Guida Germania

La Germania dell’Ostalgie

di Dario J. Laganà

Il termine Ostalgie è complesso, perché si lega a un’esperienza unica nel suo genere e alla complessa storia della Germania in generale. C’è un tempo per dividere il mondo in buoni e cattivi, come durante la Guerra Fredda, e c’è un periodo, lontano dagli eventi storici, in cui l’ideologia si affievolisce e si riesce a distinguere meglio un po’ la storia dietro questa dicotomia esasperata.

A voler essere onesti, probabilmente non ci saremmo interessati tanto alla vita della ex-DDR se non fosse stato per Goodbye Lenin, che sebbene non sia stato il primo film sul fenomeno dell’Ostalgie, ebbe il grande pregio di ridare umanità ad una cultura che rischiava di scomparire, complice anche un bel cast e quel senso melanconico che ci ha permesso un piccolo riscatto rispetto a quella storia.

Ogni anniversario della Caduta del Muro di Berlino in genere focalizza l’attenzione dei media in una sorta di overdose; e se ci si trova a camminare di notte tra la folla festosa e un po’ curiosa che va da Bornholmer Straße attraversando tutta la città, ci si può in parte immaginare, immedesimandoci, quale sia stata l’atmosfera che caratterizzò quel novembre dell’89.

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© Dario J. Laganà | Norte.it

Ed è proprio il Muro ad aver di fatto cannibalizzato ed oscurato qualsiasi altro avvenimento di quel periodo. Il grande evento storico, frutto di 40 anni di Guerra Fredda, ha impedito negli anni successivi che si potesse in qualche modo parlare d’altro ed ancora oggi quando si parla di Berlino, il primo pensiero è sempre lui.

La realtà è però che, sebbene noi consideriamo questo evento come uno spartiacque netto tra passato e futuro della nazione Germania, il retaggio culturale della nazione divisa non può essere visto come una linea così netta. Ed è qui che comincia a radicarsi il concetto di Ostalgie.

© Dario J. Laganà | Norte.it
© Dario J. Laganà | Norte.it

La Germania ha sempre dimostrato una grande forza, una capacità a livello collettivo di ripartire con grande energia, di modificare l’assetto culturale subito dopo grandi eventi storici, di riconoscere in parte gli errori e tirarsi dietro il passato per ricostruire (anche se con la stessa energia è stata capace di ricadere velocemente in ugualmente devastanti errori, basti vedere il passaggio tra la Repubblica di Weimar e il Nazismo).


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È però vero che allo stesso modo le persone, vissute in un sistema per 40 anni, continueranno in parte a vivere e rispondere agli stimoli in modo molto simile. Infatti, le divisioni tra tedeschi dell’Est e tedeschi dell’Ovest esistono ancora adesso, specie se ci si allontana da Berlino. E anche la generazione successiva probabilmente porta con sé, consciamente o inconsciamente, molti più valori di una o dell’altra parte.

Sarebbe opportuno interrogarsi innanzitutto sul concetto di cultura, separata dall’ideologia, di come tutto quello che era passato, quello che apparteneva alla DDR, ad un certo punto sia diventato completamente inutile, solo falsamente ideologico e da cancellare.

ostalgie © Dario J. Laganà | Norte.it
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Per una naturale reazione, la maggior parte dei tedeschi dell’Est si sono lanciati alla ricerca dell’Ovest, di quello che gli era precluso, decidendo che in ogni caso tutto quello che provenisse dall’Ovest fosse migliore di quello che avevano. Questo processo è stato anche fortemente favorito dalla disintegrazione del sistema di produzione della DDR – dove le fabbriche, mancando l’apporto statale centrale e la necessità di rifornire in maniera sistematica il paese, hanno quasi tutte chiuso i battenti.

A poco a poco questa tendenza sta cambiando, alcuni prodotti sono tornati d’uso quotidiano tra i tedeschi, anche se alcuni vengono fabbricati cavalcando l’onda dell’Ostalgie per una ragione turistica. Risulta tuttavia difficile scindere le due cose, cercare di capire cosa per i tedeschi dell’Est è ancora quotidiano, mentre noi dall’altra parte guardiamo ai loro prodotti e alla loro storia come in un museo, come affacciati dietro grandi vetri, cercando di capirne un passato che risulta tuttavia ancora molto attuale.

Si ringrazia Tiziana Gagliardini per la preziosa collaborazione.

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