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STRA-KINO – M – Il mostro di Düsseldorf , 1931

Scappa, scappa monellaccio
sennò viene l’uomo nero col suo lungo coltellaccio
per tagliare a pezzettini proprio TE!

M – Il mostro di Düsseldorf, film del 1931 è il primo esperimento sonoro di Fritz Lang; tentativo ben riuscito visti gli apprezzamenti che ha raccolto sin dalla prima uscita del film e in seguito.

Il Mereghetti ha detto di lui: “Al suo primo film parlato, Lang continua a impiegare con maestria le metafore visive e le immagini evocative che avevano fatto grande il muto, e insieme si vale in modo assai moderno delle risorse del sonoro”.

LA TRAMA

Nei vicoli di una città imperversa la paura di un assassino/pedofilo che, in poco tempo, ha già ucciso otto bambine. Tutti si mettono alla ricerca del soprannominato “mostro di Düsseldorf”.

Le prime scene ci mostrano come i bambini siano, in realtà, immuni a qualunque paura possa dilagare intorno a loro. Questo perché non si rendono conto, effettivamente, della gravità della situazione. La bambina che in cerchio canta la filastrocca “scappa, scappa…” è un chiaro segno di come sia totalmente estranea ai fatti, come se tutto potesse alla fine perdersi in un gioco.
Nel frattempo, l’assassino sta per compiere la sua mossa e mentre una bambina gioca con la palla, incontriamo il volto di M per la prima volta. Non lo vediamo in viso ma la sua ombra e il motivetto fischiettato (il tema del IV movimento della suite Peer Gynt op. 46 di Edvard Grieg), che in seguito diventerà oggetto di riconoscimento, fa sì che l’atmosfera diventi cupa. Guardiamo il piatto vuoto, una palla che rotola e il palloncino incastrato tra i fili.
Un’altra vittima.

Scorrono le immagini dei personaggi attorno al tavolo, intenti a leggere la notizia straordinaria e come un lapsus, ci ricorda una scena tratta dal film “Freaks” di Tod Browning. Se da una parte, non conoscendo il colpevole, si è consapevoli che potrebbe essere “chiunque tra noi” e il sospetto cresce, dall’altra, con Freaks, la persona estranea e sospettosa è ammessa nella comunità: “la accettiamo è una di noi”.
Finalmente l’assassino si presenta al pubblico, ma solo come riflessi di uno specchio che lo vede cambiare espressione attraverso una smorfia, mentre le indagini continuano.

Ci si accusa a vicenda, nel buio più totale di qualche informazione che possa far trovare il vero assassino e contemporaneamente le retate nei quartieri della malavita continuano, tanto da far diventare le organizzazioni criminali una sorta di polizia organizzata intenta a cercare quel mostro che ostacola la loro attività.

“Bisogna eliminare il mostro senza indugio e senza pietà”.

E poi, il marchio.

« Quando cammino per le strade ho sempre la sensazione che qualcuno mi stia seguendo, ma sono invece io che inseguo me stesso. Silenzioso, ma io lo sento. Spesso ho l’impressione di correre dietro a me stesso. Allora voglio scappare, scappare, ma non posso fuggire! Devo uscire ed essere inseguito. Devo correre, correre per strade senza fine. Voglio andare via, ma con me corrono i fantasmi di madri, di bambini. Non mi lasciano un momento, sono sempre là, sempre, sempre. Soltanto quando uccido, solo allora… E poi non mi ricordo più nulla. Dopo, dopo mi trovo dinanzi a un manifesto e leggo quello che ho fatto. E leggo, leggo. Io ho fatto questo? Ma se non ricordo più nulla! Ma chi potrà mai credermi? Chi può sapere come sono fatto dentro? Che cos’è che sento urlare dentro al mio cervello? E come uccido: non voglio! Devo! Non voglio! Devo! E poi sento urlare una voce, ed io non la posso sentire! ».

Da segnalare la bravura dell’attore Peter Lorre nei panni dell’assassino, Hans Beckert.

Il film uscì nelle sale con soli trent’anni di ritardo.

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