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Italiani a Berlino: come i “vecchi” immigrati vedono i nuovi arrivati?

© Amin Akhitar
Cav. Massimo Mannozzi, proprietario Ristorante Bacco [© Amin Akhitar]
di Valerio Bassan

(twitter @valeriobassan)

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“Ai miei tempi Berlino era un’isola in cui tutti si conoscevano, italiani compresi. Oggi è cambiata profondamente, offre molto di più, ed è cambiata anche la sua immigrazione. Dal mio punto di vista, però, era meglio prima”.

Massimo Mannozzi, nel 2014, compie il suo cinquantaduesimo anno da italo-berliner. È lui, indiscutibilmente, il veterano della categoria, nonché uno dei suoi rappresentanti più illustri: arrivato nella capitale tedesca nel 1962, quando il Muro era stato costruito soltanto da pochi mesi, nel 1968 ha aperto il Ristorante Bacco nella Marburger Straße, a pochi passi dal Ku’damm.

Il Tagesspiegel lo ha definito “il più celebre ambasciatore dello stile di vita italiano a Berlino”, anche perché Mannozzi – che dal 1995 è anche Cavaliere della Repubblica Italiana – ha contribuito in maniera consistente alla formazione di una cultura italiana a Berlino, organizzando eventi di rilievo come gli Incontri Berlinesi, dedicati alla cultura e alla letteratura, e la Notte delle Stelle, che coincide ogni anno con la Berlinale. 

Il pizzico d’italianità

Come il Cavalier Mannozzi, anche Elettra de Salvo è stata una delle principali fautrici della creazione di una cultura “italiana” a Berlino. I suoi incontri sugli italo-berliner, organizzati in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura tra il 2012 e il 2013 e diventati oggi interessanti workshop di “prima accoglienza”, sono stati la prima finestra aperta sulla città per molti ultimi arrivati, tra cui il sottoscritto. 

A Berlino da una ventina d’anni, De Salvo vive in Germania dal 1979. Come attrice e drammaturga ha lavorato a lungo a Francoforte, dove ha anche diretto il Teatro Italiano. La sua voce, con cui per un periodo ha moderato programmi sulla seconda rete televisiva tedesca, può essere ascoltata persino nelle audio-guide italiane del Museo Ebraico di Berlino. Per lei, la recente ondata di immigrazione arrivata qui dal Belpaese dal 2008 a oggi è un cambiamento epocale: “In parte non posso che gioirne”, spiega.

“Mi piace la quotidiana testimonianza della mia cultura qui, nomi luoghi persone e tanta lingua italiana per strada tutti i giorni. Credo che un pizzico di morbida e sana italianità sia un ottimo contributo ad una città già di per sé fantastica.” Dall’altro lato, però, De Salvo vede anche i rischi connessi ad una penetrazione così massiccia. “Ai miei tempi, se si decideva di partire si piantavano effettivamente radici, e quindi, era inevitabile, ci si sradicava anche in parte dolorosamente dal luogo d’origine, ci si “tedeschizzava” molto di più per integrarsi nella nuova società,” mi racconta. 

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