Sul tema scottante dei risarcimenti ai cittadini per i danni causati dal nazismo si sono scritti interi capitoli della giurisprudenza, italiana e non solo.
Due anni fa, il Tribunale Internazionale dell’Aja aveva parlato chiaro: non potevano essere le corti civili italiane a decidere la necessità e l’ammontare degli indennizzi per le vittime del nazismo.
Quattro giorni fa, quella sentenza è stata ribaltata dalla Corte Costituzionale, che ha riportato il potere decisionale sulla questione dei risarcimenti nelle mani dei tribunali del nostro paese.
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A chiamare i giudici al pronunciamento, parenti e familiari delle vittime del Terzo Reich che furono deportati e costretti ai lavori forzati nei lager nazisti, in condizioni disumane, tra il 1943 e il 1945.
La sentenza non riconosce più “il principio dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati” in casi come questo, ovvero in presenza di “comportamenti illegittimi di uno Stato qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità”.
In soldoni, che cosa significa? Che nei casi di violazioni commesse nel territorio nazionale italiano da parte dei nazisti, i cittadini italiani potranno chiedere i danni alla Germania, e potranno farlo direttamente in una corte giudiziaria italiana.
Dura la reazione di Berlino, per bocca della portavoce del Ministro tedesco degli Esteri, Sawsan Chebli: “Le richieste di risarcimento provenienti da tribunali di altri paesi sono inammissibili. L’immunità di stato è la regola, ed è stata stabilita dalla Corte Internazionale”.
Carlo Smuraglia, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani (ANPI), si è detto soddisfatto per la riapertura del dibattito sui risarcimenti e per la decisione di attribuire competenza decisionale alla giustizia italiana.
Per lui, però, la battaglia non è vinta: Smuraglia ha detto di non volersi illudere, dato che la Germania probabilmente non provvederà a risarcire gli italiani che avranno ottenuto il riconoscimento da una corte nazionale.
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