Attualità

Mensch oder Markt? Un intero Kiez di Berlino in vendita

 di Cinzia Colazzo

Immaginiamo che un bambino di Berlino protesti affermando “Queste scarpe sono strette!”, e che nonostante le rimostranze, sia costretto dai genitori a prendere le scarpe scomode poiché sono in offerta.

I genitori devono fare il bene dei figli e al tempo stesso, nel loro interesse, stare attenti al bilancio. Se avessero ascoltato il bambino in questione, però, forse avrebbero potuto trovare un’idea alternativa, per esempio comprare un paio di scarpe comode ma di seconda mano, oppure comprare le scarpe comode nuove rinunciando a una cassa di bibite – se avessero ascoltato il bambino.

Così va nelle famiglie, e così va nei rapporti Stato-cittadino – anche se lo Stato non è né un genitore, né un padrone.

I cittadini di un intero Kiez protestano da mesi, ma il mercato non li ascolta. Nella Großgörchenstraße e nella Katzlerstraße, vicino a Yorckstraße, l’amministrazione pubblica sta vendendo a investitori privati cinque palazzi, che dovranno essere sgombrati e rinnovati (non nella sostanza, ma nelle condizioni di sfruttamento abitativo).

I vecchi inquilini dovranno fare posto ai nuovi proprietari, cioè a delle società di investitori che stabiliranno affitti superiori a 10 euro a metro quadro (soglia già superata in molti quartieri), da proporre a una clientela facoltosa.

Passeggiando nelle due suddette strade, si viene colpiti dall’intensità delle proteste esposte, svolazzanti sulle lenzuola appese: “Mensch oder Markt?”, “Wir bleiben”, “Merkel wach auf!”, “Wir sind keine Ware”.

È vero, non siamo merce, noi inquilini: siamo consumatori, siamo clienti, e siamo rispettati sinché possiamo pagare. La casa non è un diritto come ingenuamente si pensa, è una voce di spesa nel bilancio.


webserie

Leggi anche:
B come Berlino, i quartieri: Neukölln

Poco importa se una famiglia spende la metà del reddito per l’abitazione, sacrificando così il consumo culturale, il risparmio bancario e una seppur fragile serenità.

auch wir rentner

La città, fortemente indebitata e afflitta da un alto tasso di disoccupazione, ha risvegliato l’interesse degli investitori: tutti parlano di Berlino come della metropoli del futuro e la fanno gareggiare con New York. Una situazione euforica che ha fatto innalzare le braccia di nuove gru e ovviamente anche il costo degli affitti.

Sino a cinque anni fa era ancora possibile conversare su Berlino senza citare il Mercato. Gli spazi vuoti di Berlino, come Strandbar e altre amenità, ne erano una qualità specifica. Sembrava che ognuno potesse avere un’idea per questi spazi disponibili, e usarli come se appartenessero a tutti.

In alcuni quartieri, come Kreuzkölln, l’intersezione tra Kreuzberg e Neukölln, venivano lanciati programmi – fra tutti Zwischenraum – perché negli appartamenti vuoti venissero aperte attività commerciali o gallerie. Qui e là esistono ancora negozietti che vendono merce di spensierata inutilità, o bar che rimangono aperti pochi giorni a settimana (“È aperto quando è aperto”).

Tutto questo è destinato a non essere più: lo spazio serve, i nuovi proprietari sgombrano i palazzi, le catene multinazionali avanzano, il cambio demografico ha ingranato la quarta.

Sullo sfondo di questi mutamenti – sempre gli stessi, ovunque: difficile annotare qualcosa di originale – voglio descrivere brevemente il mio vicino di quartiere, anche lui preso dalla lotta per la sopravvivenza commerciale.

wir_bleiben

Il quartiere in questione è il Kiez che si estende dalla Dudenstraße alla Yorckstraße, tagliato in mezzo da Monumentenbrücke e attraversato per lungo da una nuova pista ciclabile che conduce lungo i binari della S-Bahn sino ai prati del Park am Glesdreick. Un quartiere che un tempo era un’isola abbandonata in mezzo alla città.

Qui quattro anni fa un ometto occhialuto, forse uscito direttamente dalla pellicola di un film, unendo la passione infantile per i pirati alla memoria della gioia di un bambino di fronte alle caramelle, dopo aver presentato una tesina per la licenza superiore sulla produzione di caramelle gommose alla frutta, ha aperto un negozio di Fruchtgummischätze che si chiama Naschpirat.

Diventato graphic designer si è messo anche a produrre le confezioni, tutte meravigliosamente colorate e a tema (anche erotiche), contenti Gummibärchen e Gummipopos, con o senza gelatina, coloranti o zucchero.

Tutti i giorni in cui è aperto (perché i suoi orari sono flessibili), mi fermo a chiacchierare con il pirata di tesori canditi, sperando che gli squali del mercato immobiliare non divorino pure lui.

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio