L’Ambasciatore: “In Germania per dialogare: noi e loro possiamo crescere insieme”
di Alessandro Brogani e Valerio Bassan
Per Pietro Benassi, 56 anni, quello a Berlino è un gradito ritorno. Il nuovo Ambasciatore d’Italia in Germania, che sostituisce l’uscente Elio Menzione, aveva già lavorato nella sede di Tiergarten tra il 2002 ed il 2005 come responsabile dell’Ufficio politico.
Non è il suo primo mandato come Ambasciatore: tra il 2009 e il 2012 fu Ambasciatore d’Italia in Tunisia,mentre nel maggio 2013 venne nominato capo di gabinetto del Ministro degli Esteri (qui la sua biografia completa).
Oggi Benassi rientra all’ombra della Fernsehturm assumendo la carica più importante, in un periodo storico delicato a livello economico e politico in Europa. Lo abbiamo intervistato, a pochi giorni dall’insediamento ufficiale.
L’Italia è alla guida del semestre europeo. Tutti i riflettori sono puntati sui rapporti italo tedeschi, dunque per lei si prospetta un grande lavoro. Cosa c’è in cantiere a riguardo?
Da un punto di vista strutturale, ritengo che Italia e Germania siano candidati naturali a promuovere una maggiore integrazione dell’Europa e, tramite essa, un maggiore ruolo del nostro continente nel mondo. Faccio riferimento innanzitutto alla genesi storica delle nostre democrazie post-belliche, che ha visto nella costruzione europea un modello attraverso il quale progettare insieme un futuro di pace e prosperità. Ma penso anche alla fortissima interdipendenza economica fra i nostri due Paesi, sia dal punto di vista commerciale sia per l’integrazione di intere filiere produttive portanti dei nostri sistemi industriali. Se esistono due Paesi che hanno interessi concreti ad un avanzamento del percorso europeo e motivazioni ideali comuni, questi sono proprio Italia e Germania. È con questa consapevolezza che abbiamo assunto la guida del Semestre Europeo ed il mio lavoro come Ambasciatore d’Italia in Germania ne vuole essere coerente espressione.
Che cosa dobbiamo attenderci da questi sei mesi, secondo il suo parere?
Sicuramente la fase transitoria che stiamo vivendo, con il passaggio dalle vecchie alle nuove istituzioni comunitarie, costituisce sia un limite sia un’opportunità. Un limite, poiché nel concreto la macchina di Bruxelles è in attesa di ripartenza, ma anche un’opportunità perché ci viene data la possibilità di farla ripartire, d’intesa con i nostri partner, nella direzione giusta. E qui credo che si siano già ottenuti risultati importanti nel riportare al centro del discorso politico europeo le priorità imprescindibili della crescita, della lotta alla disoccupazione, della promozione degli investimenti. Tutto ciò non si pone in antitesi con gli impegni di risanamento e riforme ristrutturali, che il nostro Paese – come gli altri partner – ha assunto, ma li rende sostenibili e concretamente realizzabili.
Anche la Germania sembra attraversare un momento di stasi economica. Dai dati in suo possesso è ipotizzabile che vi possano essere ricadute negative per le nostre aziende, visto il grande interscambio tra i due Paesi?
Non spetta a me giudicare la situazione economica in Germania, che resta comunque invidiabile nel panorama europeo, soprattutto per quanto concerne i profili occupazionali. Sicuramente, gli ultimi dati sulle aspettative e la frenata dello scorso trimestre hanno introdotto alcune variabili in un quadro che appariva fino a poco fa estremamente solido. È chiaro che un rallentamento dell’economia tedesca penalizzerebbe fortemente le imprese italiane, non solo per via delle ricadute sulle relazioni commerciali che deriverebbero da un calo dei consumi nel nostro maggiore partner, ma anche per gli effetti sulla variegata filiera delle subfornitura, che vede moltissime aziende italiane profondamente integrate nell’industria tedesca. Preferisco comunque per il momento sottolineare che gli ultimi dati stanno accelerando un dibattito in Germania sulla promozione degli investimenti e sulle potenzialità del mercato interno che mi pare possa in prospettiva essere vantaggioso anche per i maggiori partner della Germania, in primis in seno all’Unione Europea.
I giovani tedeschi scelgono la lingua italiana come prima lingua studiata per scelta (oltre quelle apprese a scuola). L’interesse fra i due Paesi è reciproco. Sempre più nostri giovani connazionali scelgono la Germania come meta di studio e lavoro fuori dai confini nazionali. Pur nel periodo di ristrettezze economiche imposte dalla crisi, che contributo può dare il nostro Paese per favorire, come già fatto in passato, questo biunivoco avvicinamento delle nuove generazioni?
L’Italia e la Germania sono storicamente attratte da un fascino reciproco. Oggi gli scambi sono facilitati ed è vero che, rispetto a soli pochi anni fa, molti più giovani italiani si avvicinano alla Germania e allo studio della sua lingua, mentre le indicazioni in nostro possesso testimoniano di un interesse crescente verso l’italiano da parte di studenti tedeschi. A livello istituzionale l’Italia favorisce questo mutuo avvicinamento con vari strumenti e programmi. Solo per citarne alcuni, esiste una “piattaforma”sostenuta dai due Governi che promuove e favorisce gli scambi giovanili tra i due Paesi; il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale finanzia inoltre ogni anno borse di studio in Italia per giovani europei. Non vorrei dimenticare di citare l’importante impulso dato a queste tendenze dai programmi comunitari europei, cui va il merito di aver davvero impresso la spinta alla creazione di un’area unica della conoscenza e del sapere, che a sua volta favorisce gli scambi universitari e l’avvicinamento tra le giovani generazioni dei Paesi europei.
È notizia recente che finalmente, dopo una lunga attesa, il prossimo 19 dicembre verranno rinnovate le cariche dei Comites. Quale pensa possa essere il loro ruolo e con quali poteri nel favorire un’integrazione necessaria dei nostri connazionali di vecchia e nuova generazione?
I Comites attualmente in carica lo sono dal 2004. Il previsto rinnovo nel 2009 non è avvenuto, ed è stato poi più volte rinviato per ragioni legate alle note ristrettezze di bilancio. L’appuntamento previsto quest’anno assume pertanto particolare rilievo. Il ruolo dei Comites deve continuare ad essere quello di favorire l’inserimento delle collettività italiane all’estero, in stretto coordinamento con le istituzioni e la rete consolare che si va evolvendo ed adeguando al mondo che cambia. Vorrei da parte mia cogliere questa utile occasione per ricordare a tutti i lettori di nazionalità italiana e iscritti all’AIRE che la novità rilevante di questa occasione elettorale è che il connazionale che intende votare ne deve fare espressa domanda. Tutte le informazioni necessarie sono sul sito dell’Ambasciata o del Consolato, che invito a consultare.
Vista la sua pregressa esperienza lavorativa e di vita, accumulata tanto in Germania che in altri Paesi di culture fra di loro assai differenti, cosa a suo parere può maggiormente rappresentare un ponte che unisca due popoli?
Sono convinto che il dialogo tra società civili sia fondamentale per far conoscere “l’altro” e avvicinare culture fra loro diverse. Ritengo che, a tal fine, il ruolo della diplomazia pubblica, ovvero di quell’insieme di leve tese alla costruzione di legami di fiducia con i propri interlocutori stranieri, sia molto importante. Dalla mia esperienza, posso senz’altro affermare che uno strumento importantissimo è rappresentato dal dialogo socio-culturale tra due nazioni. È importante conoscere le rispettive tradizioni, abitudini, modi di pensare. Senza questa conoscenza anche il dialogo politico e gli scambi economici risultano più complessi.