La storia di Slow Food in un film in arrivo a Berlino
Cibo. Per molti è solo una necessità, per tanti altri invece rappresenta un piacere, una componente essenziale della propria vita e della propria cultura.
Tra i numerosi luoghi comuni sugli italiani all’estero, l’essere etichettati come delle buone forchette, degli insaziabili mangiatori di pasta e degli amanti del vino di qualità, è di certo un motivo d’orgoglio per chi ha scelto di trascorrere un periodo più o meno lungo fuori dai confini del Bel Paese. Quello degli italiani col cibo è infatti un rapporto intimo, che li riporta alla tradizione.
Per questo motivo, parallelamente alla manifestazione Berlitalia – Italia Terra Madre che avrà luogo nei giorni 7 e 8 settembre nella caratteristica Potsdamer Platz, il Comitato Organizzatore dell’evento ha previsto la proiezione speciale del film-documentario “Slow Food Story” presso il cinema Arsenal di Potsdammerstrasse 2.
Il lungometraggio, presentato qualche mese fa in anteprima al Festival del cinema di Berlino, descrive appunto la storia del movimento “Slow Food”, fondato da Carlo Petrini nell’ormai lontano 1989 per promuovere una cultura culinaria pulita, sostenibile e che rispetti le tradizioni e verrà introdotto di persona dal regista Stefano Sardo. Gli appuntamenti sono quindi per sabato 7 dalle 16.00 alle 18.00 e domenica 8 settembre dalle 13.00 alle 15.00, occasioni in cui il regista di Bra sarà presente per raccontare i dettagli e i retroscena di un’opera che sta riscuotendo un significativo successo, non solo tra gli addetti ai lavori. Ecco l’intervista realizzata a Stefano Sardo dall’ufficio stampa di Berlitalia.
Gentile Stefano, dopo l’anteprima alla Berlinale dello scorso febbraio, “Slow Food Story” torna a Berlino in occasione di un altro Festival, quello della cultura italiana “Berlitalia”. Seppure la rassegna non sia dedicata esclusivamente al cibo, quest’ultimo sarà sicuramente una componente importante che si sposa in pieno con il tema del film. Dall’esperienza che si è fatto girando “Slow Food Story”, perché secondo lei gli italiani hanno questo rapporto così intimo con il cibo?
Perché in larga parte ognuno di loro è cresciuto in case con donne – madri, nonne, zie – dedite a un’eccellente cucina casalinga, di territorio. Questo legame profondo col cibo di casa è uno dei tratti distintivi dell’italianità, anche se poi quei cibi variano tantissimo di regione in regione: la cucina italiana è in realtà una somma di cucine locali, ricche e orgogliose, di terra e di mare, molto diverse tra loro. E se devo dire questo è forse il suo tratto più eclatante.
Ha già detto in altre interviste di aver accettato di fare la regia di questo film anche perché compaesano di Carlo Petrini, fondatore del movimento “Slow Food”, che oggi conta circa 100.000 iscritti tra sostenitori e volontari in 150 paesi del mondo. Bra, una cittadina del Piemonte che grazie a personaggi come Petrini è conosciuta anche all’estero. Visto spesso come un Guru, molti lo definiscono un “leader carismatico”, che tipo di personaggio è in realtà Carlo “Carlin” Petrini?
Il Carlin privato è molto simile a quello pubblico. Anzi, in effetti in lui non c’è distanza tra privato e pubblico: la sua famiglia è il movimento Slow Food. La sua forza carismatica risiede forse proprio nella capacità istintiva di essere se stesso in qualsiasi contesto. Carlo è un grande seduttore, dal punto di vista intellettuale e emotivo. Un comiziante formidabile, che ti conquista subito alla sua causa, se vuole. A tratti è un po’ burbero e ruvido, ma quello è un po’ un tratto distintivo del Piemonte, del resto.
In occasione di Berlitalia 2013 è stato bandito un concorso di fotografia intitolato “L’Italia che affascina” e che ha come scopo quello di raccogliere le immagini degli angoli più caratteristici della penisola. Il primo premio e il premio partecipazione che verrà estratto a sorte tra tutti i partecipanti consistono rispettivamente in un soggiorno di due giorni per due persone presso la “Locanda degli Elfi”, sita a pochi chilometri proprio dalla sua Bra, in Piemonte, e in uno presso il “Turismo Rurale le Grazie”, nel salernitano. Entrambi i premi sono messi in palio da ITALY SUSTAINABLE TRAVEL – ITALIAN ÖKO REISEN, un progetto italiano con base a Berlino che promuove e rappresenta all’estero l’Italia di Qualità e Sostenibile. Perché secondo lei, le parole “qualità” e “sostenibile”, che giocano un ruolo di rilievo anche nel film, stanno entrando sempre più nel linguaggio comune e assumendo un significato sempre più importante?
La sostenibilità è diventato un concetto a larga diffusione in relazione alla consapevolezza delle emergenze ambientali. Più si ha coscienza della gravità dell’impatto del nostro stile di vita sulla natura, più si cerca di trovare risposte sostenibili che possano, almeno in teoria, segnare un’inversione di tendenza. La sostenibilità vuole attenuare questo senso di catastrofe imminente che le letture dei report ambientalisti ci restituiscono. La “qualità” è un concetto che – prima di Slow Food – non veniva mai apparentato con essa. Si pensava a prodotti di qualità come espressione del lusso, del privilegio, o dell’amore per se stessi (un egoismo piacevole, diciamo). La grande rivoluzione di Slow Food è stata quella di sposare il piacere (legato al gusto, ai prodotti di qualità: il buono) alla necessità (la sostenibilità, la solidarietà: il pulito e il giusto). Ha fondato, in una parola, l’eco-gastronomia.
Berlino è una città multiculturale in cui si intrecciano culture diverse. Giovani provenienti da tutto il mondo si scambiano idee, usi e costumi. Da questi contatti solitamente nasce l’innovazione, il progresso. Anche a livello culinario quindi, il conoscere un nuovo ingrediente o imparare a trattarne in maniera diversa uno con cui si aveva già avuto a che fare in precedenza, possono rappresentare una “minaccia” per la tradizione. Qual è secondo lei il giusto equilibrio tra innovazione (o progresso) e, appunto, tradizione?
La tradizione non è mai un dogma, né va intesa in senso statico. La buona gastronomia (e parlo anche di prodotti alimentari, non solo di grande cucina) è figlia di sperimentazione, di abbinamenti, di creatività. Quando queste si sposano felicemente con un territorio (che vuol dire materie prime, ma anche clima, profumi, socialità), ecco che si inventa una tradizione. Io credo che non ci si debba arroccare alle tradizioni, ma continuare a pensare a esse come a una materia viva, in divenire.
Essendo lei un famoso sceneggiatore alla prima esperienza da regista, quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nel ricoprire questo nuovo ruolo e quali sono invece gli aspetti che più l’hanno divertita?
La mia impostazione da story-teller mi ha fatto privilegiare, in questa storia, i personaggi. La cosa più difficile è stata per me, trovare un punto di equilibrio tra la mia prossimità umana ed emotiva a questo mondo, che conosco da quando sono nato, e il mio ruolo di narratore. Ho cercato di guardare a Slow Food e ai suoi protagonisti con un punto di vista affettuoso, a metà strada tra il partecipe e l’oggettivo. Privilegiando l’ironia anche un po’ caciarona, che è un loro tratto caratteristico che volevo restituire, al tono più solenne da reportage.
Il film verrà proiettato in lingua italiana con sottotitoli in tedesco. Prevendite dal 20 agosto presso Mondolibro (Livraria Torstr. 159, 10115 – Berlin) e Caffein Espressosysteme GmbH (Kolonnenstr. 54, 10829 –Berlin). Prezzo con diritti di prevendita: 8,50 €