40 anni di attesa: la vita quotidiana dei militari sovietici nella Germania dell’Est
di Dario-Jacopo Laganà
C’è una casa a Marzahn che segna l’arrivo, in data 21 aprile 1945, dell’Armata Rossa comandata dal Colonnello Generale Nikolai Bersarin, colui che diventò successivamente il primo Comandante di Berlino con il compito di ristabilire l’ordine in città. Quella casa è ancora lì, ed è insieme monumento e monito.
Segna l’inizio della storia sovietica dentro quella che sarà poi la DDR. Bersarin morì nello stesso anno per un incidente/attentato in motocicletta e nel ‘75 a Berlino gli furono dedicate una via e una piazza. A differenza degli altri sovietici, nella Germania ormai riunificata il nome della piazza gli fu restituito per l’impegno profuso nel sostenere e aiutare la popolazione civile.
Al termine della guerra i soldati presenti in Germania Est erano oltre 10 milioni e sebbene il numero dei militari andò diminuendo, la DDR diventò il primo avamposto con l’Europa occidentale e la presenza militare restò determinante sino alla fine dei blocchi, con quasi mezzo milione di persone tra personale militare e civili; il 2% del territorio tedesco orientale, si stima sia stato utilizzato con aree e strutture riservate all’Armata Rossa.
Sebbene i trattati di guerra prevedessero la distruzione di tutte le strutture ad uso militare, il grande numero di soldati sovietici occupò la maggioranza delle strutture militari che prima appartenevano alla Wehrmacht e alle SS, strutture in prevalenza di epoca Prussiana e già riadattate dall’esercito di Hitler.
Dal punto di vista strettamente logistico quello che è stato pensato per un esercito può essere facilmente riutilizzato nella stessa maniera da un altro esercito: aeroporti, campi di addestramento, scuole di fanteria, grandi hangar, palestre, officine meccaniche, mense, bar, alloggi per le truppe e per gli ufficiali. Tutte queste strutture diventarono, con varie modifiche, la nuova sede dell’Armata Rossa.
Negli anni successivi i Sovietici costruirono anche altre basi, alcune di queste nelle foreste, mimetizzate nella guerra di spie. Queste strutture, costruite con altre tecniche e materiali decisamente meno nobili, hanno finito per cedere molto più velocemente di quelle Prussiane e restano per la maggior parte abbandonate.
Quando l’Armata Rossa è andata via nel 1993-94, questi posti sono rimasti spogli, è stato portato via tutto, anche le porte, anche le finestre, perfino le finiture di legno. E quello che non poteva essere portato via è stato oggetto di vandalismo e distruzione negli anni successivi da chi era in cerca di metallo e da chi, per divertimento, è andato a distruggere quello che trovava.
La realtà quotidiana di questa permanenza sovietica in Germania dell’Est era fatta di una certa staticità, di pochi accadimenti sebbene sempre sul filo del rasoio dei grandi eventi storici di quegli anni. Basti pensare all’Ungheria, alla Baia dei Porci a Cuba, alla guerra in Angola e all’Afganistan. Tutti questi avvenimenti potevano far scoppiare una guerra in Europa che non c’è mai stata, ma una guerra a cui bisognava esser pronti, sempre.
La quotidianità era fatta di esercitazioni, di mansioni, di pulizia, di manutenzioni e di un’attesa infinita di qualcosa di imminente.
Ne facevano parte gli ufficiali che permanevano qui per 4 anni, accompagnati dalle loro famiglie collocate talvolta a vivere in villette separate fuori dalle basi oppure in appartamenti per soli sovietici in qualche plattenbau in città. E questo spiega tra l’altro la presenza di scuole russe nella DDR, come la Scuola 37 di Magdeburg, in una struttura di epoca prussiana, che adesso è tornata ad ospitare un ginnasio e nei cui corridoi è possibile trovare delle teche con alcuni oggetti appartenenti all’epoca sovietica.
Così ne erano parte i militari di leva che restavano qui 2 anni, catapultati da una qualsiasi città dell’immensa Unione Sovietica, che fosse la Russia Bianca o la Siberia. Catapultati in un mondo che non conoscevano, con una cultura molto diversa dalla loro, con pochi contatti con la popolazione e spesso immersi in fittissime foreste.
Girando per le basi abbandonate, capita spesso di trovare elementi appartenenti alla vita di tutti i giorni dei soldati o strutture che si ripetono. Ogni alloggiamento all’interno della caserma prevedeva, oltre le camerate, una sala lettura chiamata Sala “Lenin” e quasi sempre una sala per i cappotti e per lasciare ad asciugare gli stivali. C’era inoltre una sala apposita con degli attrezzi per piccole riparazioni e per stirare e rammendare le divise.
Insieme a questi elementi, spesso nascosti, si trovano oggetti che raccontano l’intera storia delle persone: dai familiari, a foto di armamenti, pezzi di pubblicità, donne seminude o anche solo la foto di Arnold Schwarzenegger strappata da una rivista.
La storia della vita quotidiana dei militari passa anche attraverso il loro desiderio di conservare una parte della propria vita privata, anche nascosta nei fori dietro un armadio di camerata, nella routine di una vita militare organizzata e senza intimità, dove volenti o nolenti (come accade in un sistema ospedaliero o psichiatrico) si è costretti a condividere ogni spazio con gli altri.
Questo articolo fa parte della Breve Storia in 6 parti dell’Armata Rossa in Germania dell’Est, realizzata in esclusiva in italiano per il Mitte. Le foto fanno parte del progetto We Will Forget Soon www.wewillforgetsoon.com, risultato di due anni di ricerca sul campo dei fotografi Dario-Jacopo Laganà e Stefano Corso. Il Mitte è media partner di questa fantastica opera che, per continuare a farsi conoscere, ha bisogno anche di voi.
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Si ringrazia Tiziana Gagliardini per la preziosa collaborazione.