Arte e Cultura

Franco Battiato: “Folgorato da Berlino, la mia oasi di pace”

di Valerio Bassan

“C’era la neve”, nel 1982 ad Alexanderplatz. Un po’ come in questi giorni. In Franco Battiato, l’amore per Berlino ha radici profonde, trentennali. Ma è solo negli ultimi anni che il cantautore catanese ha comprato casa nella capitale tedesca. Ci viene volentieri, alla ricerca di un angolo di pace e tranquillità, lontano dai riflettori e dall’iperattività che contraddistingue la sua vita attuale: i dischi, i film (l’ultimo, in lavorazione, narrerà la vita del compositore tedesco Georg Friedrich Händel), la politica.

Il prossimo 2 aprile, Battiato si esibirà in concerto alla Kammermusiksaal di Herbert-von-Karajan-Straße, a Mitte. Qui presenterà i brani del suo ultimo bellissimo disco, Apriti Sesamo, pubblicato nell’autunno del 2012. Lo abbiamo incrociato durante una delle sue fugaci apparizioni berlinesi, venerdì scorso. E ne abbiamo approfittato per farci raccontare qualcosa del suo presente e del suo passato. Ecco l’intervista esclusiva per Il Mitte.

Cosa si devono aspettare i lettori del Mitte dal concerto del 2 aprile?

È un concerto antologico: meglio di così non l’ho mai fatto. C’è tutto, pezzi nuovi e pezzi famosi. Una grande insalata mista.

Come sarà composta la band sul palco?

Sul palco saremmo in undici, tra cui Simon Tong, bravissimo ex chitarrista dei Verve. E poi ci saranno un quartetto d’archi, un pianoforte, il basso, la batteria. Le solite cose insomma. Ma il concerto sarà davvero particolare.

Lei con Berlino ha un rapporto speciale. A cosa è dovuto?

Sono cose che capitano. È stato il mio amico Francesco Ferracin (scrittore e sceneggiatore dei suoi film, nda) a convincermi, qualche anno fa. Mi ha detto: “Perché non prendi casa a Berlino?”. Io gli ho detto “E perché dovrei?”. Risposta: “Perché costa poco!”. Mi ha convinto, e in effetti è stato davvero un buon affare.

Franco Battiato
Franco Battiato. Di rabendeviaregia, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

Ci viene spesso?

Spesso no, ma ci sono stato tante volte. Ho passato anche diversi Capodanni a Berlino. Me ne ricordo uno in particolare: sono andato anche alla Messa di fine anno, il vescovo ha finito la liturgia con dieci minuti d’anticipo e scoppiando a ridere ha detto: “Scusate, mi sono sbagliato”. Davvero divertente e tipicamente “berlinese”.

Cosa le piace in particolare della città?

Il silenzio. La quiete. La tranquillità. La mancanza di traffico. È difficile che una città con tre milioni di persone sia così pacifica, si cammina benissimo. E poi c’è un’atmosfera particolare derivante dalla storia.

Quali sono i suoi quartieri preferiti?

Io abito a Schöneberg, che adoro. Ma mi piacciono anche Charlottenburg, Wilmersdorf e Mitte. Nell’ex Berlino Est e nei quartieri modaioli dell’Ovest tutto è diventato troppo confusionario, caotico. Quel tipo di divertimento non mi ha mai interessato.

 

Franco Battiato
Franco Battiato. Di rabendeviaregia, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

Gorbaciov ha detto che quando cadde il Muro, dormiva. Lei che ricordi ha di quella notte?

Mi ricordo quel desiderio incredibile di buttarne giù un pezzo, di assaporare la libertà. C’era una “lotta” a chi dovesse sfondare il Muro per primo. Io non ero a Berlino, ma mi sembrava di esserci.

Quanti altri muri, oggi, devono ancora essere abbattuti?

Tantissimi. Miliardi. Anche e soprattutto in Italia: il muro della corruzione, dell’omertà, della cattiva politica, ad esempio.

A Berlino vivono molti giovani italiani, spesso laureati. Perché si trasferiscono in Germania, secondo lei?

Perché qui si sopravvive bene con pochi soldi e perché i tedeschi hanno dimostrato di essere un popolo sempre all’altezza della situazione. Noi invece non siamo un popolo, siamo individualisti e basta. Ultimamente un giovane italiano residente a Berlino mi ha avvicinato per strada, per salutarmi. Io gli ho chiesto che cosa stesse facendo nella capitale tedesca. “Studio la lingua”, mi ha detto. E io: “Sì, ok, ma cosa fai per mantenerti?”. Mi fa: “È il Comune che paga per il mio sostentamento e la mia integrazione”. Qui lo stato sociale è davvero molto presente, così come nei Paesi del Nord Europa: Islanda, Danimarca, Norvegia. Una cosa molto civile, ma purtroppo impensabile nell’Italia di oggi. L’importante è non approfittarsene, cosa che mi dicono avviene abbastanza spesso.

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6 Commenti

  1. “È il Papà che paga per il mio sostentamento e la mia integrazione” -fixed.

    1. Avevi l’occaisone di commentare in modo intelligente e l’hai sprecata. Peccato.

  2. A Berlino vivono molti giovani italiani, perché possono inventarsi la balla di essere direttori della fotografia,fotografi, curatori per 9 mesi all´anno.

  3. Bella intervista ,il Maestro di sempre, lucido, consapevole con la saggezza di altri tempi e con la sapienza di sempre….un architetto sopravissuto alla Babele Italiana nel cuore della Germania

  4. battiato è un grande sperperatore di parole utili che a volte sembrano rimescolarsi sotto forma di poesia…

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