Unconventional Berlin Diary: Dovevo capirlo subito che era una giornata infame
Dovevo capirlo da quando ho aperto gli occhi che la giornata sarebbe stato una tappeto di cocci e che io avevo le infradito.
Mentre facevo colazione con i soliti biscotti alle scaglie di cioccolato da 80 centesimi, trastullandomi in quello che credevo il mio giorno libero, ho scoperto di dover uscire lo stesso per andare a pulire un appartamento.
La giornata perfetta: sicuramente non questa
Per guadagnare, lavoro in una ditta di pulizie, faccio la babysitter e scrivo articoli d’arte e cultura per un portale di Milano, perché la mia occupazione principale, suonare in una band, non produce vero reddito, ma in compenso esige quasi tutto il mio tempo.
Oltretutto, suono quello che è normalmente definito “alternative rock“. Peggio mi sento, diciamo pure che la possibilità di pagare, suonando, anche solo una bolletta, è remota quanto un live act a Wembley. Ad ogni modo, torniamo alla giornata iniziata male e all’impegno di lavoro imprevisto.
I maschi non sanno fare le pulizie e io ho i cromosomi giusti
Pensavo di passare il tempo rileggendo l’Hagakure, litigando con la mia ragazza su Bashar al-Assad e magari organizzando una di quelle serate “pizzabirraefilm” che sono la mia passione. Invece sono stata costretta a rinunciare ai miei piani per andare a Marzahn, a pulire casa di un illuminato che rifiutava un ragazzo dell’agenzia perché “i maschi non sanno pulire” e quindi “voleva una femmina“.
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Ok, ho pensato, evidentemente non sono più nella Berlino che conosco, quella in cui sono agender anche i pali della luce, e sono finita per sbaglio nella vita di Costanza Miriano. Magicabula. Ad ogni modo ho troppo bisogno di soldi e ho accettato, ma non avrei dovuto.
Non ho internet sul cellulare, sempre per risparmiare. Questo significa che prima di uscire cerco gli indirizzi dei clienti al pc, su Google Maps e prendo appunti su un’agendina leopardata da 2 euro, sperando che i riferimenti del satellite siano aggiornati. Intanto, i miei coinquilini mi ridono in faccia, perché sono poveri anche loro, ma vivono in questo secolo.
Chi suona alternative rock, non può farsi male con lo scopino del bagno
Se almeno tutto questo avesse un’aura bohémien, funzionale alla mia vocazione post-punk! E invece nulla di ciò che faccio potrebbe essere usato in un’ipotetica biografia standard, nel caso in cui la mia band “ce la facesse”.
Ci avete fatto caso? Rievocando il loro passato, le rockstar dicono tutte cose come “in quel periodo non avevo soldi e facevo la spogliarellista per pagarmi gli amplificatori” oppure “ero barista in un locale queer, ma al terzo drink le drag queen si prendevano a bottigliate”, oppure “passai tutta la notte per le strade di Parigi con un poeta ubriaco e al mattino avevo in testa il mio capolavoro”.
Non dicono mai cose come “una volta ho pulito il bagno di un B&B ed era talmente incrostato che mi è venuto uno strappo alla spalla” oppure “la mia coinquilina ha cucinato due litri d’acqua bollente in cui galleggiavano carote e cipolle, mi ha fatto venire la diarrea e ho macchiato la felpa arancione che lei chiama Guantanamo“.
In viaggio verso Marzahn e fa anche freddo
Ad ogni modo, arrivata l’ora, sono uscita al freddo e calzando il cappello nuovo ho notato che sembra un profilattico. È persino a forma di serbatoio, sulla punta. Ben mi sta, così imparo a comprare le cose senza mai guardarmi bene allo specchio. Piena di disappunto, ho cercato di appiattire almeno il “serbatoio”, ma senza successo.
I mezzi erano pieni di gente. Alcune persone erano già brille e pronte a godersi la serata, ma già oltre il Ring la folla era evaporata. In prossimità di Marzahn, praticamente c’ero solo io, più un altro paio di disgraziati.
L’uomo fatto a forma di stereotipo: la giornata continua alla grande
Il tipo che non crede negli uomini delle pulizie vive in un quartiere assolutamente desolato. Intorno al suo palazzo, ovviamente grigio, ovviamente spoglio, c’erano solo fango e pozzanghere di acqua sporca. Neanche un bar in vista, solo un distributore di benzina che ne faceva le veci, con qualche snack esposto.
Il tipo mi ha accolto con un sorriso, grato per la combo XX che gli portavo in casa. L’appartamento era piccolo e praticamente vuoto. Una cucina piccolissima, con due bustoni dell’immondizia pieni di lattine di birra in un angolo, un letto singolo, una scrivania con un laptop, una panca piana e a terra una rivista erotica, con una biondona in copertina. Ho fatto in fretta, pensavo molto peggio. Mi ha stancato molto di più il viaggio senza fine del rientro a casa.
Durante il tragitto, mi sono anche fermata per comprare qualcosa al supermercato e questo ha peggiorato ulteriormente le cose. Per via di un’implacabile legge di Murphy, infatti, i cassieri destinati a me riescono a fare dell’ostruzionismo un’arte. Non si risparmiano nulla: chiacchiere con i clienti, mani da bradipo, occhi al cielo tipo Giovanna d’Arco di Dreyer, in caso di dubbio sul prezzo degli ortaggi, e lunghe pause passate a sfogliare prezziari o a chiedere lumi ai colleghi, mentre i cassieri della fila parallela alla mia fanno scorrere una persona al secondo.
Ho perso parecchio tempo, ho comprato poco, ho speso troppo e sono uscita dal supermercato esausta. Agli altri i maghi giocolieri, a me gli azubi al primo giorno o i morti di sonno da una vita.
La mazzata finale: “Cinquanta sfumature di grigio”
Mentre ero ormai a pochi minuti da casa, la mazzata finale. Sui muri di Berlino la pubblicità di “Cinquanta sfumature di grigio”: un proiettile dritto al cervello. Brutti poster, brutto libro, brutto concept, brutto film, brutta operazione e un protagonista con la faccia più da pirla che abbia mai afflitto un essere umano. Praticamente un successo commerciale.
Come diceva il personaggio di Leonida Montanari nel film “Nell’anno del signore”, subito prima di abbassare la testa davanti alla ghigliottina… buonanotte, popolo! E buonanotte anche a me.
♠ Colonna sonora: Mclusky – “To Hell With Good Intentions” ♠
Machete
Machete vive a Berlino dal 2013.
Ama la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.
A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.
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