Il mondo non finirà nel 2012: un documentario berlinese contro i Maya
di Valerio Bassan
C’è chi segna i giorni sul calendario. E chi scuote la testa davanti alle teorie disfattiste. Da qualsiasi lato la si guardi, però, una certezza c’è: la data del prossimo 21 dicembre catturerà l’attenzione di tante, tantissime persone. La profezia Maya che prevede un grande sconvolgimento globale – per alcuni la fine del mondo, per altri una rivoluzione interiore – è già stata trattata ampiamente dai giornali, negli ultimi anni. Oggi, due documentaristi berlinesi, hanno deciso di girare un film sul tema. Per dimostrare cosa? Semplice, che il mondo non può finire ora.
Il focus del loro lavoro, infatti, non riguarderà l’ipotetica “apocalisse” prevista per il prossimo inverno, bensì le motivazioni che rendono quell’apocalisse decisamente poco auspicabile. Lilly Engel e Philipp Fleischmann stanno viaggiando attraverso numerosi stati chiedendo alle persone le loro personali “buone ragioni” per cui la Terra non cesserà di girare nel prossimo dicembre: il loro lavoro confluirà in un’opera ambiziosa, dal titolo “99 ragioni per cui il mondo non può finire”. «Vogliamo dare alle persone di tutto il mondo la possibilità di condividere le loro storie personali sul perché la vita valga la pena di essere vissuta», spiega Fleischmann.
I due videomaker hanno anche lanciato un sito internet, 99gruende.de, in cui invitano le persone ad inviare le proprie “motivazioni”. Chiunque può accedere al portale e caricare un video fino a tre minuti in cui spiega perché la vita umana debba, secondo lui, proseguire anche in futuro. Tra gli intervistati ci saranno anche alcuni volti molto conosciuti in Germania, tra cui i registi Klaus Lemke e Roland Emmerich, star di Hollywood. Curiosamente, l’ultimo lavoro di Emmerich fu “2012”, film dai toni apocalittici che fissava per l’annata in corso – seguendo proprio i dettami Maya – la fine del mondo.
Molto meno catastrofista si preannuncia invece il documentario dei due filmmaker berlinesi, basato soprattutto sulle testimonianze di persone “normali”. Ciò nonostante, Engel e Fleischmann hanno voluto incontrare anche i veri “apocalittici”, quelli cioè che si stanno preparando al peggio, costruendo bunker o accumulando scorte di cibo, nell’evenienza di una situazione d’emergenza da fronteggiare. Gli atteggiamenti variano da Paese a Paese: i più preoccupati, sostengono i registi, sembrano essere i tedeschi, mentre in Francia la maggior parte degli intervistati non ha nemmeno capito la domanda che gli veniva rivolta.
Ora i due si recheranno dall’altra parte dell’oceano, prima in Canada, poi negli Stati Uniti. L’intento è quello di alleggerire il più possibile i toni dell’opera: «Non è un film sulla fine del mondo, ma contro la fine del mondo», ha spiegato Fleischmann alla Deutsche Welle. «Umoristico, umano, divertente». Secondo il regista, la pellicola spiega «come avvicinarsi all’inevitabile con una buona dose di speranza». Intanto, il broadcaster franco-tedesco ARTE ha deciso di trasmettere il film proprio la sera del 21 dicembre 2012. E intanto c’è già chi ironizza: qualche critico cinematografico definirà il documentario “la fine del mondo”?