CYBERlin – L’alchimista, l’IT e il destino della scrittura
Che ci faceva Paulo Coelho al Campus di Berlino?
Cinque risposte di amici su Paulo Coelho: “Lo leggevo, a 17 anni” / “se vendi più di 100 milioni di libri dovresti chiederti perché” / “Coelho? Mi ha salvato la vita, dico sul serio.”/ “Coelho serve! … per rimorchiare” / “Coehlo è un genio, è come Tarantino, ma mistico”.
Questa mattina Paulo Coelho aveva cinquemilioniquattrocentododicimilacinquecentottantasette followers su twitter. E novemilionicentocinquantaduemilaottocentosessantotto fan sulla pagina facebook ufficiale.
Quindi mercoledì 22 al Campus Summer Party di Berlino, Paulo Coehlo ci stava per un motivo chiaro. Ma, soprattutto, ad oggi, Paulo Coehlo è forse uno degli scrittori che ha saputo meglio spostarsi dall’analogico al digitale, cogliendo la Svolta Internet nel pieno della sua epocalità e riuscendo a vendere (e guadagnare) ancora più di prima. E questo perché Coelho è un uomo d’azione prima che uno scrittore. É un tizio che sbatte la propria vita in avanti e poi cerca di andarsela a riprendere scrivendo. E non viceversa. Questo bisogna riconoscerlo, che ci piacciano o meno i suoi libri stravenduti.
Di tutti i libri di Coelho, in verità, ne ho apprezzato uno: la sua intervista/autobiografia (a meno che non fossero tutte balle). Credo che la sua forte esperienza vissuta, anche quando misticheggiante e interiore, sia molto legata ad uno stile di scrittura che a molti sembra naïf. Le parole sono ingenue quando vengono giudicate da paradigmi culturali che hanno sancito cosa sia ormai saturo di banalità e cosa no. Ma se fosse il percorso che conduce alla scelta di una parola a deciderne il potere? Voglio dire: se uno scrive di essere “il guerriero della luce”, c’è chi risponde: “bella cretinata”. Ma se prima di scegliere quelle parole il nostro guerriero di carta ha vissuto davvero il buio, ne ha avuto esperienza profonda e autentica, radicale e non intellettualizzata, allora glielo concediamo il diritto di scegliere in maniera primitiva e primordiale le parole che vuole? Lo diamo il diritto di chiamare “Luce” la “luce”, anche se ai comodi occhi del divoratore di libri sembra troppo semplice? Il fatto è che, spesso, la stanchezza delle parole è in realtà la stanchezza dell’esperienza, e non viceversa. Se quello ha visto la luce, beh, magari ha visto una gran bella luce, che ne sappiamo noi? Bene, non credo di essermi spiegato alla grande e ci sarebbero altre 700 cose da dire. Quindi torniamo all’IT, visto che siamo su CYBERlin…
Al Campus Coelho ha parlato di contenuti scritti in tempo di reti interconnesse. E, per prima cosa, ha citato la facile reperibilità dei suoi testi tradotti online e la sua ostilità alle rigidità delle censure preventive in nome del copyright. Per arrivarci è partito dalla Bibbia: “In principio era il Verbo”. Ma poi, dopo questa dedica spirituale alla Parola, Coelho ha ricordato qualcosa che hanno già detto in molti, ma che andrebbe ripetuta più spesso. Ha ricordato che storicamente la scrittura è sempre andata dietro la tecnologia. Ed è sempre stata condizionata e formata da essa. Quindi quello che sta accadendo oggi non è così nuovo. Questo vale dalle tavolette di argilla in poi, passando per i papiri e i primi caratteri a stampa. Non a caso Coelho ha collegato le reazioni dei monaci amanuensi di fronte alla macchina infernale di Gutenberg al terrore degli editori di fronte al World Wide Web. “They are trying to stop the unstoppable”, ha affermato il Paulo…altra verità semplice ma profondamente solida, soprattutto sul piano economico. Insomma, il riassunto storico di come la tecnologia abbia segnato il passo dei modelli narrativi ed espressivi è stato il momento migliore dell’intervento di Coelho.
Certo poi lo scrittore brasiliano si è moderato dicendo che il libro come oggetto non morirà mai così come il teatro non è stato fatto fuori dal cinema. Aggiungendo anche che chi leggerà un buon libro in rete (anche free) poi lo vorrà sempre comprare fatto di carta (“people will pay for content if the content is good”). Personalmente credo che queste siano condizioni tipiche dei periodi di coesistenza, ma se torniamo al punto di vista da grande Storia, ci sono strumenti e forme destinate a scomparire, ma questa è solo un’opinione.
Ad alcuni è piaciuta poco, invece, la facilità con cui Coelho ha citato più volte Amazon e il suo Kindle come espressioni quasi naturali della lettura digitale, senza tener conto che anche lì, a livello di ebook, sarebbe sana una certa pluralità di attori economici. I monopoli sono, al momento, uno dei pericoli maggiori per la rete. Ed è chiaro che il grande successo editoriale (di qualsiasi tipo) di Coelho non lo rende molto vicino a certe dinamiche.
A dire il vero ci sono state diverse domande del pubblico che il nostro guerriero ha scansato con la furbizia di un manager-oratore navigato, soprattutto quelle che rimarcavano l’unicità del suo successo online, che sembra anche legata all’abilità di convertire un successo commerciale già consolidato in era pre-digitale. Vale a dire che i continui richiami di Coelho ad una conoscenza universale, ad un Unum che si nutre della continua condivisione (in principio era l’Uno)…a volte queste prospettive sono sembrate poco attente a quelle che sono poi delle effettive, e spesso anche utili, gerarchie di valore che si creano nei contenuti online.
Ma anche qui è stato piuttosto quello che il pubblico credeva di aver capito a suggerire certe considerazioni, non quello che Coelho ha effettivamente detto. Io credo stia proprio in questo il più grande talento da bestseller di Coelho: il saper esternare una semplicità ambigua, declinabile su più piani. L’uso di termini primitivi, epici, il cui valore viene poi attribuito ed elaborato da chi li legge o sente. In questo i contenuti di Coelho sono davvero tipici dell’Internet Age: non pretendono mai di chiudere un discorso, ma sanno sempre aprirlo. Giocano a favorire una partecipazione e reinterpretazione soggettiva, in quello che sul web chiamerei un “User Generated Thinking”.
Che ti piaccia o meno, che sia per smontarle o citarle, dopo aver sentito o letto Coelho, comunque pensi un po’ alle sue parole. Non a caso, dopo il suo discorso, ho pensato…vabbè, dai, un post su Coelho io lo voglio proprio scrivere.
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bell’articolo sul Campus Party..ma sull’IFA nessuna parola, visto che é piú recente (e piú famoso come evento)?
Eppure, per il settore IT, rappresenta una importante tappa per tutta l’industria informatica, sia software che hardware.
Concordo, l’IFA è ottimo, anche per capire la velocità con cui evolve il mercato. Purtroppo quest’anno me lo sono perso, cercherò di non mancare il prossimo!