Dal 1995 a oggi: i miei diciotto anni da italiano a Berlino
Pietro Balp è italiano, ma si è trasferito a Berlino nel 1995. Ci vive ancora oggi, dopo diciotto anni. Qualche mese fa ha scritto una lettera aperta indirizzata al direttore del Corriere della Sera: si parla di differenze tra Italia e Germania, di cultura del lavoro, di problematiche sociali e di come la città del Muro sia cambiata nell’ultimo ventennio. Il giornale meneghino l’ha pubblicata in prima pagina. Ecco il testo integrale.
Caro Direttore,
mi sono trasferito a Berlino nel 1995, quando ancora non era la città del turismo di massa che è ora. La gente che veniva cercava un’alternativa al modello delle città europee. Non viaggiava su voli Easyjet, non girava in bicicletta con i tour organizzati, non veniva per gli addii al celibato. Era una città dura, con le ferite molto visibili della Seconda guerra mondiale: gli intonaci scrostati e i segni delle schegge delle bombe erano presenti su tutti gli edifici. Le case si riscaldavano a carbone come cinquant’anni prima. Era un momento irripetibile per la storia della grandi città europee. Quando in tutta Europa le città avevano subito un processo di ristrutturazione che le aveva uniformate in modo evidente, Berlino era reale e unica. Negli interstizi della transizione, prima che la Repubblica Federale si appropriasse di tutte le strutture burocratiche che fanno funzionare una società, penetrò uno spirito anarchico. Chiunque si trovò a Berlino in quel periodo ne fu contagiato e conserva un ricordo vivo di quell’esperienza. Lasciavo Milano, una città dove si pensava di essere veramente internazionali, ma che, nei fatti, era ed è rimasta una realtà bigotta e conservatrice. Berlino non aveva allora nessuna velleità di essere grande metropoli mondiale, ma era aperta e tollerante. A distanza di anni Belino è un’altra città. Quella della cupola di Norman Foster del Bundestag e dei ministeri. Ma le ragioni che mi trattengono continuano ad essere le stesse. Da sette anni circa ho fondato uno studio di architettura con un collega tedesco (www.heimbalp.com).
Con noi, lavorano dieci persone. Le loro età vanno dai 24 ai 35 anni. Nessuno è stagista, nè ha mai lavorato gratis. Nessuno di loro ha dovuto aprire una partita Iva per poter lavorare. Sono sempre stato un architetto libero professionista e lavorando in Italia ho sempre avuto a che fare con persone molto valide, ma dal punto di vista della cultura del lavoro tra Italia e Germania c’è un abisso, indipendentemente dalla crisi. La mia compagna non ha dovuto sacrificare la sua carriera per nostra figlia Nina, che da quando ha dieci mesi frequenta un asilo nido pubblico. Lo Stato versa per la sua educazione, e quella di qualsiasi altro bambino, un contributo di 180 euro al mese per più di vent’anni. Nè Berlino nè la Germania rappresentano un mondo ideale. Chi vive qui da tempo sa che le differenze sociali aumentano e che, in particolare nelle città, il costo della vita rischia di lasciare indietro i più disagiati. In alcuni settori, la iper precarizzazione dei contratti di lavoro (i tristemente famosi minijobs) sta mietendo vittime, si tratta di persone che rimangono incastrate nel limbo della precarietà e dei sussidi minimi di sussistenza. La Germania è però un modello reale e vivibile. Le persone pagano le tasse perché si fidano dello Stato. Le elezioni politiche producono governi che agiscono, nel bene e nel male. C’è un senso del bene comune e del rispetto tra le persone che a volte può sembrare rigido per chi viene dal Sud Europa ma che alla fine rende più vivibile la società. Ci sono sindaci e ministri gay. Il machismo è un male praticamente sconosciuto. Quella di far crescere una figlia lontano dal tuo Paese di origine è una scelta molto difficile, ma che abbiamo preso in modo cosciente, con la speranza che possa assimilare valori più vicini alla nostra sensibilità.
Berlino 7 aprile 2013
Pietro Balp
Senza offesa ma sembra che sputi nel piatto dove hai mangiato. Viva l’Italia coi suoi pregi e i suoi difetti (che comunque bisogna lottare tutti insieme per farli diventare pregi)
Credo invece che lei abbia frainteso.
Questa si chiama critica. Le persone intelligenti la ritengono costruttiva, mi permetta inoltre di farle rileggere un piccolo passo: “Quella di far crescere una figlia lontano dal tuo Paese di origine è una scelta molto difficile, ma che abbiamo preso in modo cosciente, con la speranza che possa assimilare valori più vicini alla nostra sensibilità”.
Un concetto che lascia trasparire una tristezza di fondo, tristezza nel lasciare la tua patria cosciente del fatto che in quel luogo potrà dare migliori condizioni al futuro dei suoi figli ed anche alla sua vita.
Questo non lo definirei “sputare nel piatto in cui si è mangiato” ma una presa di coscienza di ciò che realmente è.
Mi permetto di criticare ciò che dice facendole notare che rispondere per luoghi comuni è TIPICAMENTE ITALIANO. Non metta l’orgoglio d’appartenenza davanti alla riflessione.
ottima risposta
Non avrei saputo rispondere meglio! La penso anch’io così…
Ho letto l’articolo di Balp ed è una cosa che io sostengo da ormai molti anni.
Sono a conoscenza delle problematiche che esistono in Germania ma ti assicuro vivere e lavorare in Italia è diventato impossibile.
Imposte,corruzione,raccomandazioni,disorganizzazione,criminalità,politica che non esiste sono solo alcune delle cose che affliggono il nostro “bel paese”.
Se un tempo ci si sentiva orgololiosi di essere italiani oggi ci dobbiamo sentire davvero come abiatnti di una paese povero economicamente e culturalmente.
Non è una lamentela la mia ma è un dato reale che è percepito e vissuto da tutti .
La cosa per concludere che affligge di più che nessuno vede un futuro migliore.
Davide Dr. Vanni
Come non darti torto. Daltronde la Mafia è nata in Italia ed è stata trasportata in America e nel resto del mondo…
Ha perfettamente ragione ! Altro che sputare nel piatto dove hai mangiato. Non sputa nel piatto in cui mangia! Bravissimo.
Già, Roby.
Moglie e buoi dei paesi tuoi. E poi rosso di sera, bel tempo si spera.
L’analisi di Pietro Balp è puntuale e approfondita, se devi liquidarla con due fesserie messe in croce tenta almeno di argomentarle.
Quoto
Concordo pienamente con il commento di Pietro. Anch’io ho vissuto a Berlino in quegli anni, cavalcando, agli inizi degli anni ’90, insieme a tanti altri italiani, l’onda della ricostruzione dopo la caduta del muro. Sono rientrato in Italia agli inizi degli anni 2000, ed ora, dopo poco più di dodici anni di “inferno” italiano, sto pianificando il mio rientro a Berlino.
franca
ciao Roby ho un forte spirito patriottico ma se non smettiamo di pensare che ci vuole ben altro che i “viva l’Italia” e i “vaffa” per rendere il nostro paese civile democratico e soprattutto vivibile facciamo veramente poca strada anzi restiamo proprio al palo
Ma quanto è tutto vero!
una perfetta strategia di marketing per far conoscere il proprio studio (e trovare nuovi clienti)..
del resto, c’era proprio bisogno di mettere nome e link?!
Buongiorno Pietro,
so benissimo di cosa parla, ho avuto un’esperienza Erasmus a Bonn nel 2000, purtroppo solo di 6 mesi…ma mi era bastata per sentirmi subito sorprendentemente “cittadina” e non “suddito/a” come ci si sente irrimediabilmente qui in Italia. Ne parlavo proprio poche settimane fa sul mio diario FB.
E’ stato drammatico dover tornare in Italia con questa triste consapevolezza ed ora più che mai lo è in prospettiva del futuro dei miei 3 figli…Lei non si può davvero immaginare il mio desiderio di fare quelle 5 valigie e lasciare questo Paese…ormai non ci sono davvero più parole per sperare…Cari saluti, Stefania (in FB ho l’icona di Amelie P.)
E´stato bello ma..
magari uno avanza negli anni, mette su uno studio poi una famiglia e alla fine si accontenta: in fondo in fondo e rispetto a .. Berlino ha ancora una sua vivibilita`. Non ci piove.
Ma per me e`ancora + doloroso, a mano a mano che gli spazi si riducono, le ansie aumentano e i nuovi palazzi si innalzano, veder scomparire quell´ipotesi di megalopoli libertaria del tempo che fu.
Io, per mia fortuna, non ho legami e il mio luogo del cuore, dove ritornare a sentirmi a casa, posso benissimo cercarmelo da qualche altra parte, che oramai sarebbe pure l´ora.
#la vita e`troppo breve per.. #rinunciare al sole
nishangainberlin.blogspot.com
Buongiorno Pietro.
Io faccio l’architetto in Italia. Dura, da soli. Molto.
Mi sembra però importante una cosa, piccola ma importante: la chiosa del suo articolo dovrebbe forse essere “il sito del mio studio, oltre che in tedesco ed in inglese, è scritto anche in italiano”. Siamo una periferia, ma dobbiamo almeno dare il giusto valore alla nostra cultura, sempre che ne rimanga un percolato di qualcosa… comunque: complimenti per il Vst lavoro. migliori saluti. Giorgio
io ci sono da qualche mese a berlino e di quello che dice nella sua lettera capisco poco. al netto di liberta, diritti, occasioni ecc ecc che tutti in germania hanno (su figli, unioni, lavoro ecc.) io non vivo una citta cosi ricca e spumeggiante.
Puoi andare in giro agghindato (vestiti, tatuaggi, ecc) come ti pare vero, puoi fare quello che ti pare (per me fin troppo) alla fine di tutto questo non vedo un gran che di diverso da altre citta mondiali (non dico italiane).
Lui lo dice che si sta imborghesendo e questo si vede, ma altri la descrivono come un paradiso in terra che io non vedo.
Non voglio parlare di Berlino, solo dire onestamente come la vedo.
Ho letto l’articolo ed ero positiva.Poi purtroppo,ho ragionato sul tuo essere architetto, ho guardato il sito..e la tristezza mi ha invasa, perchè, infine, sei uno dei tanti che della situazione di anarchia urbana di berlino ha approfittato a larghe braccia per far carriera.
Anche grazie a te Berlino non è più nè unica nè rara.
Che colpa ne ha lui, scusa? Ma che razza di commento é?
Mica é lui che i sveglia la mattina e decide di costruire un palazzo in mezzo a qualcosa.
Lui ha fatto carriera perché alla gente piace il suo modo di lavorare, o perché si sá vendere bene. Non mi sembra non ci sia assolutamente nulla di sbagliato in questo. Fosse stato un barbiere che cosa avresti detto? che é colpa sua se Berlino é piena di gente con tagli di capelli da scappati di casa (leggasi hipsters?).
In tutti i modi io sono anche uno di quelli che é arrivato in tempi non sospetti, quando Berlino non era ancora quello che é adesso (6 anni fa). E poi che male c´é a mettere il link del suo studio nell´articolo?
Lui ce l´ha fatta. Invece di essere negativi, si potrebbe trarre forza da quello che fatto lui. O motivazione.
È per gente come lui che gli Italiani vengono presi in ottima considerazione, e non per quelli che vengono qui perché é cool.
Se Pietro leggerá mai questo commento, gli faccio le mie congratulazioni.
Caro Pietro,
hai tutta la mia stima. Questa lettera fatela leggere ai nostri politicanti….
E provate a spiegargli il senso se ci riuscite….
“Valori più vicini alla nostra sensibilità”. E’ stato uno dei motivi principali che alla soglia dei 50 anni mi ha spinto a trasferirmi dalla basilicata in lombardia, per dare , almeno in parte, qualche possibilità in più a mia figlia maturanda allo scientifico. Ma sono consapevolissimo che l’assistenza che dà lo stato tedesco per la famiglia e le innumerevoli opportunità, rimangono sicuramente validi motivi per espatriare.
Antonio da Castiglione ds MN
Eh già..
bell pezzo, davero, spero tra 10 anni di poter dire le stesse cose.
Triste ma vero!!