La fotografia artistica ai tempi della DDR
di Andrea Ongaro
Vent’anni dopo la caduta del muro la Berlinische Galerie dedica una mostra approfondita alla fotografia d’autore nella ex Germania dell’Est. Una mostra ampia e ben realizzata, in cui i temi e il linguaggio figurativo di quattro decenni vengono riassunti e chiariti per aprire uno squarcio su un mondo di cui non sappiamo abbastanza.
La retrospettiva Geschlossene Gesellschaft – Künstlerische Fotografie in der DDR 1945-1989 s’inserisce in un dibattito sulla fotografia iniziato in questi ultimi anni e che conta su molti contributi espositivi e alcune pubblicazioni. Questo interesse attorno alla fotografia nella DDR ha favorito la ricerca sulle immagini e i loro protagonisti, sulle condizioni politico-culturali e sulle tecniche fotografiche utilizzate, permettendo lo studio e il riconoscimento delle linee e delle correnti principali. L’obiettivo della mostra alla Berlinische Galerie è quello di offrire un colpo d’occhio generale, sicuramente non esaustivo, sul linguaggio artistico e sugli aspetti specifici che hanno caratterizzato quarant’anni di fotografia nella Germania socialista.
Ciò che rende la mostra enormemente affascinante è che ci dice molto della vita di tutti i giorni nella DDR, sebbene si concentri più specificatamente sul medium fotografico, rendendo più leggibile una realtà che ancora ci sfugge. In particolare è il primo capitolo dell’esposizione, dedicato al filone della fotografia socialmente impegnata, a trascinarci nell’atmosfera dell’allora stato socialista e a permetterci di buttare un occhio indiscreto al di là della cortina di ferro.
La mostra si apre in realtà con un prologo composto di due serie fotografiche di Richard Peter sen e Karl-Heinz Mai, che forniscono un’impressione immediata delle condizioni in cui versava la Germania dopo la guerra, dalla fine del Terzo Reich nel 1945 alla nascita della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949.
Altri due capitoli ci mostrano come le generazioni successive di fotografi cercassero nuove forme espressive riallacciandosi agli anni ’20 del Novecento e come invece negli anni ’80 si sia verificata una vera e propria rottura nello stile fotografico legato a una maggiore consapevolezza del mezzo e a una totale disillusione nei confronti dell’ordine sociale vigente.
Tra i fotografi presenti nell’esposizione è possibile trovare un nome noto della scena berlinese, ma non di quella fotografica, bensì di quella dei club notturni. In fatti una serie di fotografie porta la firma di Sven Marquardt, il celebre Türsteher del Berghain. Quella che può apparire come una semplice curiosità, ci dà modo di riflettere su come un passato apparentemente mitico e lontano sia invece molto presente e tangibile, riavvicinandoci drasticamente al senso della storia.
Geschlossene Gesellschaft – Künstlerische Fotografie in der DDR 1945-1989, fino al 28 gennaio prossimo, non solo ci offre uno spunto appassionante per capire un po’ meglio un mondo che non esiste più, ma ci dà la possibilità di afferrare in modo più approfondito il luogo in cui viviamo ora, Berlino.
Per maggiori info:
Geschlossene Gesellschaft – Künstlerische Fotografie in der DDR 1945-1989
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