Germania oggi e domani: il futuro che attira i giovani italiani

Ellen Munro_CC BY 2.0
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© Ellen Munro / CC BY 2.0

di Alessandro Brogani

einwandererEd i nuovi arrivati? Chi sono e cosa pensano i giovani che hanno deciso di venire a cercare fortuna occupazionale o completare la propria formazione nelle università tedesche?

Molti di loro fanno parte della cosiddetta migrazione mobile, cioè sono persone che non hanno ancora concluso il loro progetto migratorio e non sanno ancora bene se si fermeranno definitivamente in Germania o meno, come la ricerca di cui parlavamo prima della dott.ssa Pichler mette bene in evidenza.

Artisti, musicisti, giovani informatici, studenti. Molti si fermano davanti al duro scoglio dell’integrazione dovuto tanto, come s’è fin qui ben delineato, da una lingua certamente di non facile apprendimento (secondo recenti studi americani, in media il numero di ore richiesto per un individuo di lingua anglofona per l’apprendimento del tedesco è di 700 ore. Tale cifra sale ulteriormente per individui di lingue cosiddette mediterranee). Altro scoglio è la situazione lavorativa.

La grande maggioranza si dirige verso la capitale che è senz’altro polo d’attrazione giovanile per il gran numero di esperienze che offre e per la sua cosmopoliticità; tuttavia altre sono le parti della Germania in cui maggiormente ci sarebbe possibilità di trovare un’occupazione, nelle Regioni Bayern e Baden-Württemberg in testa. Molti, dopo un’esperienza anche di uno o due anni, rinunciano a questo loro proposito di stabilirsi e tornano nei luoghi di origine.

Non è il caso di Mara Piras, trasferitasi ad Heidenheim an der Brenz (la cittadina che diede i natali al Generalfeldmarschall Erwin Rommel, detto la volpe del deserto) dalla sua Sardegna nel lontano 1987. La signora Piras, dopo 20 anni di permanenza in Germania decise di tornare in Italia. A gennaio di quest’anno è di nuovo “emigrata” nella stessa cittadina del Baden- Württemberg, dove la incontro.

Signora Piras, cosa l’ha spinta a fare questo percorso a ritroso verso la Germania?
Senz’altro lo stile di vita. Tanti anni fa, dopo essermi sposata qui in Germania ed aver avuto tre figli, ero riuscita ad integrarmi imparando, con iniziali difficoltà, la lingua. Mi mancava però il sole dell’Italia e mi sembrava che fosse la cosa più importante del mondo. Decisi così di tornare prima a Roma, per un breve periodo, poi di nuovo nella mia terra d’origine, la Sardegna. Man mano che passava il tempo capivo sempre più che ciò che avevo abbandonato era uno stile di vita che da noi, purtroppo non c’era o non c’è più. Pertanto a gennaio di quest’anno ho deciso di tornare a vivere qui.

I suoi figli sono nati in Germania, quindi immagino parlino perfettamente tedesco. Hanno problemi d’integrazione con i ragazzi del posto?
No, assolutamente. Anzi! I due più grandi, Cristina e Luca lavorano entrambi qui nella zona, uno dei distretti industriali più produttivi della Germania; la più piccola, Ilaria, sta frequentando il Gymnasium ed in seguito andrà all’università. Loro sono stati felici di tornare in Germania, anche se l’Italia ce l’hanno nel cuore. Direi che ciò che gli mancava maggiormente, oltre gli amici lasciati qui in passato, era anche per loro uno stile di vita diverso, più tranquillo, meno stressante.

Lei vede quindi il suo futuro in Germania?
Sì, decisamente. Mi spiace dirlo, perché il mio Paese so che mi mancherà, ma l’Italia è diventato un posto dove è estremamente difficile vivere, da molti punti di vista. Non soltanto da quello economico. I tedeschi, se li si conosce un po’ più a fondo, sono persone molto accoglienti ed io sarò sempre grata per questo loro modo d’essere e di rapportarsi con una “straniera” come me. Sarà che noi italiani gli siamo particolarmente simpatici, ma io li trovo un popolo molto aperto e disponibile, esattamente al contrario di quello che si pensa giù da noi.

Chiara Cremaschi_CC BY-ND 2.0
© Chiara Cremaschi / CC BY-ND 2.0

Anche fra i giovani, non tutti sono intenzionati a stabilirsi per forza nella capitale. È il caso di Giulia Zeni, studentessa di 24 anni proveniente da Pordenone e laureata in Scienze internazionali diplomatiche a Gorizia.

Giulia, raccontami di te e di come sei approdata a Berlino.
Sono venuta a Berlino con il mio ragazzo nel 2012 per una vacanza di una settimana. Dopo la laurea, visto che non avevo voglia di tornare a casa, ho deciso di perfezionarmi con un Master in lingua inglese in Gestione dei conflitti interculturali alla Alice Salomon Hochschule. Parlo correntemente inglese, francese e spagnolo, ma cosciente di dover padroneggiare la lingua del posto sono venuta 9 mesi prima dell’inizio del corso per studiare il tedesco.

Cos’è che ti attrae di Berlino?
Direi che quello che apprezzo di Berlino è di trovarsi in una capitale europea che è estremamente vivibile. Io non vivrei mai a Roma, Londra o Parigi. Qui al contrario mi sembra di stare a Pordenone, non faccio fatica a fare il paragone. La città di per se stessa non ti snatura. Chi è attratto dalle feste sfrenate è perché è attirato da quel tipo di vita, ma è una visione piuttosto stereotipata della città.

E dell’insegnamento universitario che mi dici? Ti piace più o meno di quello che hai sperimentato in Italia?
Francamente trovo che il livello di preparazione medio sia piuttosto inferiore rispetto a quello adottato in Italia: l’approccio italiano della conoscenza è fondamentale. Qui invece è migliore la discussione. Se dovessi scegliere di studiare ancora sceglierò senz’altro il metodo italiano, perché della discussione non ti rimarrà un granché in concreto. Ciò che porti di buono con te da un’esperienza come questa è il confronto delle idee, che forse da noi è più carente.

Quando terminerai il Master cosa farai?
Io ci scommetto sulla Germania, non dico necessariamente su Berlino perché i numeri parlano da sé ed io non sono un mago. Proverò a Berlino, ma se non dovessi trovare sono dispostissima a spostarmi altrove. Attualmente sono un B2, come livello linguistico del tedesco, e sono cosciente che finché non sarò un C1 certi lavori non li potrò trovare. Mi dà fastidio che lavori che potrei svolgere sicuramente in Italia da noi non te li offrano.

C’è qualche tipo di assistenza che ti saresti aspettata da parte delle autorità italiane e che invece non hai trovato?
Personalmente tendo a non appoggiarmi all’“Autorità”, ma quella che trovo sia una grande falla è la perdita dell’assistenza sanitaria non appena ci s’iscrive all’A.i.r.e. (Anagrafe italiani residenti all’estero). Quando lo fai nessuno ti spiega cosa dovrai fare per avere un minimo di assistenza nel Paese dove ti recherai. A me era stato detto che sarei stata informata dalle Autorità Sanitarie tedesche, ma non è così. I sistemi europei non sono affatto integrati e non è vero che si parlino fra di loro. Io alla fine me la sono cavata andando, dopo vari tentativi, direttamente all’A.O.K. (Allgemeine Ortskrankenkasse – Assicurazione sanitaria locale tedesca). A dire il vero mi ero rivolta al Com.it.es di Berlino inviando loro una mail, ma credo che all’epoca fossero temporaneamente chiusi pertanto avevano girata la mia mail a quello di Bonn: la risposta l’ho ricevuta “soltanto” 12 mesi dopo, come se avessero ricevuta la mail il giorno prima, indirizzandomi peraltro all’A.O.K., quando avevo già fatto tutto da me.

E che giustificazione ti hanno data dell’accaduto?
Ovviamente nessuna. Mi hanno semplicemente detto che loro non avevano spiegazioni per l’accaduto. Da questa esperienza ho capito che piuttosto che fare le domande e non ottenere le risposte, è meglio cercarle da sé. Ad esempio quando, per affittare l’appartamento in cui vivo attualmente, ho dovuto presentare la Schufa Auskunft (certificato rilasciato dall’Agenzia d’informazioni di carattere finanziario, sui crediti di circa 66 milioni di persone, che tanto è oggetto di critiche in Germania). Pur non conoscendo bene il tedesco presi il mio bel vocabolarietto ed andai alla Posta, dove avevo scoperto che bisognasse recarsi per sbrigarne le pratiche.

Un’ultima cosa: che ti manca maggiormente dell’Italia?
Il calore della nostra gente. Con i tedeschi è difficile entrare in empatia, pertanto la lingua l’apprendi lentamente. Quando sono stata in Spagna in un mese ho imparato più di quanto non sia riuscita a fare in tutto questo tempo in Germania. Se non parli bene ti rispondono in inglese. Senza la lingua non sei nel pieno delle tue facoltà, in nessun posto. Dall’altro lato hanno però una grande tolleranza, per tutti i tipi di diversità. A partire dal vestire. Tempo fa ho fatto, con un gruppo di vecchietti di Pordenone, un viaggio in bici di 400 km da Treviri fino ad Amsterdam, lungo il percorso della Mosella. Ho visto tutta quella parte di Germania fatta di piccoli paesini che mi sono rimasti nel cuore, per la simpatia e la cordialità della gente. Invece con i miei compagni tedeschi di Berlino, nel corso del tempo, ho instaurato un rapporto di amicizia che è partito dai silenzi più che dalle parole. Come lo definisco io è un rapporto per sottrazione più che per addizione. Con tutti gli altri, spagnoli, latino-americani, francesi, ecc. è più facile comunicare, ma ho scoperto che i tedeschi mi piacciono di più. Sono sinceri, senza fronzoli, concreti. Nel bene e nel male ti dicono ciò che pensano. Alle volte li trovo un po’ ruvidi nell’esprimere il loro pensiero, ed in questo forse potrebbero migliorare. Per il resto ho solo imparato ad apprezzare questo loro aspetto. I tedeschi in superficie sembrano delle “bestie strane”, ma quando li conosci sono bravissime persone e capisci che in realtà hanno un disperato bisogno di punti di riferimento, di ordine. In fin dei conti sono simpatici o forse è anche vero che io non sono il classico tipo d’italiana.

Sì, forse Giulia non sarà pure la tipica italiana, tuttavia l’ho trovata, anche in rapporto alla sua giovane età, un grande esempio per molti nostri connazionali più anziani, anche in Patria.

Nel quarto capitolo andremo alla scoperta della principale istituzione italiana in Germania, l’Ambasciata d’Italia a Berlino: LEGGI QUI

Questo articolo fa parte dell’inchiesta “Einwanderer – L’immigrazione italiana (e non solo) in Germania” realizzata da Alessandro Brogani nel luglio 2014. Clicca qui per leggere la prefazione e sfogliarla capitolo per capitolo.

4 COMMENTS

  1. Intervistate anche coloro che dal “BEL PAESE” si trasferiscono in Germania per cercare fortuna grazie a sussidi statali, derubando lo Stato Tedesco che li accoglie ne conosco tanti troppi credetemi ed è uno schifo.

  2. Gentile sig. Leone, ci segua anche nelle prossime “puntate”. Vedrà che l’argomento da lei esposto è stato preso in considerazione.
    Cordiali saluti

  3. Beate loro che non hanno problemi di integrazione. Io lavoro per una ditta italiana che ha una filiale vicino Dresda, e non avete idea di tutte le frasi molto poco gentili che sento tutti i giorni… perchè i capi sono italiani, e i fornitori italiani sono sempre in ritardo (anche quelli tedeschi, ma questo non si dice), e se c’è qualcosa di “strano” nel sistema è per via della “logica italiana” ecc ecc…. Altro che persone aperte e disponibili e accoglienti….. quelle le posso contare sulle dite di una mano.

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