Divertimento senza fine, Infinite Jest in esposizione dal 5 giugno fino al 7 settembre.
Francoforte – Nella città della Banca Centrale Europea, proprio non appena il DAX tocca i 10.000 punti, grazie a “Mario lo Stregone”[secondo Faz.net], ha aperto la mostra Infinite Jest (Unendlicher Spaß) alla Shirn Kunsthalle. Il titolo si rifà all’omonimo libro di David Foster Wallace (morto suicida nel 2008), epopea postmoderna di antieroi di un futuro prossimo, che ormai è già passato.
La società descritta dall’autore americano si ritrova in uno scenario cinicamente apocalittico: gli anni sono sponsorizzati da prodotti commerciali; Stati Uniti, Canada e Messico hanno formato un megaorgano statale (gli Stati dell’O.N.A.N.); la popolazione è afflitta da qualsiasi tipo di dipendenza. Gli unici a brillare nella società sono i membri dell’ETA, un’accademia del tennis, dove sono allenati degli individui dalle sembianze di supereroi, i quali combattono in tornei epocali contro gli atleti degli stati avversari. Durante l’apertura della mostra, svoltasi lo scorso 4 giugno, ad affiancare le autorità della Galleria (Max Hollein, il direttore) e il curatore Matthias Ulrich, c’erano camerieri e addetti vestiti rigorosamente in completo da tennista.
L’esposizione in sé conta la partecipazione di vari artisti con opere singole (Francis Alÿs, Maurizio Cattelan, Claire Fontaine, Peter Coffin, Lara Favaretto, Andrea Fraser, Karl Holmqvist, Judith Hopf, Ceal Floyer, Josh Kline, Alicja Kwade, Joep van Liefland, Helen Marten, Kris Martin, Daniel Richter, Michael Riedel, Anri Sala, Ryan Trecartin sowie die Sammlung Kopp).
La disposizione nonché la composizione e la natura dei supporti è decisamente eterogenea: soprattutto installazioni fatte di oggetti e/o video, macchinari funzionanti, sculture, ceramiche e dipinti. Le opere sono legate dalla tematica postmoderna, che il curatore ha cercato di sottolineare con il riferimento a Wallace, opera enciclopedica anch’essa estremamente eterogenea fatta di continui spostamenti temporali, storie non finite, note a piè pagina che contengono altrettante note.
Il “divertimento infinito” di una società dipendente dall’intrattenimento è forse il concetto alla base di ogni opera, sia che venga rappresentato da una stanza costruita da pareti di soli VHS (Joep van Liefland), o che si presenti sotto forma di un marchingegno elettronico, dove in una sorta di ottovolante infinito vengono trasportati dei palloncini colorati (Peter Coffin’s Untitled). L’Infinite Jest, un film mortale perché capace di creare una dipendenza fatale, arma di distruzione di massa ricercata dai terroristi separatisti nel libro omonimo, è rievocato ancora dalla ripetizione infinita inclusa in alcune opere come le sculture di Cattelan (Spermini), o meglio dal pendolo di Newton, riadattato con targhetta dedicata ai “Lehman Brothers” del duo artistico che si fa chiamare Claire Fontaine. “L’oggetto simbolizza la distanza dei banchieri dalle conseguenze delle loro azioni e propone un commento ironico del concetto della mano invisibile, in questo contesto il mercato che si autoregola”[dal booklet della mostra].
Una critica dunque non solo alle dipendenze infinite e mortali della società, ma anche un dito indice puntato contro il trend narcisista di un modello globale, dove per sopravvivere si deve eccellere in delle determinate caratteristiche, dove bisogna massimizzare, ottimizzare, ed eliminare tutto ciò che non crea profitto. Un tema che non dovrebbe rimanere inesplorato, soprattutto nella capitale economica di un’Europa divisa tra austerità e spinta alla crescita, e dove Loro in Persona (se avete letto Infinite Jest, capirete il riferimento) tengono le redini di un futuro incerto e forse suicida.
La mostra è aperta fino al 7 settembre, per informazioni su orari e biglietti consultare il sito della Shirn Kunsthalle.
[Nicole Braida]
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Nice DFW! Did we meet?