Con il rock cucito addosso: le Deap Vally si raccontano
di Valerio Bassan
(@valeriobassan)
Ci sono due ragazze, una bionda e una rossa, che durante un corso di cucito decidono di formare un gruppo rock’n’roll…
No, non è l’incipit di una barzelletta. È l’inizio della storia delle Deap Vally, l’eclettico duo rock al femminile che, da un anno a questa parte, sta collezionando proseliti e recensioni entusiastiche dalla critica di mezzo mondo grazie ad una miscela altamente infiammabile di blues, garage e alternative rock. Difficile crederlo, ma Lindsey Troy (voce e chitarra) e Julie Edwards (batteria e cori) si sono incontrate durante una lezione di maglia, a Los Angeles. Una delle loro due passioni comuni.
L’altra è – ovviamente – la musica anni ’70, come traspare chiaramente dal loro fortunato album d’esordio, Sistrionix, e dai singoli Lies, Gonna Make My Own Moneye End Of The World, che nel 2012 hanno contribuito a far circolare il nome delle due graffianti californiane sulle riviste musicali di Stati Uniti ed Europa. «Queste due ragazze dicono quello che bisogna dire e lo fanno con stile e intelligenza», ha scritto Emily Mackay su NME, paragonando il loro disco a un manifesto femminista del rock in grado di comunicare con tutti, sia uomini che donne.
La conferma arriva durante la data berlinese del loro tour, in un locale di Kreuzberg dove riescono ad attirare un pubblico eterogeneo che spazia dagli hipster ventenni (pochi, per la verità) ai reduci di un’altra era sonora, ancora agghindati con stivali, giacche di pelle e codino. Non tantissimi spettatori, circa 200, ma ben selezionati. Come se il tempo, nell’universo Deap Vally, si fosse fermato. «Ma non ci sentiamo fuori stagione», mi assicura Lindsey, la cantante, poche ore prima di salire sul palco del Magnet Club. «Anzi, amiamo l’epoca in cui viviamo, ci piace la tecnologia moderna e le possibilità comunicative che ci offre».
Sarà, ma il suono della Stratocaster di Lindsey suona molto più vintage di così. Come la sua voce, un timbro peculiare che unisce il graffio di Melissa Etheridge e Janis Joplin ad una profondità vocale unica. Un pugno in faccia, ma dolce e sensuale. Fino a tre anni fa, Lindsey era una delle tante cantanti in cerca di celebrità nei piccoli palchi dei bar di Los Angeles, città in cui si è trasferita poco prima di compiere 19 anni. «Mi ricordo ancora il primo concerto, ad un open mic a Hollywood. Le mani tremavano talmente tanto che a malapena riuscii a suonare la chitarra», racconta. «Eppure non ero certo una pivella, venivo da cinque anni di concerti a San Diego, la mia città. Los Angeles ti mette addosso una pressione incredibile».
Col tempo, però, ci si abitua. E magari si finisce per conoscere la propria anima gemella musicale ad un corso di cucito. «Avevo un negozio dove tenevo delle lezioni», spiega Julie. «Lindsey era una mia allieva». Oggi le due Deap Vally organizzano insieme seminari gratuiti prima dei loro concerti e producono coloratissimi cappellini di lana che le fan gareggiano per accaparrarsi. Dagli uncinetti alle sale prove, il passo è stato breve. Dopo un anno e qualche esibizione live a Los Angeles furono notate dalla Island, l’etichetta della famiglia Universal per cui hanno pubblicato in passato anche Tori Amos, Cranberries, Etta James, Elton John, King Crimson e U2.
Essere due donne è la loro forza. Si definiscono delle girl’s girl e non temono il sessismo, malgrado ne siano «state vittima in passato, anche con giornalisti», racconta Julie. «Se sei una ragazza in una band di uomini, le aspettative nei tuoi confronti sono sempre molto più elevate. È un terrorismo psicologico, come se dovessi costantemente dimostrare di essere all’altezza», racconta. «Devi fargli vedere che porti i pantaloni», riassume Lindsey. Senza dubbio queste due anime vagabonde del rock, cresciute «con Rolling Stones, Led Zeppelin» ma anche tanta musica anni ’90 – «Nirvana, Soundgarden, Beck, Blur», elencano – i pantaloni hanno già dimostrato di saperli indossare. Molto meglio di tanti colleghi maschietti.
La musica contemporanea gli piace, ad eccezione «dei dj, troppo celebrati e sopravvalutati per quello che fanno effettivamente a livello musicale», incalza Julie. «Mi ricordo un concerto dei Justice, un duo di dj francesi, qualche tempo fa. Uno di loro ha semplicemente schiacciato “play”, la canzone è partita e la gente sotto impazziva mentre loro fingevano di “suonare” qualcosa sui loro controller. Era tutto così finto, controllato, asettico. Perché il pubblico urlava? Non stava succedendo assolutamente nulla».
Poche ore dopo queste parole, le Deap Vally hanno concluso un set di rock tirato stremate, con la voce di Julie scomparsa durante il finale dell’ultimo pezzo, End Of The World. Cose che succedono. Cose rock.
Pubblicato originariamente su Linkiesta.it