A Berlino il Comites premia due giovani eccellenze italiane
Gli italiani nel mondo sono molti. Secondo gli ultimi rapporti, sparsi per i 5 continenti ce ne sono più di 4 milioni che hanno deciso di emigrare in tempi recenti.
In Germania la nostra comunità è la seconda più numerosa, dopo quella turca. Più di 700.000 persone hanno fatto della nazione di frau Merkel il luogo dove vivere e risiedere, per un periodo o per sempre.
I Comites (i comitati degli italiani all’estero) rappresentano un punto di congiunzione fra vecchie e nuove generazioni di connazionali, ed in particolare quello di Berlino lo ha dimostrato quest’anno assegnando il premio “italiano dell’anno” a due giovani poco più che trentenni, che hanno realizzato nella capitale tedesca i loro sogni lavorativi ed esistenziali.
La cerimonia, sotto il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto italiano di cultura, ha visto protagonisti la giovane romana Tatiana Bazzichelli, attivista digitale, curatrice e collaboratrice in passato con una agenzia web del gruppo L’Espresso, e Mattia Grigolo, giornalista, blogger e scrittore di origine milanese.
Due storie, le loro, simili e differenti ad un tempo. La similitudine è nella voglia che hanno avuto entrambi nel cercare altrove ciò che, purtroppo bisogna dirlo chiaramente, troppo spesso non è concesso ai giovani nel nostro Paese, cioè trovare la possibilità di realizzarsi; la differenza è ovviamente nell’oggetto dei loro rispettivi campi.
Tatiana mi racconta che dopo la laurea ed una breve collaborazione con il settimanale l’Espresso decise di trasferirsi a Berlino nel 2003, in seguito ad un’esperienza di vacanze estive assieme ad un’amica.
«Ho deciso di venire a vivere e lavorare qui perché questa è una città che mi permette di realizzare i miei progetti sulle tematiche della cultura delle reti, dell’Hacking e dell’attivismo artistico», spiega Bazzichelli. «Realizzerò una serie di conferenze dal titolo Disruption Network Lab sull’uso critico della tecnologia, che si terranno da aprile a dicembre e che sono finanziate dall’Hauptstadtkulturfond di Berlino».
«Le tematiche trattate saranno diverse: dai droni ai cyborg, dall’unione fra i social media ed i fumetti alla libertà in rete e la sorveglianza dopo le rivelazioni di Edward Snowden. Finiremo poi con la pornografia in rete e la disruption, che per l’appunto è il tema conduttore (elemento inaspettato che turba lo status quo, cambiandone le caratteristiche, nda)». La tua in pratica si potrebbe definire arte? «Sì, certamente. In proposito ho anche scritto un libro che s’intitola ‘Networking, la rete come arte’». A giudicare dalle opere a cui s’è dedicata Tatiana direi che l’arte è un campo dai confini estremamente larghi, e che rivela sorprese inaspettate anche ad un neofita di questo genere come me.
Altro campo espressivo quello di Mattia: la parola. Arrivato nel luglio del 2013 nella città del Muro ha deciso di buttarne giù uno metaforico, quello della capacità d’esprimersi di tanti potenziali scrittori.
«A dicembre del 2013 – mi dice – mi è venuto in mente che si poteva replicare anche a Berlino quanto avevo già sperimentato con successo in Italia, fare cioè un laboratorio di scrittura creativa. Ho trovato una scuola di lingua, la Mar Sprachschule per l’esattezza, dove ho organizzato la cosa. Il successo è andato al di là di ogni più rosea aspettativa, tanto da spingermi ad organizzare altri laboratori: uno di teatro, uno d’illustrazione ed altri che partiranno a breve di regia cinematografica e di produzione audio».
Sono curioso e gli chiedo come mai abbia scelto per titolo del suo laboratorio Le balene possono volare. «Assieme ad un amico – mi risponde. Le balene mi sono sempre piaciute, e pensare che possano volare è un’idea che m’ha folgorato mentre ne parlavamo». Quando terminiamo l’incontro mi confessa che pur volendo concludere la sua vita in un bosco a tagliare legna, tanto per non smentire il suo animo poetico, tuttavia nel suo futuro a medio lungo termine vede solo questa città estremamente accogliente.
Già, di gente Berlino ne ha accolta molta e ne continua ad accogliere, me compreso, penso mentre m’allontano. Allora forse è proprio vero: dev’essere perché qui le balene possono veramente spiccare il volo verso il futuro.