Trovare lavoro in Germania: i miti da sfatare
(Pubblicato originariamente sul blog Cento giorni a Francoforte)
Questo sarà un post un po’ brutale, cattivo, e ammazzasogni. È un post che nasce dalla mia breve esperienza tra il prima (di “espatriare”) il durante (l’espatrio), e il dopo (essere tornata). Sottolineo breve e sottolineo che è la mia visione delle cose in base alla mia esperienza.
Il prima: sono un’esterofila per vocazione, una curiosa, una che di fonte all’idea di un’esperienza all’estero (sensata) non si tirerebbe indietro. Prima di partire, sono stata una famelica fruitrice di blog di italiani all’estero, di siti di italiani all’estero, di racconti di italiani all’estero, di libri sull’argomento e via dicendo. Ho letto veramente tanto tanto in merito. La percezione era “ho mandato un’email dall’Italia, ho fatto il colloquio il giorno dopo, mi hanno preso prima che finissi di parlare e dopo due giorni ho iniziato la mia vita all’estero a 5000€ al mese con benefit e standard di vita inimmaginabili in Italia“.
Ora… che ci siano dei casi fortunati, fa parte della vita, della statistica e della legge dei grandi numeri (che non conosco, ma che cito perchè fa sempre bella figura). Ciò che l’interlocutore dimentica di citare è il percorso che c’è dietro una certa preparazione, e gli episodi di criticità a cui è dovuto, probabilmente, sottostare, prima di trovare qualcosa del genere. Viene solo citato il risultato del successo, facendo credere che all’estero si schiocchino le dita e tutti corrano da te con contratti milionari in mano. Dietro opportunità del genere, quanti rifiuti si è dovuto prendere? Quanti tavoli si sono serviti? Quanti doppi e tripli lavori si sono dovuti affiancare al primo? Quanti pianti, quante notte insonni, quante testate nel muro si sono date prima che arrivasse l’occasione? Probabilmente molte, dispiegate sicuramente in molti mesi, in molti casi anche in anni. Non fatevi abbagliare dalle storie di successi. Dietro una storia di successo ci sono mille tentativi andati a vuoto, molte porte chiuse, pianti, disperazioni, rifiuti e crolli emotivi.
Il Dopo: il dopo nasce dall’osservazione empirica di situazioni confrontate con le situazioni ideali lette o raccontate dall’amico dell’amico sull’amico dell’amico che sta in Germania.
Non fatevi abbagliare dalle false aspettative e ricercate info non generali, ma quanto più vicine alla vostra situazione (linguistica, lavorativa, di esperienze, di budget).
Ora, passiamo ai grandi classici.
Si trova lavoro in Germania? In Germania è facile (nel senso che ci sono molte offerte) trovare lavoro nel campo dell’ingegneria, delle scienze applicate, nella ricerca, e in alcune professioni di ausilio medico. Tutti lavori preclusi ai 18-20enni che cercano fortuna, e ai 50enni che hanno lavorato una vita facendo tutt’altro (dall’installatore all’impiegato, dal commercialista all’avvocato). E’ facile trovare lavoro se avete una professionalità richiesta e anni di esperienza alle spalle (nei settori menzionati).
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E´ facile trovar lavoro, se non si pretende uno stipendio elevato (o se si decide di lavorare gratis)
Scrivo da espatriato a Barcellona, lavoro nel campo Digital/Marketing Online. E’ un settore che fortunatamente va ‘piuttosto’ bene qui (uno dei pochi) e so andare altrettanto bene li (almeno cosí mi dicono).
Vorrei appunto un parere da qualche insider berlinese: come vanno le cose in questo settore? so di molte start-up (pure troppe forse) e di qualche grossa realtá. Il fatto di non parlare tedesco puó essere un grosso problema? Voglio dire, sono sicuro lo sia perchè vedo annunci in tedesco da aziende in cui si parla tedesco. Con certe mansioni in cui serve ovviamente la lingua locale. Ma anche qualche cosa in cui l’inglese è ok.
Qulacuno conosce il settore? Esperienze? Grazie per i pareri!
Caro Andrea, non so dirti molto relativamente al tuo settore ma in generale il tedesco è la lingua del paese ed è imprescindibile, come lo è lo spagnolo per la Spagna, l’italiano per l’Italia, l’inglese per la Gran Bretagna, il francese per la Francia, etc etc. non c’è nessuna differenza. Perfino se sul posto di lavoro non vengono richieste buone conoscenze del tedesco è fondamentale conoscerlo benino per sopravvivere nella giungla burocratica e anche, perché no, per non sentirsi tagliati fuori totalmente dalla vita del paese. Se vuoi venire qua ti consiglio prima di farti un bel corso intensivo serio e lungo (non di due settimane, possibilmente) e di farlo con impegno programmando di spostarti fra un annetto, quando saprai almeno già sopravvivere con la lingua (tutte cose che l’articolo giustamente già dice). Se pensi: non ho voglia di imparare questa lingua/non la imparerò mai/non sono portato per le lingue/il tedesco non mi piace/non mi interessa come lingua, sconsiglio vivamente di venire qua. La situazione lavorativa a Berlino non è pessima ma nemmeno dorata, quindi ti troverai a sgomitare con altre persone che o sono madrelingua o conoscono il tedesco molto bene e magari altrettanto bravi nel tuo lavoro. Non aspettarti grandi guadagni, non è Londra né New York ma una città che fino all’altro ieri faceva parte di un paese sovietico tuttavia si riesce a vivere decentemente con non molti soldi. Lo stato non regala soldi a chiunque come alcuni dicono ma se sei nella cosiddetta cacca di solito qualcosina per sopravvivere te la elemosina (non è il massimo della vita comunque). Un saluto. Luca
Grazie per la risposta Luca. 🙂 Certo, da espatriato come te, capisco il messaggio del tuo post e ho ben chiare le difficoltá del vivere in un altro paese. Se qualcuno che bazzica il settore ha qualche info specifiche, ben venga! Un saluto!
“Dietro opportunità del genere, quanti rifiuti si è dovuto prendere? Quanti tavoli si sono serviti? Quanti doppi e tripli lavori si sono dovuti affiancare al primo? Quanti pianti, quante notte insonni, quante testate nel muro si sono date prima che arrivasse l’occasione?”
Onestamente?
Non conosco l’autrice del post, non conosco il suo percorso e non conosco la sua preparazione, ma trovo un po’ avvilente che i “numerosi rifiuti” che tutti noi abbiamo preso e prenderemo ancora, vadano a sminuire il successo personale di una persona.
La mia opinione è che il perseverare costituisca un valore aggiunto: hai una posizione di responsabilità, ma prima hai fatto uno stage/il cameriere/la baby sitter/hai mandato 100 CV prima che ti dicessero di sì?
Oppure: stai coltivando il tuo sogno e nel frattempo devi fare 4 lavori part time?
Bene, MEGLIO! Per fortuna! Significa che alla fine, dopo tanto insistere, anche tu sei riuscito a trovare la tua strada.
La mia idea di “fallimento”? Uno che va, prova per un paio di mesi, rifiuta lavori che non ritiene alla sua altezza, si arrende e torna in Italia a vivere in famiglia e a scoraggiare quelli che vogliono partire.
Chi non si arrende, vince sempre.
Ti spiiego il senso di quel pezzo sui rifiuti.
Non intendevo sminuire un successo personale perchè si sono ricevuti e si riceveranno dei rifiuti.
Il senso è che, spesso, degli italiani all’estero che ce l’hanno fatta si mette in luce solo la posizione attuale. E questo abbaglia e fa illudere che nel paese X, si finisca con l’avere successo sempre e subito a prescindere dalla lingua, dalla professionalità, dalla capacità di adattamento e dalle capacità personali.
E questo è molto fuorviante per chi, sulla base di un successo, pensa “parto e vado, non so niente e non so fare niente, ma tanto c’è tanto lavoro per tutti e tutti aspettano me”.
Quello che io volevo sottolineare è che il successo difficilmente arriva dal nulla. Ma che dietro quel successo ci sono stati sicuramente mille ostacoli, solitudini, sogni infranti, lavoretti, difficoltà lavorative ed umane che invece vengono sempre troppo poco messe in luce.
Il senso è, quindi, completamente diverso da come lo hai inteso.
No, scusami, ma avevo capito benissimo e me lo confermi ora con questa risposta. Ho spiegato male io e rileggendo, in effetti, non è chiarissimo il concetto che volevo esprimere.
Ecco cosa volevo dire:
Tu sostieni che, leggendo le esperienze degli Italiani che all’estero ce l’hanno fatta (e che non menzionano le difficoltà), una persona di intelligenza normale creda davvero che il lavoro cresca sugli alberi e che per trovarlo si debba aspettare comodamente a casa, senza sbattersi, sudare, piangere per trovarlo?
Se è questo il senso, scusa di nuovo, ma non sono d’accordo. O meglio, mi rifiuto di sminuire in questo modo l’intelligenza dei miei compatrioti!
(a parte gli scherzi, c’è davvero gente che parte con queste idee? No, perché se è così è GRAVE)
Sì, c’è gente che parte davvero con queste idee.
L’articolo è un mix della mia esperienza e di ciò che ho letto in tanti mesi nei forum e nei blog (quindi dal “sentimento comune” di chi si propone di espatriare). C’è gente che mette in luce le sue fantastiche conoscenze di spagnolo per sapere se servono in Germania. C’è gente che chiede se in un determinato negozio cercano personale (come se tutti non facessero altro che andare a chiedere proprio a quel negozio o a quella catena se cercano personale). C’è addirittura chi dice “cerco lavoro aiutatemi. Se volete informazioni sulle mie esperienze o CV contattatemi in pvt”. Cioè, ma TU cerchi lavoro… perchè qualcuno dovrebbe interessarsi a cosa hai fatto? Fidati, è pieno di persone così, basta leggere un po’ in giro.
Ciao,
spero state tutti bene e mi permetto di commentare perchè di espatrio ne ho alcuni alle spalle.
Sono francese ma ho vissuto sette anni a torino, sto ora in Belgio e penso l’anno prossimo di andare a Berlino
Premetto, concordo con il fatto che il lavoro si guadagna, si dimostra e concordo anche con ci dice ma bisogna non abbattersi mai.
Sono d’accordo con tutto. nonostante io credo che per espatriarsi un poco di “sogno” bisogna averlo.
Non ho mai pensato non sono capace di fare questo o questo. mai. perchè senno non mi sarei mai spostata.
Che il mercato del lavoro sia uno schifo (scusate il termine) non è nuovo. ma è uguale ovunque. chiaro che all’inizio non si trova il lavoro dei sogni ma il lavoro si trova e come! anche in italia.
però è chiaro che non diventi subito redattore di un giornale se sei appena laureato in scienze delle communicazioni.
il mito da sfattare per me non è non si trova lavoro, per me è si trova lavoro ma bisogna lasciare il tempo al tempo.
Aggiungo che in un paese si parla la lingua del paese, i tuoi colleghi parlano la lingua del paese se si spostano? stessa cosa per noi!
finalmente , qualcuno che ha senso della realtá.
L’autrice del blog ha fatto uno stage di 100 giorni in Germania. Questa è la sua esperienza il resto sono chiacchiere. E’ vero o no?
finalmente, qualcuno che dice la verità rispetto a molti altri blog pre-esistenti! bravi.
So che oggi è più difficile trovare il lavoro a Berlino rispetto a 40 anni fa, quando sono andato io. A quei tempi c’era molta scelta, tramite l’ufficio del lavoro (Arbeitsamt) in un paio d’ore avevo trovato lavoro ed abitazione, la paga non era molto, ma con il tempo ho guadagnato di più; ho lavorato nel tessile nell’edilizia ed infine in tipografia, dove ho avuto un buon stipendio. Oggi in Europa è tutto differente, comunque ci si deve adattare alla vita del Paese dove si abita, cosa a cui, per la mia esperienza, molti italiani, specie donne, non facevano, erano molti che giravano nei “ghetti” delle pizzerie od avevano pochi contatti e di lingua ne erano poco a conoscenza. Ogni tanto ritorno a Berlino a trovare amici delle due nazionalità e vedo che molto è cambiato, comunque Berlino è ancora una città bella e vivibile, pur con molti problemi. saluti Alvaro