi come fonti di ispirazione primarie del movimento, ma in realtà esse sono solo una parte di un processo che ha gradatamente allontanato la visione reale e precisa del mondo verso l’impressione, leitmotiv che lo caratterizza. La mostra “Monet e la nascita dell’impressionismo” indaga proprio questo passaggio.
“Tutte le epoche in regresso e in dissoluzione sono soggettive, mentre tutte le epoche progressive hanno una direzione oggettiva”. È con queste parole che, nei primi decenni dell’ottocento, Goethe designa il netto distacco dal romanticismo preannunciando il realismo, movimento che fa propria l’oggettività tipica delle epoche di progresso e di idealismo.
Bisogna infatti ricordare come il movimento artistico e letterario del realismo sia nato in Francia a ridosso delle grandi rivoluzioni, dove le idee di progresso e le aspettative sul futuro regnavano sovrane.
La mostra si apre infatti con le opere di Coubert, maggiore esponente realista che guida, oltre che il movimento, buona parte dei moti rivoluzionari che si sono poi conclusi drammaticamente con la Comune di Parigi nel 1871. Coubert è l’esemplare di “artista che appartiene al suo tempo”, per citare la formula utilizzata da Hegel già nel 1830. Difatti, sono gli intellettuali le menti che spingono il popolo alla rivoluzione: gli artisti non sono più poeti sognatori, sono cittadini che lottano per i loro diritti. È per questo motivo che le loro opere d’arte seguono i canoni della realtà e abbandonano quelli del sogno e della finzione simbolica.
Non a caso è proprio in questo periodo che si sviluppa anche l’idea di fotografia artistica, qui presentata con una bellissima rassegna di paesaggi.
Ma l’arrivo preponderante della realtà in pittura non durerà a lungo: gli ideali di progresso vengono colpiti duramente con la caduta della Comune che sgretola i legami che prima avevano unito saldamente il movimento, e gli artisti e gli intellettuali si dividono lasciando crollare le idee rivoluzionarie loro care. Con la crisi delle ideologie, gli artisti, da paladini dei cittadini, vengono messi in secondo piano, ai margini della società. Un esempio drammatico è dato dal poeta Rimbaud, che decide di abbandonare la poesia, sua arte e sua vita, da un giorno all’altro, vedendo frantumato il sogno a cui tanto credeva.
È possibile osservare le fotografie del crollo della Comune e delle trasformazioni che hanno raso al suolo Parigi per far posto alla città nuova dell’avanzamento tecnologico e scientifico che vede nel 1889 la costruzione della Tour Eiffel, come dirette testimonianze dei cambiamenti in atto in quegli anni.
La città di Parigi è, infatti, in continua trasformazione e anche la pittura inizia a cambiare, allontanandosi sempre di più dalla visione oggettiva del reale per concentrarsi su una visione più soggettiva che sente l’avanzamento tecnologico e scientifico nell’aria e si interroga su come la trascrizione pittorica della visione possa essere degnamente resa.
Ecco l’arrivo dell’impressione: come una macchina fotografica, il pittore imprime la visione nelle sue retine e con gesti veloci cerca di riprodurla, prima che la luce ne cambi i connotati. Il pittore lavora in strada, osserva i mutamenti della città e l’avvento tecnologico, il cui simbolo è la stazione avvolta da immense volute di vapore.
È così che, nel 1874 si forma ufficialmente il gruppo degli impressionisti, destinato a sciogliersi solo due anni dopo. Subito etichettati con questo termine dispregiativo, gli impressionisti diventano immediatamente un fenomeno caricaturale, in quanto totalmente estranei ai canoni di produzione pittorica della scuola realista. Sono simpaticamente esposte numerose vignette e caricature che li deridono per i loro modi frettolosi e poco precisi di dipingere.
Eppure Monet, uno dei più importanti esponenti del movimento, continua nella sua ricerca fino alla fine dei suoi giorni, arrivando a esplorare non tanto e solamente l’immagine retinica, bensì lo stesso gesto del dipingere e del fare pittura. Nelle sue tele mature, il soggetto si smaterializza in volute di colore, lasciando emergere l’ombra di ciò che realmente è, perdendosi nell’impressione che i gesti veloci e sconnessi del pennello hanno creato.
Consigliata per il differente taglio storico e per le notevoli opere esposte, la mostra è aperta al pubblico tutti i giorni, compreso il lunedì, dalle 10 alle 21. Biglietti 14 € / 12 €.
Costanza Sartoris
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