Film: il punk a Berlino Ovest negli anni ottanta
di Paola Moretti
Avete presente “Fatti strafatti e strafighe”? Ecco, sostituite le giacche acetate della Adidas con un chiodo di pelle, dimenticate i volti abbronzati dal sole della California ed immaginate il colorito cereo di chi vive solo di notte, lasciate perdere le camere del dormitorio e figuratevi stanze spoglie, senza riscaldamento, abbellite da scritte come “No Future” e “No Hope”, niente marijuana, tanta droga, il tutto ambientato a Berlino Ovest negli anni Ottanta.
Fatto? Bene, avrete così una prima idea di “Tod den Hippies, es lebe der Punk!”, ultimo film di Oskar Roehler. La storia é quella di Robert, interpretato dall’eterno fanciullo Tom Schilling, già protagonista dell’agrodolce “Oh Boy”, punk di provincia che si trasferisce nella Berlino, dove le donne ( ma in realtà anche gli uomini ) “indossano i reggicalze!”. Le sue vicende non hanno senso, incontri casuali, come quelli con Nick Cave e Reiner Fassbinder, soldi facili, come quelli rubati al padre, una volta cassiere della RAF, ancora innamorato dell’impossibile Gudrun.
I riferimenti alla storia della città e della Germania sono tanti, raccontati in modo spassionato e mai nostalgico. L’umorismo é grottesco, pieno di fluidi, corporei e non, dallo sperma che Robert deve pulire con il tergicristallo dalle cabine dei peep-show, agli escrementi degli anziani ospiti di cui si deve occupare nell’ospizio, ai litri di vodka che un insofferente Blixa Bargeld sparge tra bicchieri e bancone. L’amore superficiale per l’americana Sina, con il suo tedesco terribile, ma quell’accento tanto sexy. I rapporti contorti con la madre, che in televisione rivela quanto avrebbe voluto abortire. Le convinzioni politiche improbabili, come quelle del compagno di scuola, il nazi-gay.
Dalla colonna sonora mi aspettavo qualcosa in più, ma può essere che la scelta di non inserire classiconi prevedibili dell’epoca sia stata studiata.
Tutto é raccontato con un tono che io definirei tedesco, a volte geniale nel suo humor tagliente, altre totalmente privo di tatto, ma sicuramente autentico e non imbellettato. In ultima analisi si narra di una ricerca di se stessi, che si definisce più per esclusione che per altro, “non sono hippie, non sono gay, non sono provinciale, sì, ma cosa sono?”. La risposta non interessa, non ancora, in fin dei conti sono tutti quasi ventenni, e l’importante é la ricerca; in una Berlino, che poco ha di diverso da quella odierna, se non forse il fatto che oggi é un po’ più tirata a lucido e Blixa Bargeld, invece di versare alcolici con disinteresse, acquista gelati a Mitte.