Maurizio Rocca, un sardo-berlinese col rockabilly nell’anima

di Raffaella Enis

Maurizio Rocca, sardo di origini e da tre anni berlinese d’adozione, a maggio 2012 ha debuttato col suo nuovo gruppo Rocca & The Swampfires, realizzando uno dei sogni che aveva fin da bambino, quello di riportare in vita il Rockabilly degli anni ’50. Intervistato dal Sardisches Kulturzentrum Berlin, Maurizio racconta come è nata questa idea: “Questo nuovo progetto fa parte dei piani che avevo da quando ho deciso di vivere a Berlino. Il primo  disco  che ho avuto era di Elvis Presley e avevo solo undici anni. Poi ovviamente per un sacco di motivi sono finito a fare altro. Nella mia vita musicale ho fatto tante cose diverse: l’esperienza con i Pneumatica, ho fatto elettronica, poi ho fatto rock. Nel 2009 sono venuto a Berlino, dove ho resettato la mia vita e sono andato a riprendere le cose che avrei voluto fare e che per tante ragioni non ho potuto fare, è stata  comunque una cosa molto ponderata nel tempo. L’idea di andare via dalla Sardegna l’ho sempre avuta, e quando ho terminato i progetti che avevo iniziato lì, ho deciso di partire”.

Dopo aver aperto il Caffè degli Artisti nella Fidicinstrasse a Kreuzberg, locale che organizza vari eventi culturali, ospitando diversi artisti, mostre e musica dal vivo, Maurizio decide di aprire quel famoso cassetto nel quale ci sono tutte quelle cose che avrebbe voluto fare e che non aveva mai fatto: “Berlino mi ha fatto ritornare indietro di molti anni. Ho resettato la mia vita, ma a quarant’anni hai più razionalità e freddezza nel pianificare, e così sono andato a ripescare quello che ho amato per primo: il  Rockabilly è una delle prime forme di Rock & Roll ed è andato di moda per un periodo abbastanza breve. Sicuramente in quegli anni non esisteva il concetto di copyright. All’epoca il più figo era quello che prendeva una melodia o una canzone e la cantava meglio. Elvis è arrivato al successo grazie a una canzone di Carl Perkins: Blue suede shoes . Allora non esisteva il concetto di canzone inteso come una sorta di proprietà, il diritto d’autore è qualcosa di moderno. Il Rockabilly è influenzato anche dall’Hillibily, dal Country, canzoni tradizionali che non sono riconducibili a qualcuno, ma sono melodie che vengono riutilizzate. Io non voglio etichettare la nostra band con un genere. Ci piace capire come scrivevano, interpretavano e suonavano i pezzi negli anni ’50. Siamo in qualche modo influenzati anche dai Teddy Boy degli anni ‘60, dagli Stray Cats degli anni ‘80, padri del Neorockabilly. Noi ci ispiriamo a tutto quello che termina in –billy”.

I suoni dei Rocca & The Swampfires ci riportano indietro negli anni, facendoci sentire la nostalgia di tempi che non abbiamo  vissuto, ma possiedono un ritmo selvaggio, primitivo, che suona familiare, quello che ha ispirato il rock e la musica moderna. Ripropongono vecchie canzoni americane, quelle più sconosciute, come facevano i The Cramps negli anni ‘80:  “Un gruppo americano che ha riportato alla luce le canzoni Rockabilly anni ‘50 più sommerse, e a tinte scure. Loro sono stati definiti voodoobilly. Mi piaceva lo spirito, ossia prendere le canzoni più cupe degli anni ’50 e riproporle”.

La formazione del gruppo è costituita per due terzi da musicisti italo-sardi e da una componente femminile di origini austriache: “Il primo che ho conosciuto è stato il batterista Alessandro Piretti, lui è di Bologna, ma ha la mamma sarda. E’ stato difficile trovare gli altri componenti. Tutti quelli che trovavamo erano fuori dall’ambiente Rockabilly, abbiamo avuto un ragazzo della Repubblica Ceca, un ungherese, una chitarrista italiana, un altro del North Carolina. Adesso suoniamo con Luigi Zoccheddu e Lisa Key. Luigi suonava nel circuito sardo del Garage. Lisa è un talento naturale, lei era al di fuori della scena Rockabilly berlinese, perché è austriaca, suona lo strumento da soli due anni, ma è un talento naturale”.

Il business musicale ci ha abituati a credere che per fare musica si debbano per forza fare dischi, questo non è però il caso dei Rocca & The Swampfires: “Noi non facciamo dischi, proprio come negli anni ’50 quando non si facevano dischi. Il concetto di disco è un concetto più recente, mentre negli anni ’50 si facevano dei singoli, la musica a quei tempi non era un business. Nel nostro repertorio ci sono molte canzoni di persone sconosciute. Il nostro primo singolo si chiamerà A burning coal, è una canzone comparsa in una compilation degli anni ‘90 di una bobbina trovata in uno studio di una persona che non è mai andata a ritirarla, noi vogliamo dare vita a queste cose sommerse e sconosciute. Allo stesso modo vogliamo riproporre i 45 giri in vinile, in pieno stile anni ‘50, con delle belle copertine, per farli diventare dei veri e propri oggetti da collezione”.

Parallelamente alle attività legate alla musica, Maurizio Rocca insieme a Pitzente Bianco conduce un programma radiofonico che parla di Sardegna, ma in maniera nuova, senza i classici stereotipi folcloristici e turistici: “Io amo la Sardegna, sono un’idealista e penso sempre che le cose che non vanno bene possano cambiare. Mi viene in mente l’autobiografia di Johnny Rotten, il cantante dei Sex Pistols, anche lui viene da un’isola, dall’Irlanda. Racconta che ogni volta che tornava a casa, davanti alla sua casa c’era un albero, legato a quest’albero c’era sempre un asino. C’era un asino quando aveva tre anni, c’era un asino quando ne aveva venti e c’era un asino quando ne aveva sessanta, non era sempre lo stesso asino, perché ovviamente gli asini non vivono così a lungo, erano tanti asini diversi. Il discorso è che gli asini venivano legati sempre allo stesso albero e sembrava che non cambiasse mai niente. Bogheboxi è nata con l’idea di cambiare le cose, unisce la politica e la musica. Mette in risalto la politica e la non politica sarda. Bogheboxi parla di musica e di attualità. Andiamo a cercare i gruppi che non hanno contratto, che hanno fatto solo registrazioni, più sconosciuti. É un po’ anche quello che faccio io con i Rocca & The Swampfires”.