“Vi faccio scoprire il lato rock di Berlino”: la prima guida a tema di Francesca Fabi
Quante diverse guide turistiche di Berlino avete sfogliato nella vostra vita? Ecco, bene: prendetele e mettetele da parte, perché qui parleremo di qualcosa di completamente diverso. Una guida sì, ma con un unico filo conduttore: il rock. Stiamo parlando infatti di “Berlino, la guida rock“, il primo libro che analizza la capitale tedesca – città dove sono stati scritti alcuni intramontabili inni, tra cui “The Passenger” di Iggy Pop – interamente dal punto di vista musicale.
Édita in Italia da Arcana Edizioni (clicca qui per acquistare), la guida rock di Berlino è stata scritta dalla giornalista musicale Francesca Fabi, “laureata in storia medioevale con una passione incontrollata per i Led Zeppelin”. Francesca ha soggiornato spesso a Berlino per portare a termine le ricerche del suo libro, che riunisce aneddoti, curiosità e leggende sui “monumenti” berlinesi del rock e sulla storia musicale della città. Le abbiamo parlato per capirne di più.
Leggi anche:
10 canzoni dedicate a 10 bar punk a Berlino
Musicalmente parlando, Berlino è una città dai mille volti. Tanti la conoscono per la fervente scena elettronica, tu invece hai deciso di parlare del suo lato rock. Come mai?
Perché anche il rock ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo della vita culturale berlinese, anche se il passato rock della città è meno conosciuto ai più. A mio parere Berlino ha un’anima molto rock, se per rock intendiamo controcultura, ribellione, irriverenza. Inoltre non avrei mai potuto e saputo scrivere di altro se non di rock, dato che è una parte fondamentale della mia vita.
In quali angoli della città in cui queste vibrazioni rock risultano più palpabili?
Ci sono dei luoghi da cui non si può prescindere se si vuole provare a capire più a fondo l’anima storico-musicale della città, ad esempio Karl-Marx-Allee, la porta di Brandeburgo, il distretto di Kreuzberg: strade, piazze, quartieri e scenari che hanno stregato e ispirato molti artisti, legandoli a sé per sempre. Penso a David Bowie e Iggy Pop più che agli U2, i quali invece hanno visitato Berlino in tempi più comodi, rassicuranti e meno turbolenti.
Bowie e Pop, appunto. Entrambi hanno deciso di trascorrere qui alcuni degli anni più fertili delle loro carriere musicali: perché, secondo te?
Perché Berlino rispondeva esattamente alle loro esigenze: era sufficientemente svincolata dai circuiti del music business e quindi più vergine, ma al tempo stesso era torbida, misteriosa, problematica. Una vera calamita per anime così tormentate e alla ricerca perenne di sfide e scosse emotive.
Hai citato Kreuzberg, quartiere famoso per aver ospitato la controcultura punk negli anni ’80. Ancora oggi non ha perso questa fama. C’è qualche episodio particolare legato a questo quartiere nel tuo libro?
Kreuzberg è una zona tutt’ora affascinante, che pur essendo stata ripulita ed essendosi imborghesita, conserva ancora un non so che di underground. Mi ha colpito molto la storia a dir poco movimentata di uno dei suoi club più famosi, l’S036, un’ex birreria nata nella seconda metà dell’Ottocento trasformatasi in un covo punk. Non solo ha ospitato Bowie e Iggy Pop, ma anche importanti band punk ed è stato teatro di risse clamorose fra neonazi, punk e fan della new wave.
Concludendo, se dovessi scegliere tre canzoni che rappresentano al meglio lo spirito rock di Berlino, quali sceglieresti?
“Heroes” di David Bowie senza alcun dubbio svetta al primo posto, perché fotografa perfettamente la disperazione, il tormento, l’isolamento di quegli anni e perché Bowie è l’artista “berlinese” per antonomasia. “Born To Die In Berlin” dei Ramones, perché niente è più punk rock della capitale tedesca. “Live in Pankow” dei CCCP-Fedeli Alla Linea, l’incrocio rivoluzionario fra il punk berlinese e la pianura padana.