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TEUTONICHE SCHEGGE – Andando a naso

Ennesimo, falso occhiolino del sole. E così mi ritrovo a rimuginare su una lettura di secoli fa, in cui un romantico tedesco (e chi si ricorda quale?), viaggiando, al solito, per il Belpaese, si lanciava in un’entusiasta descrizione dei nasi delle donne italiche. Non solo era affascinato dai vari nasi aquilini (nobili, come dicono loro, Adlernase), ma da quel centimetro quadrato scarso di pelle morbida fra le narici e la bocca.

Così mi è venuta voglia di ficcare il sunnominato organo qui e là per i modi di dire, tanto più che anche qui, chi non si fa i fatti suoi, steckt die Nase. Come mi è consueto, sono andata rigorosamente a naso, che però in Germania significherebbe tirare dritto, nach der Nase gehen. Quando si tratta di seguire un po’ gli istinti, qui preferiscono coinvolgere “la panza”, vanno di Bauchgefühl. E così si capisce la sublime potenza dello Sturm und Drang, forse anche effetto di una digestione farraginosa.
A volte, del resto, anche per imparare una lingua si tratta di aver fiuto, o un gute Nase. Se poi uno il naso ce l’ha im Wind, allora ascolta il polso della situazione e può perfino precorrere i tempi.
Bisogna inoltre stare accorti a che qualcuno non ci balli sul naso, herzumtanzen, cioè evitare di essere presi in giro. Chi non si accorge di qualcosa o non è particolarmente sveglio è semplicemente un Du, Nase, appellativo che probabilmente in italiano finirebbe per assumere sfumature un po’ meno soft, anche qualora si rimanesse in ambito anatomico.

Perché si sa, quando salta la mosca al naso, noialtri non ci accontentiamo di uno scheiße o di un alter Schwede (vecchio svedese). Anche a costo di uno schifato arricciar di naso degli astanti (die Nase rümpfen). I tedeschi comunque, quando proprio ne hanno le tasche piene,  ne hanno in realtà pieno il naso, gestrichen voll.

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Forse proprio perché in media più “nasalmente” dotati, noialtri speriamo sempre di vedere più in la del nostro naso, che in alcuni casi significherebbe avere l’occhio ben lungo. E anche quando sfidiamo le intemperie, è il naso che mettiamo per primo fuori casa, in qualche modo araldo di mediterraneità che spesso ci precede anche senza volerlo.
I tedeschi, il loro, se lo strofinano quando fanno autocritica (sich an die eigene Nase fassen), un po’ come quando noi ci battiamo il petto.
Se qualcuno avesse da ridire sulle misure nasali (uns die Nase lang machen, deriderci), è gioco fin troppo facile ricordare che wie die Nase des Mannes, so sein Johannes. La traduzione forse è intuitiva e richiama motti simili anche nella nostra penisola, dalle Alpi a Pantelleria. Quel tipo di motto è normalmente destinato a restare soprattutto verbale.
E infatti non lo traduciamo.

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