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Ma Willy Brandt si merita questo aeroporto?

Willy Brandt con John F. Kennedy nel 1961
Willy Brandt con John F. Kennedy nel 1961

di Valerio Bassan

Willy Brandt, a Berlino, è una vera e propria istituzione. Il suo curriculum parla da sé: sindaco dell’Ovest dal 1957 al 1966, ministro degli esteri e vice-cancelliere dal 1966 al 1969 e Cancelliere della Repubblica Federale dal 21 ottobre 1969 al 6 maggio 1974, Brandt ha raggiunto l’apice della sua celebrità il 10 dicembre 1971, quando gli venne conferito il premio Nobel per la pace.

La sua figura incarna tutti i valori più alti della Germania del novecento: di umili origini, crebbe in una situazione familiare difficile – il padre abbandonò la madre prima della sua nascita – e si oppose strenuamente al nazionalsocialismo (prima da Oslo, dove abbandonò il vecchio nome Herbert Ernst Karl Frahm per assumere quello con cui lo conosciamo oggi, poi in patria, dove fu imprigionato).

Il tutto, conservando una dignità ed uno stile ineccepibili: guardare per credere questa divertente intervista d’epoca in cui, da consumato attore della politica, risponde soltanto “sì” e “no” alle domande di un cronista.

Si dimise da Cancelliere nel 1974, in seguito ad uno scandalo spionistico che coinvolse un suo collaboratore. Anche quella fu una scelta tutt’altro che scontata, che all’epoca colse di sorpresa la stampa nazionale. Il suo mito continuò a vivere, così come il suo impegno politico, anche nell’Internazionale Socialista, che guidò fino al ’92, l’anno della sua morte.

Una figura di assoluto valore morale, discussa – come tutti i grandi statisti – ma ineccepibile nel suo servigio politico. Al punto che qualcuno sta iniziando a chiedersi se sia davvero stata un’intuizione felice quella di intitolargli il nuovo aeroporto di Berlino. Scandali, sprechi, rinvii, ritardi: che cosa c’entra tutto questo con Willy Brandt?

Il fondatore della Ostpolitik fu una figura chiave nel mantenimento della pace e nell’alleggerimento della tensione con la DDR. La fama internazionale di Brandt crebbe nel 1970 quando, in visita a Varsavia, decise di rendere omaggio al monumento in memoria della distruzione del ghetto della capitale della Polonia in ginocchio, rompendo ogni protocollo.

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Ora, il suo faccione potrebbe rimanere invischiato in uno dei passi falsi più clamorosi della storia recente della Germania: la costruzione del nuovo aeroporto di Berlino, appunto. Sarebbe giusto? La provocazione, nata dalle pagine del Tagesspiegel, potrebbe davvero trasformarsi in dibattito nelle prossime settimane. Perché con Brandt, tutto questo, difficilmente sarebbe successo.

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