“Schwarz gemacht”, storia di un afrotedesco a Berlino
di Valentina Lo Iacono
Com’era essere afrotedesco durante la seconda guerra mondiale? La diversità veniva rispettata? Si era prima di tutto africani o tedeschi? È questa la questione che la pièce di Daniel Brunet, scritta dallo statunitense Alexander Thomas, cerca di indagare in Schwarz gemacht, in scena all’English Theatre.
La storia si svolge a Berlino nel 1938 e ha per protagonista Klaus, Afrodeutscher, la cui madre era tedesca e il padre (ignoto) africano. Durante tutta l’opera è fortemente presente il bisogno di riconoscersi in una cultura, di scoprire e di capire le proprie radici, ma è soprattutto forte la necessità di comprendere la propria identità. Nato e cresciuto in Germania, Klaus si sente tedesco, ma il suo colore lo rende diverso o forse ne fa di lui un tipo particolare di tedesco. Ciò che ricerca è l’accettazione da parte della società e gli serve quindi un documento ufficiale che lo consideri tedesco. Ma lo otterrà?
A fare da spanna al protagonista, ci sono l’americana Lisa di origini tedesche per cui Klaus dimostrerà sin da subito uno spiccato interesse; Ruth, la proprietaria tedesca della pensione in cui alberga; Walter, regista disoccupato che lo sceglierà come protagonista del suo film “Die Rache des Dieners – La vendetta del servo”, e Maurice, musicista jazz afroamericano. Quest’ultimo può essere visto sia come una guida che come un confronto per Klaus, in quanto cercherà di interrogarlo e farlo riflettere sulla sua identità, di come gli altri possano percepirlo diversamente e non come un semplice tedesco.
Ogni scena è accompagnata da un sottofondo musicale e viene chiaramente segnalato dove si svolga l’azione: alternativamente nella pensione o nel club jazz, indicato come the underground, proprio come a sottolineare la discesa del protagonista in meandri oscuri. In questo luogo, l’unico suo interlocutore sarà sempre Maurice, mentre gli altri personaggi è possibile ritrovarli solo “alla luce del giorno”, ovvero all’interno della pensione. La dualità scenica è riscontrata anche a livello linguistico, dove si parla sia in inglese che in tedesco, essendo la questione strettamente collegata alla condizione degli afroamericani, costretti a nascondersi perché neri e non rientranti nei canoni della razza ariana.
L’opera permette quindi di riflettere su una tematica importante e forse, in parte, meno divulgata, oltre che dare modo di focalizzarsi su un’altra sfaccettatura del totalitarismo hitleriano, mettendo in risalto allo stesso tempo la questione dell’identità – estendibile anche ad altri contesti. Seppur densa di informazioni, la pièce risulta godibile e ben realizzata, con un finale emozionante, che riassume il senso stesso della storia: “Ich bin schwarz…und ich bin auch Deutscher”.
Schwarz gemachtDal 7 al 15 marzo 2014English TheaterFidicinstrasse 40
10965 Berlin
Per maggiori informazioni, consultare il sito ufficiale del teatro.