A Berlino bisogna avere paura di ballare?
di Berta del Ben
Quando leggo la storia di una ragazza stuprata dopo una notte in discoteca a Berlino, sono sveglia da un paio d’ore, sto pensando a cosa fare del mio futuro e come fare a sentirmi bene in una città come questa, dove a primavera nevica e sotto la neve ci sono mille e mille differenti realtà.
Leggo di uno stupro, narrato con delicatezza, se si può dire, per non ledere la privacy di chi ha vissuto la vicenda e allo stesso tempo per dire una cosa importante, cioè: “Donne state attente! Berlino è come il resto del mondo” esistono le droghe, esiste la violenza, esiste la realtà.
Mi sta bene che se ne parli, ma mi preme provare a dire qualcosa a riguardo, da giovane italiana che vive a Berlino.
Abbiamo un problema qui, a prescindere da dove viviamo. E il problema è che mettendo in guardia in questi termini le ragazze dalla violenza si sta avvallando un immaginario che non è secondo me quello di cui abbiamo bisogno per affrontare la questione. Dipinta così la vicenda è piena di paura: quello che si può provare leggendo è un “mamma mia” che produce diffidenza negli altri.
Io provo un po’ di paura in questa storia, a prescindere da come mi comporto nei locali. Non mi piace però avere paura. A Berlino la maggior parte dei posti che si frequentano mi danno una sensazione di indipendenza: ognuno balla per la maggior parte per conto proprio, i corpi stanno vicini, ma sono poche le occasioni in cui vedo esplicite advance.
Che ci siano tentati o riusciti stupri nelle discoteche non è una caratteristica peculiare di Berlino, succede un po’ ovunque, purtroppo. E può succedere, purtroppo, anche a chi sta attento a cosa beve e magari fa una cazzata con le droghette che a Berlino non mancano. Cosa deve fare allora una giovane donna in città per non incappare in violenze? Viene da rispondere „stare attenti“.
Ma cosa vuol dire “stare attenti”? Vuol dire non bere niente, non prendere niente? A Berlino come in nessun altro posto io mi sento libera di divertirmi come preferisco, vestita come voglio e al ritmo che scelgo.
Ce ne si mette per liberarsi dai ruoli sociali che ci impongono anche nel divertimento un determinato codice di comportamento. Qui se hai voglia di ballare balli, con la gonna, coi pantaloni, con le mutande in testa. Il codice sembra essere proprio il “non codice” e anche se a ben vedere è un codice anche questo e lo stile berlinese si riconosce ovunque (soprattutto negli aerei di chi va e viene magari proprio dall’Italia), io provo una sensazione di libertà ballando a Berlino che credo sia data proprio dalla stravaganza così diffusa, che non ti fa sentire né brutto né bello per come sei, come ti muovi. Una specie di porto franco dell’estetica e della danza, dove nessuno ti giudica e tu non giudichi nessuno. Leggere quindi di uno stupro così, mi fa chiedere davvero se bisogna allora qui avere paura di ballare.
Io credo di no. Credo certo che vada fatta attenzione a quello che si fa: costruirsi una consapevolezza è la possibilità che abbiamo, per gestire noi stessi e non incappare in situazioni problematiche, se non dolorose. A vent’anni a Berlino però bisogna ammettere che non è proprio facile non combinare qualche “cazzata”, proprio per la sensazione di libertà che si percepisce nella musica.
Non è “non fare cazzate” il problema, il problema è affrontare la situazione dopo che è successa.
Allora penso che quello che spetta a chi scrive in rete o a chi parla della storia, non sia tanto un “mettere in guardia” legittimo, ma dire invece che se si subisce violenza non si può pensare che vada bene “voler dimenticare”. Non è una questione emotiva di paura o di colpa, non è una questione morale di “buone” e “cattive” ragazze. E’ una questione di lesione della dignità, è una questione di ingiustizia e l’unico campo su cui si può discutere è il campo del diritto. Il diritto per se stessi di vivere e il diritto di chiedere e di avere aiuto in situazioni dolorose.
La violazione di una persona, del suo corpo e di se stessa non solo va denunciata, ma va letta per quello che è: non una bravata di una notte, ma una violenza compiuta con volontà. E se ti fanno violenza con volontà la cosa più sbagliata da fare è pensare di avere fatto una cazzata, sentirsi in colpa per aver bevuto un drink e per aver accettato uno sguardo ammiccante. Non è una colpa, è una scelta legittima, e abbiamo tutta la libertà del mondo di relazionarci con chi vogliamo.
Se va male, addirittura malissimo, dobbiamo pretendere per noi e per gli altri che si siano strutture collettive, istituzioni e reti che ci aiutino poi ad affrontare la situazione. In Germania non so come funziona, ma sono sicura che la denuncia è la prima cosa da fare. E sono anche sicura che forse come “comunità di italiani a Berlino”, potremmo proprio provare a capire come si fa a fornire supporto, linguistico e giuridico. Ci sono per caso qui avvocati o medici che leggono? Se sì, sarebbe molto utile dare le informazioni necessarie per affrontare questo caso, senza lasciare che sia “dimenticato”.
Io da parte mia posso contribuire con due consigli:
1. Guardare la puntata di Presa Diretta sul femminicidio, si chiama „La strage delle donne“ ed è un’inchiesta ben fatta sulla situazione in Italia.
2. Allo stesso modo, senza criminalizzare l’uso di sostanze, bisognerebbe ricorrere a quei progetti di „riduzione del danno“ che fornendo informazioni dettagliate sulle varie sostanze, aiutano a prevenire i peggiori effetti collaterali.
La consapevolezza mi pare l’unica arma che abbiamo per non dover avere paura. La consapevolezza si può costruire in maniera collettiva, si costruisce in maniera collettiva. Qui a Berlino, nella sempre più larga comunità di italiani, forse si può costruire anche a partire da un blog o da un quotidiano online in italiano.
Stavolta mi siete davvero piaciuti, un articolo scritto bene, interessante e soprattutto giusto! Complimenti alla giornalista! Vi prego di continuare così.
Luisa
incredibile quanto sia resistente questo vecchio argomento del “te la sei cercata” cioe´ hai voluto essere libera? Hai fatto “una cazzata”? E adesso pedala.
E` incredibile
Negli anni 70 sembrava avessimo capito cosa sono la colpa e la proibizione.
E invece no
Moralisti eravamo e siamo
Sono una Berlinese che da 30 anni vive in una piccola città in Toscana.
Anche per questo motivo. Ero giovane come voi ed andavo a divertirmi come voi nella mia amata città…e con la paura o meglio nonostante la paura. Anche allora succedevano questi fatti, abbastanza spesso addiritura.
Ma io ero sempre convinta che non ci si può rinchiudere in casa e nella paura. Era difficile convincere i mieie genitori allora, ma necessario.
Si impara a convivere con il rischio. Stare “attenti” significa anche avere un occhio di riguardo per le situazioni in quali ci si mette. Osservare, prendere precauzioni, cioè non rimanere da sole alle fine della serata, uscire in gruppo, prendersì un taxi nella notte, nei posti isolati ecc. ma nonostante tutto può succedere di essere aggredita, spesso dove non te l’aspetti. (A me e successo proprio sotto casa mia)
Ma so, che a Berlino non esiste il sentimento dell’omerta, anche se esiste una grande indifferenza. (La gente passa anche a fatti brutti senza fregarsene!) Si deve denunciare, perché è tramite la denuncia che si riceve aiuto, anche psicologico.
Complimenti a te che ti sei presa cario di questo problema anche per le persone che non sono cresciuti nella metropoli.
Qui un articolo sul hotline per le vittime di atti di violenza.
http://www.t-online.de/regionales/id_60912396/hotline-fuer-gewaltopfer-in-berlin-rund-um-uhr-erreichbar.html
Grazie a te Ange, esattamente questo è quello che volevo che succedesse scrivendo qui e così: che ci si aiuti e che si diano le informazioni. Grazie davvero.
articolo imbarazzante e fazioso….l’articolo che citi non dice le cose e il clima di terrore che racconti tu…anzi il tuo articolo è fazioso e sei tu che enfatizzi questo clima di paura…
perchè non si può racconatare un fatto di cronaca????non capisco dove sti ail problema…è un evento che potrebbe essere accaduto a Berlino come Roma…non cè nulla di male e non inficia certamente il giudizio della città…se invece lo pensi allora non sei una berlinese di larghe vedute…ma t’interessa solo vedere quello che ti piace della città, così potrai vivere e ballare meglio senza pensieri!!
articolo come direbbe oggi “qualcuno” molto molto fazioso…
con questo articolo, mi spiace dirlo perchè vi seguo da molto ma avete perso molta credibilità…
Ehi! Io ho preso la notizia dal blog, non ho scritto un pamphlet di accuse a Berlino Cacio e Pepe, non mi interessa proprio per niente. Ho letto di una ragazza italiana stuprata, l’ho letto lì, ho messo il link al blog, e ho scritto cosa ne penso a riguardo, a partire da me, italiana giovane che vive a Berlino. Perché se ne parli e se ne parli in maniera utile e in termini non moralisti di “giusto” o “sbagliato”. Neanche CacioePepe lo fa, non voglio dire questo. Quello che dico è che va bene “stare attenti”, ma non può bastare. Soprattutto a fatto avvenuto, un fatto che può succedere, purtroppo, ovunque e in qualsiasi condizioni. Quindi ho pensato che le tante persone che leggono il blog e il Mitte, potessero trovare utile che scrivessimo informazioni a riguardo e discutessimo di cosa si può fare per aiutare sta ragazza e dare le informazioni per come comportarsi in caso di violenza subita a Berlino. Se fossimo in Italia saprei cosa fare, qui no, per cui ho chiesto a chi legge di aiutarci a fare questa cosa. Ange qui sopra ci ha mandato un link, e spero che ne arrivino altri.
Il tema dell’articolo, se ancora non è chiaro, è il seguente: violenza, cosapevolezza. Non mi pare che il tema sia “ciao mamma guarda come mi diverto”. E sinceramente penso che i commenti sopra mi possano far pensare bene che il tema dell’articolo sia comprensibile. Detto questo io ho fatto una delle cose che potevo fare, cioè provare a scrivere che “voler dimenticare”, “sentirsi in colpa”, “non denunciare”, sono altrettanto una violenza contro se stessi. Perché un abuso subito (scheiße egal in che condizioni è successo) è un abuso subito e va trattato come tale, come una violenza che va affrontata guridicamente, piscologicamente e magari anche socialmente. E lo dico qui e in italiano perché so che in italia, con la morale cattolica e le tantissime stronzate che passano alla televisione a volte si confonde la violenza con altre cose (l’ha detto pure Boldrini, la nuova presindente della camera!) e migliaia di donne grandi e piccole devono invece trovare la forza e la consapevolezza di chiamare le cose col loro nome. Questa ragazza di cui si parla, anche.
detto questo spero ti sia chiaro e spero sia chiaro anche a Massimiliano che scrive qui sotto, di che cosa volevo parlare e perché ho scelto di farlo. Se avete voglia di capire, guardatevi davvero PresaDiretta.
questo articolo è di una inutilità unica! Parere personale.
Qualcuno diceva, prevenire è meglio che curare, ma forse non erano mai stati nella tua berlino…
Credo che molti altri berlinesi ritengano che prendere le “droghette” per ballare per 2 giorni di fila non sia l’unico modo per provare quella “sensazione di libertà che si percepisce nella musica”
Allora chiarisco un po’ meglio di me: io non vado al Berghain, non assumo sostanze tranne l’alcool e neanche troppo, se ballo fino a mattina di solito ballo reggae, e non me ne frega assolutamente niente di ballare per tre giorni di fila. E sì, io vivo la sensazione di libertà nella musica esattamente per come è. Per me la musica fa tutto. Detto questo però non mi sentirò mai e poi mai nella posizione di giudicare cosa fanno gli altri. Non so in che città vivete voi, ma a me pare che Berlino sia decisamente una città in cui si può trovare di tutto e moltissimi vengono qui a divertirsi proprio per questo. Se parlo di droghe, ne parlo perché nella storia di questa ragazza lei ha assunto sostanze, sapendolo o no. Detto questo la questione non è prendere o non prendere sostanze (e io a riguardo penso che l’unica cosa da fare è sapere bene cosa si prende, come la si prende e che cos’è – per questo parlo di riduzione del danno), la questione è che subire violenza può succedere ovunque e in qualsiasi condizioni. O no? Quello che dico è che non accetto come sufficiente un monito all’attenzione per affrontare la questione, come nell’articolo di Cacio e Pepe. Se vogliamo affrontare la questione, e io l’ho voluta affrontare e voglio che si affronti, bisogna evitare secondo me assolutamente il piano del giudizio, della colpa e della vergogna. Non si dimentica, non si perdona, non si giustifica e non accetterò mai che si dica “eh ma era sotto sostanze..” assolutamente non importa in che condizioni avviene lo stupro. E’ uno stupro e va trattato come tale. Forse ho scritto male e non si capisce bene il focus dell’articolo, e il titolo può essere fuorviante.. spero che con i chiarimenti qui sotto si capisca meglio.
Possiamo aggiungere due altri link utili
http://www.frauennotruf.de/
https://www.frauen-gegen-gewalt.de/nachricht/items/bundesweites-hilfetelefon-gewalt-gegen-frauen-nimmt-arbeit-auf.html
Bell’articolo berta!! complimenti.
Leggendo l’articolo ed anche le repliche, anche se subliminare, si denota una forma di accondiscendenza verso scelte purchè consapevoli di vite alternative con “aiuti esterni”. Si certo, purché si sappa bene di che si tratta e relativi effetti. Occorre stare attenti all’uso della penna perchè il tempo dei figli dei fiori e la libertà del proprio corpo ha distrutto tante generazionì di idealisti e tanti aneliti di vita. Ben vengano tutte le iniziative di chi scrive per evitare il contatto con i “mostri”
“mi sento libera di divertirmi come preferisco, vestita come voglio e al ritmo che scelgo.”
Sembrano le parole di una bambina viziata.