Il problema dei discount tedeschi con la carne

© Robert Couse-Baker / CC BY 2.0
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di Emanuela Barbiroglio

Lo scandalo è scoppiato nei giorni scorsi in seguito all’indagine condotta dall’Associazione per l’ambiente e la conservazione della natura in Germania. Meglio nota come Bund, l’organizzazione non governativa nata nel 1975  fa parte della rete internazionale Friends of the Earth.

Alcuni suoi rappresentanti sono andati in dodici diverse città a comprare tacchino fresco confezionato da Aldi, Lidl, Real, Netto e Penny: i nostri discount di fiducia. Poi hanno portato la spesa nei loro laboratori.

Quello che i ricercatori hanno scoperto è che l’88 per cento dei campioni  (50 su 57) di carne conteneva germi resistenti agli antibiotici, dunque potenzialmente fatali per gli esseri umani. «Scioccante, ma non sorprendente», così ha definito il risultato la direttrice della politica agraria della Bund, Reinhild Benning.

Non stupisce perché nella zootecnia tedesca vengono impiegate 1.450 tonnellate di antibiotici per 800 milioni di euro all’anno. Eppure la gente muore lo stesso. Anzi: l’organizzazione stima che ogni anno perdono la vita da 30.000 a 40.000 persone in Germania, proprio perché gli antibiotici non sono efficaci.

In teoria i farmaci non potrebbero essere somministrati agli animali in forma preventiva, bensì soltanto dopo la diagnosi di una malattia e previa prescrizione. In pratica però gli allevatori hanno paura di perderci se il loro bestiame si ammala. Ai veterinari allora si dovrebbe togliere la penna dal taschino: «Al 5 per cento dei veterinari spetta l’80 per cento delle prescrizioni di antibiotici», ha fatto notare lunedì scorso a Berlino il presidente della Bund Hubert Weiger.

Di antibiotici nella carne tedesca si parla già dal tempo di un famoso reportage uscito nel 2013 per “Der Spiegel” e in Italia su “Internazionale” (intitolato Schlacht-Plan e tradotto Il prezzo del maiale). “Tutti gli esperti concordano nel ritenere che l’uso di questi giganteschi quantitativi di antibiotici sia molto pericoloso. Quanto più alte sono le dosi, tanto maggiore è il rischio che si sviluppino dei ceppi resistenti. In questo modo si rischia di spuntare l’arma più efficace nella lotta contro molte malattie infettive.

“Le conseguenze di questa follia degli antibiotici già si vedono. I veterinari prescrivono anche farmaci che si usano per curare le persone. Di conseguenza si diffondono germi multi-resistenti che possono rendere inefficaci gli antibiotici usati in medicina”.

Però il dato ci sciocca perché sarebbero proprio i consumatori dei discount quelli più a rischio. Laddove i produttori vogliono mantenere i prezzi più bassi, è naturale che a un certo punto della filiera facciano dei tagli. Sarebbe la ricerca del maggior guadagno possibile la causa di tutto. «Se troppi animali sono tenuti in uno spazio ristretto, si devono necessariamente somministrare grandi quantità di antibiotici. Che quindi finiscono nelle cucine dei consumatori», sostiene Weiger.

In accordo con Friedrich Oriente Dorff dei Grünen (il partito dei “Verdi” tedesco), la Bund chiede provvedimenti che prendano spunto da Danimarca e Paesi Bassi per limitare l’impiego delle medicine nella produzione alimentare. Non a caso, l’Associazione degli agricoltori tedeschi ha annunciato che la carne diventerà più costosa.

Questo dovrebbe impedire l’ulteriore diffusione di germi pericolosi.

Nel frattempo l’Associazione centrale dell’industria del pollame tedesca (ZDG) ha risposto alla Bund con un comunicato che dovrebbe placare la tensione: si è trattato di “un minimo storico”, ma grazie a standard moderni tutte le fasi di produzione possono essere attentamente monitorate.

Detto ciò, la carne cotta può essere tranquillamente mangiata. Occorre fare però attenzione a non riutilizzare il coltello con cui è stata tagliata da cruda e curare in modo particolare l’igiene delle mani.

2 COMMENTS

  1. 30.000/40.000 morti l´anno?praticamente 100 al giorno??maahhhh!che i tedeschi non applichino correttamente le varie normative igieniche e di sicurezza internazionali e´ abbastanza chiaro, ma se davvero certe cifre sono reali,dubito che le autorita´ competenti e associazioni dei consumatori rimarrebbero con le mani in mano

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