La Sella del Diavolo
di Damiano Vinci
Non gli era piaciuto per niente l’atteggiamento di quel venditore di Kebab alla stazione dello Zoo. “Pizza pasta mandolino mafia maccaroni!” gli aveva detto.
“Perché devono sempre ridurci a questi stereotipi?” pensò Marco.
“Da dove vieni?” gli stava chiedendo in tedesco un bambino biondissimo seduto al suo fianco. Marco rispose che veniva dalla Sardegna. Il padre del bambino s’intromise nella conversazione, chiedendo “Sizilien?”. Marco ribadì: “No no, Sardinien.”
“Ach so, ok. Mafia”.
“No, non c’è la mafia in Sardegna e anche se fossi siciliano, non necessariamente dovrei essere mafioso”.
“Ja ja klar – si si, certo ok”.
Marco aveva sostenuto decine di conversazioni del genere, non s’infastidiva più, era come se partisse una registrazione automatica all’interno della sua faringe, con risposte preregistrate. Talvolta la conversazione andava meglio, parecchi berlinesi conoscevano la Sardegna, oppure erano stati a Cagliari e la trovavano meravigliosa.
Marco era sovrappensiero, quando la voce metallica della U-Bahn lo avvertì che erano arrivati a Warschauer Strasse. “È incredibile che questo sia lo stesso posto che ho visto l’altro giorno”, pensò Marco. Il ponte di Warschauer Strasse durante il giorno è un luogo normale. C’è chi suona con una chitarra di fronte all’entrata della metro, sperando di racimolare qualche soldo, ci sono i ciclisti che sfrecciano sulla pista ciclabile, c’è la gente che passeggia o va di fretta per non fare tardi a lavoro.
Di notte, invece, è un continuo viavai di persone che vengono sfornate dalle U-Bahn e dalle S-Bahn in arrivo dalle altre stazioni: la sensazione che si ha è quella di una bocca enorme che sputa fuori le persone e le butta nella mischia della notte berlinese. All’interno delle fauci, fluidi velenosi trasformano le persone in animali da party.
A Marco non piaceva quella zona, ma non disdegnava la vista dal ponte sullo Sprea, “Berlino illuminata di notte fa sempre la sua porca figura” pensò. Carla, la ragazza di Salerno con cui si frequentava, adorava Warschauer Strasse, quindi spesso si davano appuntamento in quel posto.
Mentre aspettava, Marco rifletté sul fatto che da quando era a Berlino, ormai tre anni, aveva frequentato solo ragazze italiane. C’era stata la francese con cui era uscito un paio di volte, ma non era si eramai accompagnato a ragazze “autoctone”. Ad ogni modo,tanti italiani che conosceva erano fidanzati con ragazze italiane. Perché?
SMS di Carla: “Marco scusa, stanotte non posso uscire, ho avuto un contrattempo. Sorry! Poi ti spiego… scusa ancora per il pacco :(… Buona serata… Kiss…”
Marco cercò di non arrabbiarsi più del dovuto e decise di andare a mangiare da solo in una pizzeria, nella vicina Libauer Strasse. Dopo aver terminato di cenare,si trattenne ancora un poco, immerso nei suoi pensieri, fino a quando non gli fecero notare che era orario di chiusura.
Appena uscito dalla pizzeria si sentì strattonare il braccio.
Hey man, do you need help? – un ragazzo alto un metro e settanta, scuro di carnagione e di capelli, gli strattonava un braccio. Uno spacciatore.
“Fottiti” rispose Marco, dandogli una spinta. Du Arschloch! rispose lo spacciatore, estraendo un coltello.
Marco si mise a correre, corse come non aveva mai corso in vita sua, rischiando di sputare fuori i polmoni da un momento all’altro. Quel pezzo di merda dello spacciatore era troppo veloce e lo stava per raggiungere. Erano arrivati a metà del ponte di Warschauer Strasse, i cadaveri imbottiti dall’alcool gli barcollavano accanto, alcuni vomitavano, altri spaccavano bottiglie a terra.
Poi Marco vide una sorta di bagliore e si ritrovò nuovamente seduto dentro la pizzeria. La cameriera, tra l’altro piuttosto bella, lo stava guardando sorridendo, in piedi di fronte a lui.
“Si?” chieseMarco.
“Vuoi qualcosa da bere? Te l’ho già chiesto” rispose la cameriera, continuando a sorridere.
“Ah, scusa… una Berliner Pilsner, grazie”.
La cameriera gli porse un tovagliolo, lui la ringraziò.
Sul tovagliolo c’era scritto qualcosa, con una penna blu. “Il suo numero di telefono!” Marco gioì, poi continuò a leggere.
Quando sei arrivato a metà del ponte sei entrato in un’altra dimensione, ora non sei più a Berlino, è una riproduzione della città ricostruita dalla tua mente. La cameriera non esiste.
Ora, veniamo al punto. Ti sto dandola possibilità di cambiare il corso della tua vita. Se lasci andare le cose come sarebbero dovute andare in principio, quello spacciatore ti raggiungerà e ti pugnalerà alle spalle. Tu morirai.
Hai sempre detto che se le cose vanno in un determinato modo c’è una ragione. Voglio farti capire, invece, che tu puoi decidere come farle andare. Il sogno è tuo, ma sono io a dettare le regole. Se resti dentro puoi fare quello che vuoi, ma ad un certo punto ti sveglierai e sarai di nuovo sul ponte e lo spacciatore ti ucciderà comunque. Prendilo come l’ultimo desiderio di un condannato a morte. Puoi scoparmi davanti ai clienti se vuoi, non gliene fregherà niente a nessuno. Puoi prendere il posto di Wowereit come sindaco, ti sembrerà di aver trascorso anni da miliardario a Berlino, ma arriverà il momento disvegliarsi e ti ritroveraidi nuovo sul quel ponte, a pochi secondi dalla tua morte.
Oppure, ovviamente, puoi uscire da qui ecomprare la droga dallo spacciatore, se hai le palle. È la soluzione più semplice e meno pericolosa. L’unica che può salvarti.
Marco fissò il tovagliolo, pagò frettolosamente il conto, compresa la Pilsner che non aveva bevuto, e uscì. Lo spacciatore, puntualmente, lo strattonò. Do you need help? Marco, senza dire niente, tirò fuori i soldi e comprò la droga. Lo spacciatore cominciò a sorridere.
Ehi amico, tutto ok? – gli stava parlando in inglese. Con questi soldi non hai comprato solo la mia droga, stai dando una svolta alla tua vita. Ti avrei ammazzato su quel ponte, adesso invece hai la possibilità di vivere. E ora fallo finalmente come vuoi tu. Ogni volta che ti sembrerà di non poter fare qualcosa, falla! Così non sarai un perdente in nessun caso. I falliti sono quelli che non si mettono in gioco. Se non puoi, allora devi. Ficcati questa frase bene in testa.
Lo spacciatore si voltò e non lo degnò più di uno sguardo, provando invece a fermare altri possibili clienti.
Marco si svegliò di soprassalto, madido di sudore. Era nel letto del suo monolocale, a Wedding, sentiva il rumore del traffico della vicina Osloer Strasse. Solo un sogno.
Si alzò, si fece la doccia e tornò nella camera da letto. Vide qualcosa per terra che lo paralizzò. Lo scontrino della pizzeria. Controllò: la data era quella della sera prima. Non era stato un sogno.
Sentiva il bisogno di uscire da casa, quando provava sensazioni di ansia e di angoscia doveva attivarsi, altrimenti non capiva più niente. Si vestì in fretta e uscì.
Fuoridal palazzo, restò paralizzato econ gli occhi sbarrati. Lo spacciatore della Libauer Strasse – ormai non sapeva più se si trattava di quella vera oppure della sua versione onirica – era di fronte a lui e lo fissava. Do you need help?, disse.
Marco non rispose.
Lo spacciatore riprese a parlare: Vedi amico, ogni centoquarantaanni, a Berlino, si verifica un evento eccezionale, esattamente a metà del ponte di Warschauer Strasse si apre un varco tra due dimensioni. Questo portale resta aperto solo alcuni secondi, ma colui che capita in quel preciso punto esattamente nel momento dell’apertura, accederà all’altra dimensione e avrà la possibilità di scegliere: vivere in un sogno dove ogni desiderio è realizzato, il che comporta, però, morire alla fine del sogno, oppure accettare di vivere nel mondo reale, dando tutto quello che si ha per soddisfare le proprie ambizioni. Questo è quello che ti stavo offrendo io. Tu comprando la droga hai scelto di faticare nel mondo reale.
Così però non può funzionare: nel momento in cui hai ritrovato lo scontrino nella tua stanza, ti sei spaventatoe sei scappato, di fatto, stavi evitando la situazione. Ecco, questo è il particolare che ho dimenticato di dirti: ogni volta che tu eviterai di affrontare una situazione complicata, verrai trasportato di nuovo nella dimensione onirica, dove ti trovi in questo momento, figliuolo – lo spacciatore ghignò, mostrando denti gialli e cariati. Marco provò istintivamente nausea e voglia di fuggire. Lo spacciatore proseguì: Questo giochetto non durerà all’infinito, sappilo. Io ti ho dato una grande opportunità permettendoti di vivere. Con il tuo comportamento da codardo, però, ti ritroverai sempre dentro il sogno.
Mettiamola in questo modo: è come nei videogiochi, hai un numero limitato di vite a disposizione, ma non ti dirò quante – lo spacciatore sorrise di nuovo – se rinuncerai troppe volte a metterti in gioco nella vita reale, ti ritroverai catapultato in quella fittizia, ma ad un certo punto morirai su quel ponte, perché avrai abusato troppo della mia bontà. Oppure, puoi goderti questo sogno, tanto prima o poi VOI morirete tutti, non credi? – lo spacciatore si voltò e si diresse verso la U-Bahn.
Marco non era riuscito a spiccicare una parola. Chiuse gli occhi, stringendoli forte, era il suo modo per allontanare un pensiero indesiderato. “Ho paura” disse.
Riaprì gli occhi e rimase di nuovo paralizzato, e senza fiato. Era terrorizzato, nonostante quello che aveva di fronte fosse qualcosa di familiare e bellissimo. Era al Poetto, la spiaggia di Cagliari dove aveva passato tante estati durante gli anni delle Scuole Medie Superiori. Il litorale era deserto, il sole cocente, ma la temperatura gradevole. Una leggera brezza gli scompigliava i capelli. L’acqua era cristallina.
Istintivamente girò la testa verso destra. Si, c’era anche lei, La Sella del Diavolo, il promontorio che divide la spiaggia del Poetto da quella di Calamosca. Secondo una delle versioni della leggenda, durante una battaglia tra i demoni e gli angeli per la conquista del Golfo di Cagliari, Lucifero fu disarcionato dal cavallo e la sua sella cadde in mare pietrificandosi e dando origine al promontorio.
Marco aveva sempre preferito la versione secondo la quale la forma dell’insenatura era dovuta alla caduta di Lucifero stesso, il quale la modellò con il suo sedere. Probabilmente era solo più divertente dell’altra.
Smise di chiedersi se si trovasse davvero inun sogno, ormai niente aveva più senso. Decise di fare unbagno. Mentre nuotava, sentì una voce. In realtà era un bisbiglio, sembrava quasi il fischio del vento. Pareva provenisse dalla Sella del Diavolo. Cominciò a nuotare in quella direzione, più si avvicinava alla Sella, più il bisbiglio si faceva forte. Proveniva proprio da lì.
Marco arrivò a nuoto sotto il promontorio e improvvisamente si materializzò una figura trasparente, grande tanto quanto la montagna. Era una figura umana indefinita, l’unico particolare che si notava erano dei denti gialli e cariati. “Come quelli dello spacciatore”, pensò lui.
Ciao Marco – disse il Diavolo-Spacciatore. Sai, non ho più voglia di aspettare. Lo so, ti avevo detto che avresti avuto diverse possibilità, ma dopotutto sono io che dettole regole e ci sono altre anime di cui devo occuparmi. Quindi, decidi. Tu conosci bene questo posto. Resta in questo sogno e potrai goderti questo mare e quest’isola per tutto il tempo che vorrai, avrai l’impressione di passare l’intera tua vita qui, ma in realtà sarai già morto. Oppure esci ora da questo sogno, affronta la vita vera, e vedi cosa succede, che dici?
Marco, per la prima volta, riuscì a rispondere al Diavolo-Spacciatore: “Ho bisogno di tempo per riflettere.”
Il Diavolo-Spacciatore fece cenno di sì con la testa e disse: Cinque minuti.
Marco s’impegnò a riflettere. “Quest’isola me la posso godere solo in questo sogno. Nel mondo reale non c’è più futuro. Non come lo voglio io. Devi scendere a compromessi. ABerlino una vita indipendente puoi costruirtela, ad un prezzo: ti devi accontentare di sopravvivere.
In questa isola-sogno, invece, posso godermi il luogoin cui sono nato, senza preoccupazioni.
Sì, scelgo il sogno.”
Il Diavolo-Spacciatore non ebbe bisogno di chiedergli quale decisione aveva preso. Sparì.
Ora Marco aveva la sua isola completamente a sua disposizione.
A Berlino, nel mondo reale, in mezzo al ponte di Warschauer Strasse, una ragazza urlava di fronte al corpo inerme di un ragazzo, ricoperto di sangue.
Bellissimo
complimenti, hai una buona stoffa!
complimenti damiano!bella trama e ottimo ritmo!
Ottimo racconto, l’unica osservazione sarebbe che se vogliono dare del mafioso ad un italiano non penso che aggiungerebbero “mandolino” come insulto. L’uso di questo strumento musicale non e’ visto come un difetto. Si tratta di un complesso di alcuni italiani che probabilmente si sono sempre nascosti sentendone il suono.
Meravigliosa