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Il grande veto tedesco: no a rumeni e bulgari in Schengen

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di Maura Nardacci

Romania e Bulgaria dovranno attendere la fine del 2013 per poter discutere nuovamente la possibilità del loro ingresso nello “spazio Schengen”: ieri durante la riunione dei Ministri dell’Interno e della Giustizia dei paesi membri dell’UE, Germania ed Olanda si sono opposte alla loro adesione al trattato.

L’ingresso della Bulgaria e della Romania nello spazio Schengen, a seguito della firma dell’omonimo trattato, garantirebbe la libera circolazione dei cittadini romeni e bulgari all’interno dei confini di tutti i paesi parte dell’accordo. Le paure legate all’immigrazione clandestina e all’aggravarsi della crisi economica a seguito dell’afflusso di una massa immigrati che andrebbero ad ingrossare le fila dei disoccupati e, soprattutto, dei beneficiari del welfare, hanno portato alla ferma opposizione di Olanda e Germania.

Non è la prima volta che questi due paesi dell’est Europa falliscono il tentativo di ingresso nello spazio Schengen. Nel 2012, infatti, tale ingresso fu bloccato dall’opposizione di Olanda, ancora una volta, e Finlandia, le quali chiedevano ai Governi di Bucarest e Sofia maggiori garanzie  in merito alle politiche di lotta alla criminalità e alla corruzione, giudicate ancora estremamente inefficaci e non all’altezza degli standard europei.

Bucarest e Sofia non hanno nascosto la delusione ed il fastidio per il veto, soprattutto perché entrambe i Governi hanno, durante l’ultimo anno, stanziato ingenti somme di denaro per il controllo delle frontiere esterne dell’UE. Il Ministro degli Interni bulgaro, Tsvetan Tsvetanov, promette, tuttavia, di continuare ed intensificare un dialogo costruttivo e trasparente con Bruxelles che possa portare al superamento di questa situazione di stallo.

Negli ultimi tre anni, e con l’avanzare della crisi, la posizione della Germania ha subito, in merito all’argomento, un significativo mutamento. Nel 2010 il Governo Merkel criticò aspramente e fermamente il rimpatrio di numerosi rom romeni e bulgari voluto dal Governo francese, all’epoca guidato da Sarkozy. La Cancelliera dichiarò che a seguito di tale atto, estremamente controproducente per l’integrazione europea, i Governi di Bucarest e Sofia si sarebbero sentiti “traditi, convinti di aver compiuto inutilmente gli sforzi richiesti dall’UE”.

In questi giorni, però, dalle pagine del Der Spiegel si è assistito ad un brusco cambiamento di posizione da parte del Governo tedesco: il ministro dell’Interno Hans-Peter Friedrich, infatti, pochi giorni fa ha dichiarato che, a seguito del preoccupante e recente afflusso incontrollato di profughi rom dai Balcani, il Governo di Berlino si sarebbe dichiarato contrario all’allargamento di Scenghen ad est. Tali dichiarazioni alla vigilia del vertice hanno, molto probabilmente, influenzato anche la posizione olandese.

Berlino motiva la propria scelta in riferimento al rapporto provvisorio di Cooperazione e Verifica presentato a Bruxelles poche settimane fa, riguardante lo stato delle riforme giudiziarie in Romania e Bulgaria. Nonostante dal rapporto si evincano sostanziali miglioramenti, il Governo della Merkel giudica tali passi avanti ancora insufficienti per garantire ai due paesi un posto in un’Europa senza frontiere. Non è un mistero, tuttavia, che le imminenti elezioni federali obbligano la Merkel alla cautela influenzando ogni scelta del Governo.

La discussione in merito a tale questione è, in realtà, molto più complessa e coinvolge tutti i paesi UE. Mentre da un lato si sogna e si predica di un’Europa in cui la circolazione di persone, capitali e servizi, sia libera, dall’altra vengono imposte molte restrizioni in nome della crisi e della sicurezza. La Danimarca nel 2011 ha sospeso gli accordi di Schengen e ripristinato i controlli alle frontiere per arginare l’immigrazione illegale e stroncare i traffici della criminalità organizzata, mentre la Francia nello stesso anno congelava Schengen ai confini con l’Italia per evitare l’ingresso nel paese di numerosi immigrati clandestini nord africani.

Analizzando i dati riguardanti l’impressionante crescita del numero degli italiani che giungono in Germania in cerca di orizzonti lavorativi che in patria appaiono, oggi come non mai, oscuri, non possiamo che rallegrarci di essere già parte della comunità Schengen.

La Germania, insomma, è solo l’ultimo degli stati europei che, anche se tradendo un poco lo spirito europeista che la contraddistingue, ha anteposto la salvaguardia dell’economia statale a quel progetto europeo, forse troppo romantico e ancora di difficile attuazione, sognato a Roma nel ’57.

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Un commento

  1. L’utopia europeista sta andando incontro al proprio destino: che è quello di finire nella spazzatura della storia.

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