Basta “der, die, das”: un articolo unico in tedesco «per la parità tra i sessi»
L’eguaglianza tra i sessi passa anche dalla scelta dell’articolo determinativo. Una ragione per cui, secondo quanto ha scritto ieri il Guardian, la Germania starebbe pensando di rivoluzionare la propria lingua in nome della parità e del rispetto tra uomini e donne.
Il cambiamento è già in atto nella lingua quotidiana, scrive Philip Oltermann sul giornale britannico. Le modalità di utilizzo del “trittico sacro” di articoli der, die, das, su cui tutti i non-nativi inciampano durante l’apprendimento della lingua, potrebbero essere riscritte.
«Il cambio di atteggiamento nel modo in cui vediamo i generi sessuali sta cambiando la lingua tedesca», spiega il giornalista. «Alcuni teorici sostengono che l’abolizione degli articoli di genere possa essere il risultato più logico di questa trasformazione».
Così, per esempio, Angela Merkel potrebbe smettere di essere die Bundeskanzlerin in cambio di un più neutrale das Bundeskanzler.
Si tratta solo di ipotesi, non di certezze, e le correnti di pensiero a riguardo sono diverse e contrastanti. Finora, nei documenti ufficiali, si è sempre cercato di utilizzare formule ibride come Student(inn)en o StudentInnen, senza dunque riferirsi specificatamente a persone di sesso maschile o femminile. In questi casi, suggeriscono alcuni, si dovrebbe utilizzare sempre e soltanto il genere neutro.
Per la linguista Luise Pusch, invece, non ci sono vie di mezzo: il tedesco potrebbe addirittura uniformarsi all’inglese, utilizzando un articolo standard per parole di qualsiasi genere. Un cambiamento che farebbe felici molti di noi, alle prese con le meravigliose difficoltà di una lingua dove non è facile dare il giusto “sesso” alle cose.
Il cambiamento, però, è tutt’altro che immediato. Cambiare una lingua per legge significherebbe cancellare centinaia di anni di sviluppo e di insegnamento, e sarebbe una scelta invisa da tutti i più tradizionalisti, che non vorrebbero mai darla vinta a Mark Twain.
Il tedesco, come qualsiasi altra lingua, ha il suo bagaglio culturale e usurpare la grammatica significherebbe compromettere esso stesso. Per la parità dei diritti si fa ben altro, di certo non usando un articolo unico! e oltretutto, non è solo il tedesco che fa distinzione tra femminile e maschile, ricordiamocelo! C’è l’uomo e c’è la donna, la diversità è onnipresente, basta che ci sia quel “gesunder Menschenverstand” in ogni cosa che si faccia o si dica. “Cambiare una lingua per legge significherebbe cancellare centinaia di anni di sviluppo e di insegnamento, e sarebbe una scelta invisa da tutti i più tradizionalisti”, chiamatemi tradizionalista. Spero davvero che la norma linguistica non ceda alla tentazione di “adeguarsi” a ciò. Il tedesco è meraviglioso anche per la sua diversità e complessità.
Bè Jessica le lingue però cambiano ed evolvono durante i secoli, e talvolta evolvono seguendo i mutamenti culturali del loro paese. Il tedesco meraviglioso ripropone la Germania ottocentesca, non quella attuale. Dubito che cambino un articolo per parità uomo donna in un paese che, alla fine, ha purtroppo ancora un forte stampo maschilista. E’ però vero che la Germania ha una discreta importanza a livello europeo e mondale, e questa rilevanza non è sostenuta dalla difficoltà della sua lingua, spesso non correttamente parlata neanche dagli stranieri in terra tedesca. Poiché i tedeschi rifiutano di accettare l’inglese come lingua comune, può essere che per venire a patti con la cultura moderna la vogliano semplificare al fine di facilitarne l’uso come lingua comune tra membri di stati europei differenti?
Penso che la sostituzione dei tre articoli con uno solo possa essere molto difficile da accettare, ora. C’è però una via di mezzo, già messa in pratica, di cui racconto qui: http://homeiswherever.com/post/il-tedesco-al-servizio-delluguaglianza/17/3/2014
Pienamente d’accordo con Jessica Leonardi
D’accordissimo con Jessica Leonardi. Io sono italo-sloveno e ho imparato, oltre allo sloveno, inglese, russo e spagnolo. Ogni lingua un’anima. Quando parli, pensi in quella lingua. Non adegui la lingua a te stesso, per comodità e/o ideologia. E’ un atto di conoscenza della cultura dei parlanti, relazione con essi e rispetto per ciò che sono. La lingua e i concetti che esprime (comprese le accezioni di maschile e femminile) vengono dall’anima, non solo dalla mente, e prima dall’anima. O qualcuno vuole modificare per legge l’anima e la cultura che la esprime in nome della “parità” codificata da un’ideologia? E i parlanti stessi non possono essere obbligati per legge a pensare una cosa in un genere imposto, quando dentro la sentono in un altro: perché quella percezione è fondata su una successione di infiniti atti creativi precedenti che definiscono, con la lingua, anche l’identità di un popolo. Tutti i tentativi storici di imporre per legge l’ortoepia o un idioma, hanno dato come frutto il naturale “ri-entro” di quell’imposizione nel binario delle percezioni interiori del parlante, nella cultura in cui è inserito. E’ l’esempio dei dialetti, delle lingue derivate (latine, slave, ecc..). Affermare che una lingua è “migliore” (qualunque sia la ragione che si adduce) è un vero monstrum
Non basta più che tutti i plurali usino “die”?
Per fortuna le lingue seguono un percorso naturale di evoluzione e non i ragionamenti assurdi di pesone poco afferrate in materia di linguistica. E’ il parlato quotidiano che detta la norma e non viceversa.