Bloggeramt

CYBERlin – Perché è così facile lavorare per Google?

Gattaca, di Andrew Niccol

In libreria, nello scaffale per la gente che vuole essere figa, c’è un libro che si chiama “Are you smart enough to work at Google?” Attualmente conosco un paio di persone che sono abbastanza smart da farlo. A dire il vero conosco anche Maria, che è talmente in gamba da aver deciso di lasciarlo, il suo ambitissimo posto a Google.

Ma al di là di una scrivani negli uffici di Google Inc, ci sono molteplici modi per lavorare per Google, e questo vale soprattutto in un posto come Berlino, pieno di compagnie web.
Di che sto parlando? Avete presente quegli annunci e che citano spesso gli acronimi SEM o SEO? Quegli annunci sono parte di una storia nata e cresciuta all’ombra della Big G e del NuovoMondo che i suoi algoritmi hanno tessuto. Un mondo in cui le parole cercano di comunicare con i numeri, in cui l’interfaccia si adatta al codice da cui origina. E viceversa. Un mondo di contatti elettronici che si celano sotto al web che i più conoscono.

SEM

Significa Search Engine Marketing. Web Marketing applicato ai motori di ricerca. Motori di ricerca significa Bing, Yahoo, Google e altri. Cioè Google e basta, perché è il motore di ricerca che funziona meglio e che piace di più. Ultimamente si dice che il SEM sia una parte di un nuovo settore più ampio, individuato come Search Engine Advertising. Si tratta di tutte quelle tecniche, in continua evoluzione, che servono per portare traffico ad un certo sito web tramite annunci pubblicitari, banner su siti del settore, collaborazioni con siti amici. Ma la parte più centrale e tecnica del SEM è l’elaborazione delle strategie di pubblicità Adwords, un servizio Google. Vale a dire di quegli annunci sponsorizzati che trovate quando cercate qualcosa in Google. Dietro ad ognuno di quegli annunci ci sono tentativi e creazioni per renderli più interessanti e aumentare il numero di click: statistica, analisi dati, sperimentazione e copywriting. Da parte sua Google si fa pagare per ogni volta che uno di questi annunci viene cliccato. Quindi fare una campagna SEM significa mettere l’annuncio giusto nel posto giusto e fare in modo che chi cerca un servizio clicchi proprio sul quel annuncio Adwords.

Come dice il mio amico Alberto, che mastica SEM ogni giorno: “il SEM è qualcosa di esistenziale, non hai un gran controllo e non sai come andrà, perchè le variabili in campo sono in parte statistiche e le puoi testare, ma poi sono anche legate ai bisogni e alle emotività delle singole persone che stanno su internet e quella non è matematica, ipotizzi…la sola cosa di cui sei certo è la supervizione di Google, ovviamente.” Mentre Eleonore dice sempre: “It’s not SEM, it’s GEM, Google Engine Marketing”.

SEO

E gli annunci non sponsorizzati invece? Come vengono scelti i siti che compaiono “normalmente” su Google quando cerco “zaino” o “unico film scorsese oscar” o “Bruce Sterling” o “volo per Berlino”?

Già, come succede? Milioni di persone scrivono le loro ricerche su Google ogni giorno…ma nemmeno si immaginano cosa ci sia dietro a quelle paginate di risultati che sembrano quasi naturali. Non sono naturali, sono frutto di tecniche molto competitive e anche sofisticate. E’ Google che decide chi sta in quelle classifiche. Ma gran parte dei webmaster di un sito cercano di fare decidere Google in un modo che gli sia conveniente. Cercano, appunto.

La Search engine Optimization è questo: tutte quelle tecniche che servono per scalare la classifica in Google per specifiche chiavi di ricerca, per comparire più in alto possibile nella parte non pagata dei risultati di ricerca. Queste tecniche vanno dalla creazione di contenuti al corretto codice html, dai link da altri siti al perfezionamento della user experience.

Si, ma come decide Google? Decidono gli algoritmi di Google, cioè quelle formule secondo cui gli Spider, i “ragnetti” di Google, controllano, giudicano e organizzano miliardi di dati nella Rete. In continuazione i ragnetti vanno in giro con le loro zampette virtuali e fanno crawling, cioé analizzano, calcolano, incasellano, classificano. Detta così sembra un delirio, e infatti lo è. Ma la regola fondamentale della SEO è proprio questa: creare struttura e contenuto digitale che piaccia agli algoritmi di Google e ai ragnetti che ne portano il segno nelle reti interconnesse. Certo, tendenzialmente a Google piace quello che piace a chi si affida ai suoi servizi, cioè alla logica dell’utilizzatore umano, ma questo non è scontato e non significa che non continui ad esserci un alone di mistero attorno all’ottimizzazione per motori di ricerca. Del resto si tratta di capire quali sono i piani e i criteri di una grande azienda che persegue il proprio interesse, cioè capire quali siano le politiche di Google. E, per rendere tutto ancora più entusiasmante, bisogna anche considerare che Google cambia e modifica i propri algoritmi un giorno sì e l’altro pure. Il contenuto del giorno prima potrebbe d’un tratto non funzionare più così bene …

Ora sulla SEO si può scrivere ancora un intera biblioteca online: è intuibile che sia un mondo pieno di ipotesi, esperimenti, reti di link, Seo buoni, Seo cattivi, guru e finti guru. E’ facile capire che l’ispirazione algoritmica dei contenuti web ci dice qualcosa su quale sia oggi l’essenza profonda di Internet. A Berlino potete trovare un sacco di tizi che cavalcano la tigre della SEO. Ce ne sono di storie belle da raccontare…

Però, quanto detto fin qui per ora basta per capire come attualmente Google sia una parte a dir poco strutturale del mondo digitale. Certo per il futuro si prevede, si auspica e si ipotizza che non sia più solo una Big Company a giudicare cosa vada visto o meno in Rete. Un giorno in cui giunga una maggiore pluralità degli agenti di selezione…

Ma intanto, una volta capito cosa sono SEM e SEO, una volta chiesto in giro per Berlino quanti lavorano nel SEM o nella SEO…possiamo ancora dire che siano così pochi quelli che lavorano per Google?

follow me on twitter @lorenzomonfreg

Articoli Correlati

5 Commenti

  1. C’è da dire che l’imperscrutabilità dell’algoritmo di Google è compensata da una parte più umana e meno oscura.

    Oltre ai “ragnetti”, infatti, ci sono quelli che io chiamo “piccoli aiutanti di Google” (meglio conosciuti con il nome più figo di “Google Quality Raters”): persone che passano ore della propria giornata a stabilire quanto la keyword “gattini” o “Ryan Gosling nudo” ci azzecchi con una data pagina web.

    Il che comunque non spiega perché il mio blog sia nei risultati di ricerca di “quanto è alto justin Bieber?”, ma almeno chiarisce il fatto che Google non fa le magie e ha bisogno di persone vere per funzionare.

    Gran bel post comunque, attendo i prossimi 😉

  2. Eh già Federico, hai proprio ragione, ci sono pure loro, i “piccoli aiutanti”, nome perfetto. Anche se a volte penso che siano ancora più imprevedibili, visto che invece di scelte algoritmiche fanno scelte per l’azienda di riferimento…
    Alla prossima!

  3. Che intendi con “scelte per l’azienda di riferimento”? Ho fatto il “piccolo aiutante” per sei mesi, qualche anno fa, e le scelte dovevano essere assolutamente super partes 😉

  4. se sei una fonte diretta mi fido al 100% sull’imparzialità dei piccoli aiutanti…per gli aiutanti meno piccoli, vedremo

Pulsante per tornare all'inizio