Le statue bruciano nella nuova mostra dell’Hamburger Bahnhof
C’è il corpo di una ragazza. I capelli biondi e lunghi, la posa da vera diva. Sulla testa, sui piedi e sul fondoschiena, tre fiammelle bruciano incessantemente, sciogliendo poco alla volta i 250 chili di cera che ne compongono le membra. Ci troviamo davanti a “What if the phone rings”, una delle 24 opere contemporanee che compongono “Body pressure“, la nuova mostra ospitata dagli spazi dell’Hamburger Bahnhof, a Moabit.
Accanto alla scultura infuocata dell’artista svizzero Urs Fischer, c’è la raffigurazione dorata del re del pop, Michael Jackson, insieme alla sua scimmia (“Michael Jackson and Bubbles”, di Jeff Koons); o la “Pietà” di Berlinde de Bruyckere; e ancora, opere di Bruce Nauman, Hans-Peter Feldmann, Paul McCarthy.
“La mostra vuole offrire un’immagine contraddittoria del corpo umano”, hanno spiegato le curatrici Henriette Huldisch e Lisa Marei Schmidt. “Rispetto al marmo e al bronzo, i materiali sono cambiati: gli artisti oggi usano plastica, oggetti della vita quotidiana, liquidi corporei”. Un po’ come Marc Quinn che, come materiale di realizzazione per la sua “Shit Head” (1998) ha utilizzato le proprie feci.
La provocazione, senza dubbio, è uno dei fili conduttori di Body Pressure, che riunisce una serie di lavori selezionati presi dalle collezioni della Nationalgalerie. “La scultura figurativa non cerca più di simboleggiare la rappresentazione o il potere. In realtà, è divenuta più contraddittoria, spezzettata, e si dirama oggi attraverso i media elettronici”, chiarisce Henriette Huldisch.
“Body Pressure. Skulptur seit den 1960er Jahren”
Dal 25 maggio 2013 al gennaio 2014
HAMBURGER BAHNHOF
Invalidenstraße 50-51
10557 Berlin