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L’Ambasciata accoglie le startup: un incontro per «invertire la rotta»

© Luiss EnLabs
© Luiss EnLabs

di Giuseppe Colucci

Nei primi anni novanta Berlino, per i giovani italiani, era sinonimo di caduta del muro e riunificazione. Di coetanei tedeschi che, raggianti, ballavano danze liberatorie sulle rovine del Berliner Mauer. Un decennio più tardi, i più anticonformisti sceglievano la capitale tedesca come meta artistica e musicale: andare a Berlino per immergersi nella sua carica travolgente di città creativa e in progress.

Oggi, per i nostri giovani, Berlino fa rima soprattutto con “startup”. E con possibilità. Sono in molti, e sempre di più, coloro che emigrano con un’idea imprenditoriale in testa, verso quello che (in alcuni casi un po’ a sproposito) viene identificato come l’eldorado europeo dei giovani imprenditori dell’innovazione.

Per tutta la giornata di ieri 11 novembre, nel palazzo dell’Ambasciata d’Italia – un edificio che ha poco a che fare con lo stile dei co-working e degli acceleratori presenti in città – l’Italia digitale e innovativa ha incontrato Berlino e il suo ecosistema digitale.

L’evento, “Italian Start-Ups Meet Berlin”, ha visto la partecipazione del MISE (Ministero per lo Sviluppo Economico), nell’ambito del suo programma di promozione dell’innovazione italiana in campo tecnologico all’estero, ed è stato curato da Luiss EnLabs, acceleratore d’impresa romano. L’obiettivo? Costruire un ponte tra i due ecosistemi.

Molte giacche e cravatte – siamo pur sempre in Ambasciata – durante la mattinata, dedicata alle presentazioni degli attori che compongono i due ecosistemi (istituzioni e policy makers, incubatori, investitori, istituti di ricerca) e atmosfera più frizzante nel pomeriggio, dedicato ai pitch delle startup italiane, alcune delle quali con sede legale e operativa in Italia, altre a Berlino.

© Luiss EnLabs
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Sono loro i veri bridge builders, costruttori di ponti, che hanno posto le basi per un interesse reciproco tra la scena startup italiana e quella berlinese. Se qui, nella capitale tedesca, è boom di startup fondate da nostri connazionali, sono sempre loro, i founders, gli evangelisti dell’innovazione che, sull’asse Berlino-Italia, riportano know-how, ispirazione ed esperienza nel nostro paese. Accendono la miccia dell’interesse e della speranza che oggi, anche in Italia, si possa fare impresa e innovazione, nonostante la strada da percorrere sia molto più tortuosa.

Tra le startup italiane intervenute, selezionate dall’acceleratore romano Luiss EnLabs, ci sono state: CoContest, Codemotion, Intoino, WalletSaver, Wheelab, Qurami, Laubwerk. E quelle del settore bio-medico: neuGRID, PLANET, WISE, WinMedical. A rappresentare Berlino, invece, Evomob, che ha una co-founder italiana, iversity, presentata dalla Country Manager Italia, Manuela Verduci, oltre all’outsider Yachtico.

L’obiettivo dichiarato dell’evento è stato, come detto, la costruzione di un ponte, o meglio la ristrutturazione di quello già esistente, che oggi porta solo in direzione Sud-Nord, verso la Germania. Se non è possibile invertire la rotta, perlomeno si può cercare di creare un flusso che sia quanto più possibile bi-direzionale: questo il messaggio trasmesso. L’Italia dell’innovazione, oggi, ha voluto promuoversi qui a Berlino e dire “ci siamo anche noi”.

Berlino, tuttavia, seppure nel mezzo del suo boom, è a sua volta un ecosistema startup molto giovane, in termini relativi, rispetto ad altre realtà. Anche qui fondi e numeri sono ancora sostanzialmente più bassi rispetto alla Silicon Valley, a New York o Londra, così come le storie di imprese berlinesi che hanno conquistato un successo planetario si contano ancora sulle dita di una mano (SoundCloud, Wunderlist e poco altro).

Però a Berlino, contrariamente all’Italia, si respira la sensazione che tutto sia possibile, che i sogni possano trasformarsi in realtà, con il sacrificio, il merito e un pizzico di follia visionaria. Ed è proprio di questa struttura mentale che occorre appropriarsi per stimolare nei giovani l’idea che aspettare, oramai, non si può più. Bisogna fare.

© ItaliaGermania
L’Ambasciatore Elio Menzione, © ItaliaGermania

In Italia, lo sappiamo, il terreno è impervio, ma alcune delle facce vistesi qui oggi ci regalano l’impressione che anche lì un cambiamento sia possibile, che il gap d’innovazione con gli altri paesi, almeno europei, sia colmabile o possa perlomeno ridursi nel prossimo futuro.

Coloro che sono venuti oggi dall’Italia, lo hanno fatto per la volontà di lasciarsi ispirare da ciò che accade in questo momento a Berlino, facendone tesoro. Sono venuti a studiare. E se c’è una cosa che bisogna assolutamente comprendere, studiando le origini del boom d’innovazione digitale di Berlino, è che, per attrarre i talenti creativi o trattenere quelli che già partoriamo, occorre costruire per loro le condizioni ideali a creare e rendere il terreno fertile, perché trasformino buone idee in business che funzionino e camminino sulle proprie gambe, che facciano numeri.

Come? Berlino insegna che l’imprenditoria giovanile va dove ci sono costi della vita più bassi, dove costa meno fare impresa, dove la creatività è stimolata e non repressa, dove c’è molto da imparare da chi sta attorno a te. Dove giovane non significa, per forza, inesperto, ma piuttosto grande risorsa.

Gran parte dei founder di aziende con sede legale a Berlino, in effetti, non sono berlinesi, e neanche tedeschi. La lingua franca della comunità startup è l’inglese. Berlino attrae talenti da tutta Europa, se possibile da tutto il mondo. Questo non perché la Germania abbia politiche fiscali particolarmente convenienti per le startup (che pur ci sono, ma in maniera minore rispetto ad altri paesi), ma perché qui si innova, c’è un esercito di giovani creativi che trovano terreno fertile per i propri progetti e manpower per realizzarli.

Berlino è, di per sé, una startup, una città in continuo cambiamento, che ha dovuto rimettersi in piedi, crearsi un’identità e rendersi economicamente sostenibile, solo negli ultimi anni. Il cammino è ancora lungo (specie sotto l’aspetto della sostenibilità economica), ma si è sulla buona strada.

In Italia siamo ancora agli inizi e il terreno, come detto, è impervio. Ma ci sono alcuni segnali, intravistisi oggi, che lasciano ben sperare.

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