Sai di essere un berlinese D.O.C. se…

di Adam Fletcher*

(pubblicato originariamente sul blog Überlin.co.uk*. Tradotto liberamente dalla redazione de Il Mitte e pubblicato con il permesso di Überlin.co.uk)

Lasciatemelo dire: l’ego di Berlino è già abbastanza grande. É come quando  in una commedia romantica la ragazza stupida e nerd si scioglie i capelli, si toglie gli occhiali e tutti contemporaneamente esclamano: “Berlin, ma quanto sei bella!”. Quando abbiamo scoperto che questa città era anche economica, ecco, quella è stata la vera ciliegina sulla torta. Come conseguenza di quella scoperta, molti di noi si sono precipitati qui, ed hanno provato a costruirsi una vita, il che rende il concetto di “berlinese vero” complicato da interpretare, in una città che si reinventa rapidamente come questa.

Detto questo, ho fatto il possibile per elencare gli undici segni inequivocabili del vero berlinese. Spero che la maggior parte di noi, nonostante i nostri background completamente differenti, possa trovarsi d’accordo con quanto segue.

Sai di essere un berlinese D.O.C. se…

1. …hai solo due stati d’animo, invernale (triste) ed estivo (felice).

Analizzare l’intero spettro delle emozioni umane è un’impresa ardua. Cercare di capire come stai veramente è anche un bello spreco di tempo. I Berlinesi DOC hanno semplificato tutta questa complessità emozionale riducendola a due basilari stati d’animo – felice e triste. La tristezza arriva durante il lungo ed orribile inverno berlinese, durante il quale tutti ci chiediamo “Ma perché diavolo siamo venuti qui?”. La felicità arriva durante l’estate, quando tutto è fantastico.

2. …hai visitato un appartamento con altre sessanta persone.

Conosco qualcuno che è arrivato a Berlino sette anni fa. Rideva, mentre mi raccontava quanto fosse facile, a quel tempo, ottenere un appartamento a Neukölln. Andavi dall’agente immobiliare che ti dava un mazzo di chiavi ed una cartina, poi andavi a farti un giro nell’appartamento. Potevi anche provare a dormirci per una notte, in modo da controllare i vicini, il livello del rumore e tutto il resto. Quando sono arrivato a Berlino con la mia ragazza, all’incirca tre anni fa, era già un caos.

Non abbiamo mai visitato un appartamento da soli, raramente c’erano meno di 40 persone. Ognuno di loro recava con sé una cartelletta con la scritta “Per favore, scegli me”; all’interno c’erano il saldo bancario, le referenze, il contratto di assunzione, alcune lettere di raccomandazione, un tema scolastico di quando avevano sette anni in cui raccontavano le loro bellissime vacanze estive – in pratica, qualsiasi straccio di cosa che pensavano potesse essergli d’aiuto. Noi non abbiamo mai visto davvero gli appartamenti: abbiamo salito di corsa le scale,  sfondato la porta di ingresso, ci siamo diretti verso l’agente con tutta la determinazione possibile, abbiamo messo in campo tutto il nostro fascino, spiegato quanto adorassimo quella casa, raccontato un paio di barzellette, tentando di renderci indimenticabili, gli abbiamo consegnato il nostro faldone e dopo avergli stretto la mano ce ne siamo andati. Verso l’appartamento successivo. Sempre di corsa.

Abbiamo visitato più di trenta appartamenti, detto “sì” a venticinque, alla fine ce ne è stato offerto uno. E l’abbiamo accettato. Penso che non l’avessimo nemmeno visto. infatti, quando ci siamo entrati, ero convinto ci avessero dato quello sbagliato. Oggi, tre anni più tardi, non riesco nemmeno ad immaginare quanto la caccia agli appartamenti sia diventata spietata. Immagino che ti diano semplicemente un pezzo di carta con la sagoma di un corpo umano, e tu gli indichi quali organi daresti in cambio di uno Zweiraumwohnung situato da qualche parte nel nulla, al di là del ring.

3. …hai ballato in una stazione dell’U-Bahn.

Non ho mai capito le persone che fanno sesso nei bagni. Capisco che siano alla ricerca di un po’ di privacy. O almeno hanno una porta, anche se essa non sempre porti al pavimento. Sì, lo so, sto dimostrando tutta la mia età. Ma quello è un posto che le persone usano per defecare e per appiccicare gli adesivi promozionali della loro startup. Dovete pur avercelo un letto, da qualche parte. Usatelo.

Simili dubbi mi assalgono quando scendo dalla U1 a Schlesi, rincasando di notte nei fine settimana, e mi ritrovo catapultato in una “discoteca improvvisata” davanti alle uscite della stazione. Cazzo, ci sono già posti dedicati allo scopo. Hanno banconi bar, piste da ballo, luci stroboscopiche, bagni (dove potete anche fare sesso). Non so, forse sono solo diventato soltanto troppo “tedesco” durante gli anni… ma vorrei suggerire umilmente che tutto venisse usato nel modo per cui è stato originariamente concepito. Oberbaumbrücke incluso. Vergogna, Oberbaumbrücke! Ti preferivo quando eri solo un ponte, mentre ora ti sei trasformato nel Buskerhain, il quartiere dei musicisti di strada.

4. …ti sei lamentato del continuo sciame di stranieri che arriva nella “tua” città.

Vi ricordate quando Michael J. Fox, in “Ritorno al futuro”, rischiava, modificando gli avvenimenti del passato, di causare un collasso del continuum spazio-temporale? E vi ricordate quella specia di “lezione morale” sulla fragile interconnessione esistente tra tutte le cose? Ecco. Sappiate che, ogni qual volta siete fuori dal vostro bar preferito e, arrabbiati perché non siete riusciti a trovare una sedia libera, vi lamentate di tutti quei nuovi “berlinesi” che arrivano di giorno in giorno rovinando il vostro Kiez preferito, giusto due anni fa, probabilmente nello stesso identico punto, qualcun altro stava lì, esattamente dove siete voi, facendo quello che voi state facendo adesso, e che altri due anni prima c’era qualcun altro, eccetera eccetera. Questo meccanismo si ripete identico fino a quando la prima scimmia scese dagli alberi e cominciò a camminare su due zampe, e poi venne copiata – con grande suo disappunto – dalle altre scimmie. Anche per lei tutto era molto meglio ai “bei vecchi tempi”, quando era l’unica scimmia a camminare eretta. Quella stessa scimmia, probabilmente, ha preso una bomboletta in mano e cominciato a scrivere SchwabenApe Ras su tutti i muri.

5. …ti sei “perso” irrimediabilmente.

Non intendo in senso geografico. Quello è inevitabile. Intendo perso tra la gente e le possibilità che questa città ti offre. Berlino ti mette a disposizione un elenco scintillante di modi diversi in cui spendere il tuo tempo. Se un mercoledì sera decidi che hai voglia di praticare un massaggio Reiki su uno gnomo, beh, sappi che probabilmente troverai un meetup anche per quello.

Le notti berlinesi cominciano attorno alle 23: esci dalla porta di casa con aria innocente, giusto per farti un giro a vedere che cosa succede, poi ti imbatti in un gruppo di ragazze in un Hof, quindi decidi di unirti a loro per andare a trovare quest’altro tizio, il quale a sua volta ha sentito che un ragazzo conosciuto giocando al parco ha organizzato un party. E così via, passo dopo passo… e prima che te ne accorga, sono le 4.30 del mattino del martedì successivo e ti ritrovi in un locale senza nome, con addosso i pantaloni di qualcun’altro, ballando insieme a persone che hai appena incontrato, e le ami in modo fraterno, anche se non sai come si chiamano, e ti compiaci soddisfatto della serendipità della vita, o – almeno – di quella che offre Berlino.

6. …hai ascoltato un gruppo di persone di nazioni differenti cercare di conversare in una lingua diversa dalla loro.

Per quanto mi riguarda, la ragione più convincente per vivere in una città è l’attrito culturale. Le città ti costringono ad uscire dalla tua “zona di comfort”. I piccoli paesi, invece, sono un terreno molto fertile per l’ignoranza ed il pregiudizio, perché non ti costringono a confrontarti ogni giorno – in metropolitana, al parco, allo stesso tavolino di un caffè affollato – con persone diverse da te. I piccoli paesi non ti costringono a rendenti conto di quanto, alla fine, siamo tutti incredibilmente simili l’uno all’altro.

In una città come Berlino, per contro, c’è una frizione costante tra culture differenti che si incontrano e provano – con più o meno successo – a trovare dei modi per vivere insieme. É una cosa che ti mantiene giovane e di mentalità aperta. Così, alcuni dei miei ricordi migliori berlinesi sono alcune conversazioni di gruppo in cui uno spagnolo, uno svedese, un tedesco e un italiano cercano tutti insieme di sostenere una conversazione in inglese, facendolo meravigliosamente a pezzi, ma in un modo incredibilmente creativo.

7. …odi lo Zollamt, l’Ufficio Doganale.

Come regola generale, se contiene la parola “Amt”, probabilmente non è divertente andarci (Burgeramt escluso). Ma lo Zollamt è il peggiore. Si tratta di un edificio gigante di Babbi Natale ritorti, sadici e perversi che invece di donare giocattoli, li rubano tutti e ti obbligano ad andare fino a Schöneberg per prendere un numero, attendere un’ora e implorare, supplicare, piangere e infine danzare come un orso russo fino a quando sembri così patetico che hanno pietà di te e alla fine ti permettono di avere il nuovo vinile che hai ordinato dagli Stati Uniti, tassandolo però il doppio di quanto l’hai effettivamente pagato. Presumibilmente, poi, al termine di una dura giornata lavorativa trascorsa irritando chiunque, se ne vanno a casa e fanno altre cose cattive, come lasciare la tavoletta del water alzata o i loro calzini sporchi sul pavimento del bagno. Non lo so con precisione, si tratta solo di un’ipotesi. Ma niente mi sorprenderebbe.

8. …hai ridefinito le tue aspettative di servizio al cliente.

Ok, i berlinesi non sono certo famosi per essere amorevoli e teneri come dei piccoli coniglietti. Ma il luogo in cui mostrano il peggio di loro stessi è quando devono servire un cliente. Lo chiamano anche “Berliner Schnauze”. In questa città, quello di customer service è un concetto astratto, smarrito tra i “suggerimenti dei cittadini” nella cassetta delle lettere di un “Amt” qualsiasi. Non è che la gente sia ostile di natura: si sforzano per diventarlo. Il disinteresse da parte loro è totale. A volte, mentre nel seminterrato di un bar alla moda un tatuatissimo barista fa di tutto per ignorarmi completamente, mi dò un pizzicotto, giusto per controllare di non essere diventato invisibile.

9. …assisti almeno una volta al giorno ad un atto di follia.

Tutti noi abbiamo una voce interiore che ci tiene compagnia nelle ore di solitudine. Alla mia piace distrarmi gridando cose come “ammazza l’asino” o “vota Pedro”, proprio mentre sto cercando di concentrarmi su compiti importanti come mangiare del cioccolato… o uccidere un asino.

La voce interiore è dove i nostri pensieri si manifestano per primi. Pensate al cervello come ad una grande catena di montaggio, lungo la quale viaggiano le nostre idee. Alla fine, vi è un meccanismo di filtraggio, che immagino essere una grande palla gigante chiodata ed attaccata ad una catena, nota anche come “salute mentale”. Questa oscilla avanti e indietro, frantumando completamente tutti i nostri pensieri stupidi, prima che possano arrivare in zone pericolose. Le idee migliori schivano il frantoio ed escono fuori dalle nostre bocche.

Ma se camminate per le belle vie di Berlino, cosparse di graffiti, vedrete che c’è una bella fetta di popolazione che non possiede quella gigante palla chiodata. Da loro puoi aspettarti qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Li riconosci facilmente; sono quelli vestiti da pirati flourescenti e trasandati che vagano borbottando tra sé e sé. A volte, il borbottio si trasforma in urla di sciocchezze senza senso. Berlino ha superato la sua soglia limite di pazzi.

10. …non riesci a trovare un lavoro.

Conosco diverse persone che hanno messo la loro vecchia vita in valigia, si sono trasferite a Berlino, non hanno trovato un lavoro e sono state costrette nuovamente a rifare la valigia e spostarsi da qualche altra parte. Gente, non c’è lavoro qui! Non trasferitevi a Berlino, a meno che non disponiate già di un modo per mantenervi. Certo, rispetto ad altre città avrete bisogno di molto meno denaro: 1.000 euro al mese sono sufficienti per vivere degnamente. Quindi, lavorate online. Fate i freelance. Fondate una start-up. Prendetevi un anno sabbatico e scrivete quel libro. Fate “progetti”. Ma ricordate che QUI NON CI SONO POSTI DI LAVORO. Non posti di lavoro reali, almeno. Sapppiatelo fin d’ora, così nessuno avrà il diritto di sentirsi infastidito più tardi, quando lo scoprirà. Questa è una delle ragioni per cui è vivere qui costa poco. Se Berlino avesse le industrie, sarebbe Monaco di Baviera. Ma davvero volete che ciò accada?

11. …hai Berlinergasms regolari.

Non conosco la parola giusta per definire quella sensazione, quindi ne ho coniata una: “Berlinergasm”. Ero sul tram di recente e ho sentito un ragazzo inglese rivolgersi ai suoi due amici e dire ad alta voce “Amo fottutamente vivere a Berlino. La amo. É tutto così fottutamente meraviglioso”. Il ragazzo, che compensava la scarsa eloquenza con l’entusiasmo, stava avendo un Berlinergasm.

Il motivo per cui noi esseri umani abbiamo costruito città era la stessa ragione per cui abbiamo costruito cittadine, ed era la stessa ragione per cui abbiamo sviluppato avamposti, che era la stessa ragione per cui abbiamo sviluppato qualcosa di un po’ più piccolo degli avamposti, ma che ora sono troppo pigro per ricercare. Gli esseri umani sono migliori quando mettono in comune le proprie risorse. Tutto diventa più economico quando è condiviso. Le città dovrebbero renderci la vita più facile, non più difficile. E Berlino lo fa molto bene (almeno quando hai un appartamento).

In primo luogo, non è eccessivamente popolata ed ha incredibili mezzi pubblici che raramente si bloccano. A causa della sua storia unica come città divisa, direi che Mitte ha un’importanza di gran lunga inferiore a quella della maggior parte dei quartieri centrali di altre città (Londra, parlo con te). Così le maggiori vie del centro non si intasano di persone, come succede in altre metropoli. Berlino è più simile a sei o sette città diverse interconnesse. Puoi andare in bicicletta ovunque senza paura di morire! Un lusso assoluto, in una grande capitale europea.

Così vivrai qui, e per dirla con quel ragazzo inglese, “la amerai fottutamente”. Sarai più felice di quanto si possa essere nella noiosa, piccola, soffocante città da dove sei venuto. A volte quella felicità sarà difficile da contenere e avrà una sorta di piena, in un’onda di euforia temporanea di ringraziamenti; “grazie” per essere sfuggito da quella città, “grazie” perché a Berlino sei libero di reinventare te stesso come hai sempre voluto essere, semplicemente “grazie” per essere venuto a vivere qui. Berlinergasms.

** Überlin è un interessante blog aperto da due expath londinesi a Berlino: la fotografa Zoë Noble e lo scrittore James Glaszebrook. Potete seguire le loro avventure all’indirizzo uberlin.co.uk e sul loro profilo ufficiale su Twitter.

* Adam Fletcher, l’autore di questo post, ha pubblicato il libro di racconti A Picnic for Perverts ed è l’ideatore del progetto Berlin Bingo. Questo il suo profilo Twitter.

5 COMMENTS

  1. concordo con alessandro,
    queste sono le cose che succedono a uno straniero(tendenzialmente festaiolo o erasmus) che arriva in citta i primi mesi…e si crede di essere berlinese girovagando per kreuzkoelln.articolo qualunquista.

  2. Il vero berlinese doc si riconosce perché di certo non si lamenta della “Berliner Schnauze” ma apprezza che il servizio ai clienti è migliorato molto negli ultimi 20 anni.

    Il vero berlinese doc si riconosce perché festeggia Natale a Berlino con la famiglia.

    Il vero berlinese doc si riconosce perché dopo 23 anni e nonostante che era ancora un ragazzino quando cadeva il muro, lui ha ancora presente il confine ogni volta che lo passa.

  3. Io dico che l’articolo centra il punto…tutto vero, soprattutto riguardo la mancanza di lavoro e quel modo di fare snervante verso il cliente. Il Berlinergasm forse lo puoi avere i primi mesi/primo anno, poi ciao verso mete più “umane”.
    Non riesco a capire cosa piaccia così tanto di questa città. O forse solamente…de gustibus.

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