Non solo sport: Tony Yeboah, il bomber che cambiò per sempre la storia di Francoforte
Abbiamo deciso di raccontare una storia che non è solo una storia di calcio, di un calciatore, di un bomber. La storia che stiamo per raccontarvi è di quelle, in cui qualcosa di occasionale diventa eccezionale e un evento banale diventa la forza che cambia la direzione degli eventi: Rosa Parks voleva solo un posto a sedere su un autobus; Anthony Yeboah voleva soltanto segnare raffiche di gol. Eppure dopo quei gol tutto cambiò.
I primi africani che giocavano a calcio in una competizione di rilievo si erano visti proprio in Germania nel 1974, nel mondiale organizzato dall’allora Germania Ovest: lo Zaire del dittatore Mobutu riuscì a qualificarsi alla fase finale dei mondiali. Nella megalomania del dittatore, famoso per aver organizzato il celebre match Alí vs Foreman, la sua squadra doveva stravincere il mondiale. Ovviamente non andò così e dopo un 9-0 subito dalla Jugoslavia, il dittatore promise la pena di morte ai suoi atleti nel caso avessero perso con quattro gol di scarto contro il Brasile. Minuto 88, punizione al limite per il Brasile in vantaggio per 3-0, sul punto di battuta si presenta Rivellino – stiamo parlando di uno che due punizioni su tre le metteva all’incrocio – il difensore dello Zaire Mwepu Ilunga terrorizzato, non tanto da Rivellino in sè ma dalle conseguenze di una sua possibile rete, uscì dalla barriera e calciò la palla lontano. Molti credettero che il gesto fosse da imputare all’ignoranza calcistica degli africani, Rivellino si fece una risata e probabilmente si deconcentrò e la sua punizione non ebbe conseguenze nè per il risultato nè per la vita degli atleti dello Zaire.
Anni ’90: il calcio africano e i calciatori africani erano ancora qualcosa di esotico, di stravagante, ma qualcosa cambia. Mondiali di Italia ’90, nella partita d’esordio si incontrano l’Argentina campione in carica, capitanata dal dio del calcio, Diego Armando Maradona e il Camerun. La gente va allo stadio per vedere Maradona e invece è sbalordita dall’attaccante camerunense Roger Millá. Camerun batte Argentina 1-0. I leoni d’Africa arrivarono sino ai quarti di finale, dove vennero sconfitti dagli inglesi. Tuttavia la loro prestazione segnò un’epoca e i talent scout dei vari clubs professionisti europei iniziarono a cercare anche in Africa possibili campioni.
Nel contesto di questo interesse per il calcio africano, l’attaccante ghanese Antony “Tony” Yeboah, arrivò in Europa. La sua prima squadra europea e tedesca fu l‘FC Saarbrücken dove il ghanese realizzò ben 26 reti in 60 incontri in due stagioni, che trascinarono il piccolo team del Saarland ad un passo dal sogno Bundesliga. L’ultimo ostacolo sulla via della gloria era il più blasonato Eintracht Frankfurt. Nel campionato tedesco la terza classificata della zweite Liga, incontra la terzultima della Bundesliga per determinare l’ultima partecipante alla massima serie tedesca. Nella stagione 88-89 le contendenti erano il presente e il futuro di Tony Yeboah, ossia l´FC Saarbrücken che grazie alle sue reti arrivò terza in zweite Liga e l‘Eintracht Frankfurt che aveva deciso di acquistare l’attaccante ghanese per rinforzare l’attacco. L’incontro fu vinto dall’Eintracht, ma la partita passò alla storia per i vergognosi ululati di scimmia e il lancio di banane verso Tony.
La richiesta di una rescissione del contratto sarebbe stato un gesto comprensibile e legittimo, ma Tony dimostrò un carattere ed una determinazione incrollabili. Decise di andare comunque a giocare e segnare per l’Eintracht, ma soprattutto scrisse insieme a Souleyman Sané e Tony Baffoe una lettera che ha fatto storia: “Wir schämen uns für alle, die gegen uns schreien.” – ci vergogniamo per tutti coloro che urlano contro di noi. Un titolo geniale, critico e provocante che distruggeva ogni presunzione di superiorità dei bianchi e al tempo stesso umiliava i razzisti di ogni risma.
Da un punto di vista sportivo, Tony segnerà ben 68 reti per l’Eintracht, che tornò grazie a lui tra le regine della Bundesliga e vinse per ben 2 volte il titolo di capocannoniere, rispettivamente nel 93 e nel 94. Tuttavia i successi sportivi erano ben poca cosa rispetto ai risultati politici e sociali delle reti di Yeboah.
Prima di Yeboah, i gruppi di tifosi francofortesi erano noti per tendenza marcatamente razziste e la caccia all’immigrato era uno degli hobby preferiti. Dopo Yeboah la storia cambia, non soltanto i gruppi di tifosi abbandonano il razzismo ma diventano addirittura antirazzisti e antifascisti militanti. Giá nel 1992, la campagna di abbonamento dei fans viene intitolata “United colours of Bembeltown”. Gli estremisti di destra furono banditi dalla curva e gli ultras francofortesi si dedicano da ormai quindici anni a iniziative e progetti per la prevenzione e la lotta al razzismo. Oggi la curva dell’Eintracht è simbolo dell’integrazione.
A venticinque anni di distanza da quella lettera, scritta nel 1989, l’artista francofortese e fan dell’Eintracht, Mathias Weinfurter, ha dipinto la facciata di una casa contro il razzismo nel quartiere di Niederrad. Tema del graffito, il volto di Yeboah sullo sfondo in bianco e nero e la sua celebre frase “Wir schämen uns für alle, die gegen uns schreien” in rosso in primo piano. Il graffito si vede facilmente anche attraverso i finestrini delle linee S-Bahn che collegano Francoforte al suo aeroporto. Alla cerimonia d’inaugurazione il 21 giugno scorso è intervenuto a sorpresa lo stesso Yeboah, che ha firmato il graffito tra la commozione dei suoi fan.
Questo non è il solo riconoscimento che la cittá di Francoforte ha dedicato al bomber piú amato. Nella stazione U-Bahn di Willy Brandt Platz, a Tony è dedicata una delle dodici colonne dell’Eintracht; La vicenda di Yeboah trascende tuttavia la storia del suo club. Per certi versi si puó parlare di un pre e di un post- Yeboah ed è per questo motivo che la sua maglia è conservata nel museo cittadino.
Come chiudere questo pezzo su Anthony Yeboah, in un momento in cui rigurgiti razzisti attraversano l’Europa e in primo luogo l´Italia, semplice: ci vergogniamo per tutti coloro che urlano contro di noi.
Ruggiero Gorgolione
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