PANEM ET CIRCENSES – Fame di Champions
Era martedì 3 aprile del 2012, berlinesi da poche settimane e alle prese con tutte le questioni di ambientamento connesse ai primi passi in “terra nuova”.
Avevamo appena firmato il contratto di casa ma la contingenza del momento non era l’Anmeldung ma piuttosto trovare un posto dove vedere Barcellona – Milan, ritorno dei quarti di finale di Champions League. Il mio compare di ricerca (e di tifo), il Direttore Bassan, anch’egli neoberlinese alle prese con il lancio del giornale, aveva già avuto modo di rivelarsi un tipo tosto, ben più di quanto lasciasse presagire il candido e pesante maglione di lana a treccia dentro il quale era immerso quando l’avevo conosciuto qualche settimana prima. Oggi il Dir. è ancor più tosto e Milan e Barcellona si rincontrano di nuovo, in una partita che si preannuncia (per i rossoneri) anch’essa ben più tosta di quella di quasi un anno fa.
Quel giorno una rapida, superficiale (data l’impellenza) e infausta ricerca on-line ci condusse in un Bistrò di fianco al KaDeWe. Abitavamo entrambi da quelle parti per cui ci sembrò comodo, un paio di fermate di U1/U2 fino a Wittenberg Platz e il gioco era fatto.
Andai a prenotare verso mezzogiorno e, anche se parlai con il gestore italiano, non fu affatto semplice intendersi, soprattutto perché ogni volta che lui metteva un post-it con il mio nome su un tavolo appariva, dal nulla, la sua solerte dipendente tedesca (polacca?) e gli urlava in faccia che il tavolo in questione era già prenotato. Questa scenetta, ripetutasi cinque o sei volte, si concluse con il benestare della cameriera-poliziotto e la concessione di un piccolo tavolino nell’angolo sinistro in fondo alla sala.
Quando alle otto ci presentammo il tavolo non era, ovviamente, quello.
Ci accomodammo (benché la nostra sistemazione non avesse nulla di comodo) nell’angolo opposto della sala, mentre la cameriera ci guardava in cagnesco, non so se per la discussione del mattino con il titolare o per ragioni sue che ho l’impressione comprendessero il fatto stesso della nostra presenza in quanto spettatori calcistici.
Durante la serata scoprimmo che le sue ragioni erano esattamente quelle; d’altra parte, vista la clientela che affollava, anzi, sovraffollava la sala – in modo più simile a come i maiali si accalcano attorno al trogolo che a come un consesso di gentiluomini british si riuniscono per il tè – non aveva tutti i torti.
In mezzo alla calca urlante, io e il Dir. cercavamo di concentrarci sulla partita e infondere forza (e tanto, tanto culo) ai nostri beniamini, ma probabilmente le continue intromissioni del nostro vicino di sedia crearono delle interferenze sul canale telepatico instaurato faticosamente a suon di birre tra noi, Ibra, Boa e compagni, i quali, difatti, non ci sentirono affatto.
Il nostro nuovo amico non faceva altro che ripetere in continuazione che aveva perso 20 euro scommettendo sul pareggio della Juve in non so quale dannata partita ma se avesse perso la lingua sarebbe stato senz’altro meno doloroso, per noi e, presumo, anche per lui, visto come ci teneva a quei maledetti 20 euro.
Fummo costretti a ordinare anche da mangiare: forse troppo presi dalla partita, forse distratti dallo scommettitore ridondante o forse intimoriti dallo sguardo dell’affabile cameriera ordinammo pizza. Gesù.
Gesù è l’unico commento che posso fare e lo estenderò all’intera serata.
“Scommettiamo Che” si batté il petto tutta la sera per la sua perdita, cosa che stimolò il suo esofago visto che il suo insopportabile tappeto sonoro era rotto solo da rutti alla Lemonsoda; il Barcellona batté il Milan per 3 a 1 (con ben due rigori “generosi” a favore); i nostri stomaci si batterono valorosamente contro la pizza venuta dallo spazio.
Erano i primi giorni berlinesi, la serata fu un tracollo, ma la squadra (noi) era affiatata.
Avremmo trovato posti migliori dove soffrire dietro ad un pallone invece che dietro ad una pizza.
E stasera…?!
Magister_L