Quando l’Italia è molto più di una vacanza: la storia di Amavido

Amavido Italia Germania Calabria

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Contenuto promosso da Amavido

La storia che vi raccontiamo oggi inizia oltre mezzo secolo fa, in un piccolo paesino in provincia di Cosenza. Il settimo figlio di una famiglia numerosa studia in Seminario per diventare prete. Accade però che, anni dopo, il ragazzo, diventato sacerdote, faccia un viaggio a Bologna per visitare un amico e si innamori di una ragazza tedesca, che studia pianoforte in Italia. Dopo mesi di riflessione il giovane prete decide di seguire l’amore e andare a vivere nella piccola città di Ludwigsburg, vicino a Stoccarda. I due figli della coppia crescono in Germania, ma ogni anno vanno a trovare la famiglia del padre in Calabria. Vivono fra due mondi: da una parte la fiorente cittadina tedesca, dall’altra le inconfondibili atmosfere del sud Italia. Una famiglia numerosa, i ritmi tranquilli della natura, un’accoglienza fatta di calore e semplicità, di serate al balcone a guardare le luci del golfo di Lamezia accendersi sul mare al tramonto e a sentire il treno fischiare in lontananza e il gallo cantare in cortile. Che cosa ne è stato di quella visione? Ce lo racconta Dominik Calzone, uno di quei due bambini, che oggi è un giovane imprenditore deciso a trasformare il suo amore per l’Italia in un progetto di recupero ambientale e culturale. Così nasce il progetto Amavido.

Che cosa ti ha portato a trasformare la tua passione per l’Italia in un lavoro?

Durante i miei soggiorni in Italia, ho vissuto esperienze speciali, magiche. Andavo a trovare mio zio che lavorava nell’orto e correvo fra gli alberi con mia sorella, mangiando frutta fresca colta direttamente dagli alberi. Con le verdure raccolte in quello stesso orto, mia zia ci preparava pranzi deliziosi, accompagnati dal vino fatto in casa. Ogni giorno era accompagnato dal profumo delle arance. Tutto questo è sempre stato così prezioso per me, così speciale. Crescendo, però, ho visto anche l’altro lato della medaglia. In questi paesi del sud Italia c’è poco lavoro, mancano le prospettive. Tanti giovani scappano e le case restano vuote. Vedere questo esodo dalla mia prospettiva non era solo triste: era assurdo. Soprattutto perché notavo come, in Germania, sempre più persone ambivano a lasciare la frenesia delle città per ricercare una vita dai ritmi più umani, più naturali.

C’è stato un evento scatenante che ti ha spinto a creare Amavido?

Ad un certo punto mio padre ha ereditato la vecchia casa dei suoi nonni e nessuno di noi sapeva bene cosa farne. Tenerla? Venderla? Ma chi avrebbe voluto una vecchia casa come quella? Un giorno, mentre camminavamo con i nostri genitori per i vicoli di Longobardi, mia madre ha avuto l’idea di proporre ai turisti di “vivere come una persona del posto”. Perché non utilizzare la nostra casa – e anche tanti altri spazi inutilizzati del paese – per offrire ai turisti un’esperienza diversa? Volevamo permettere anche ad altri di vivere ciò che aveva reso speciale la nostra infanzia, di stare gomito a gomito con le persone del posto, condividendone cultura, tradizioni, conoscenze e passioni. Non volevamo portare in paese dei turisti, ma degli ospiti, che vivessero la quotidianità della comunità locale. Quest’idea ci ha emozionato molto e abbiamo scritto subito una
prima bozza del progetto. I primi feedback dalla Germania sono stati entusiasmanti e incoraggianti e così abbiamo sviluppato la struttura di Amavido.

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Che cosa rende Amavido diverso dagli altri operatori turistici?

Amavido vende viaggi diversi dal solito, perché il progetto stesso è il frutto di un viaggio lungo e insolito, nella sua ideazione e realizzazione. Non ci siamo mossi come gli altri startupper tedeschi: tutto è partito in modo molto più “locale”. All’inizio io e mia sorella siamo andati dal prete del paese, con la nostra bozza di progetto, per chiedergli se conoscesse proprietari di case vuote, con l’idea di offrire un supporto nella ristrutturazione degli immobili. Ben presto, tuttavia, ci siamo resi conto che questa non era la strada giusta. Io e mia sorella avevamo già lavorato insieme ed entrambi avevamo una buona esperienza nella gestione di progetti, organizzazione eventi e festival e mediazione culturale. Io ho una formazione in studi economici e uso delle tecnologie multimediali e mia sorella in mediazione culturale. Ma all’inizio non avevamo competenze specifiche nel settore turistico. Dopo poco abbiamo conosciuto Lucia, la terza co-fondatrice di Amavido, che all’epoca stava completando un Dottorato in turismo responsabile a in Inghilterra e collaborava con alcuni tour-operator stranieri. Anche lei sognava – da tempo – un progetto di turismo a basso impatto per valorizzare il potenziale di piccoli borghi e paesi. L’incontro con Lucia è stato fondamentale, è stato come unire tutti i punti o trovare il pezzo mancante di un puzzle.

Come avete finanziato il progetto?

Abbiamo iniziato con una campagna di crowd-funding, che ci ha dato una buona visibilità in Germania e ci ha portato le prime prenotazioni. Poco dopo abbiamo incontrato un Business Angel innamorato dell’Italia – Kurt Jonas – che ha subito creduto in noi e nell’idea Amavido. Successivamente, tante altre persone hanno creduto in noi e nella nostra idea: abbiamo ricevuto un finanziamento pubblico erogato dallo stato del Brandeburgo e abbiamo avuto il supporto della banca tedesca GLS-Bank. In questa maniera siamo stati in grado di impostare la successiva fase di sviluppo del nostro prototipo. Abbiamo studiato il nostro target, abbiamo analizzato il mercato e abbiamo continuato a sviluppare il prodotto fino al punto in cui siamo ora. L’anno scorso, inoltre, due nuovi investitori italiani, Riccardo Leoni e Antonio Samele, sono entrati nel progetto aiutandoci a crescere ulteriormente.

Fino a questo momento sembra tutto rose e fiori! Non avete incontrato nessuna difficoltà?

Non è sempre facile combinare l’idealismo con la creazione di un’impresa. Ci sono molte strade difficili da percorrere e molte decisioni difficili da prendere, notti insonni e molto altro. A volte sembra che questo viaggio con Amavido ci porti ad affrontare le nostre più grandi paure e a confrontarci con tutto quello che abbiamo dentro. Perché, accanto allo sviluppo dell’impresa, abbiamo dovuto riflettere anche su altre dinamiche come, ad esempio, quelle familiari. Lavorare insieme come fratello e sorella può far emergere conflitti dimenticati, non ancora superati. Poi abbiamo dovuto imparare che ognuno ha un suo talento da offrire al gruppo di lavoro, e proprio quando si inizia a comprendere ciò che l’altro può dare allora si inizia a crescere riducendo le barriere mentali.

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Quali errori non ripeteresti, nella tua esperienza di imprenditore?

Mi sono reso conto del fatto che a volte abbiamo avuto un approccio per il quale tutto doveva essere perfetto prima di iniziare a fare qualcosa. Ma questo non è sempre possibile, soprattutto per una startup. A volte bisogna imparare con la pratica e lanciarsi in un progetto anche se non si è pronti al 100%.

Come ha reagito il mercato del turismo al concept di Amavido?

Abbiamo avuto modo di constatare che ci sono moltissime persone che si sentono pronte per questo tipo di viaggio. Siamo in un momento molto emozionante, abbiamo capito il nostro mercato e abbiamo una strategia ben definita. Ora, con la nostra campagna di crowd investing, siamo alla ricerca di investitori che vogliano unirsi a noi per rendere visibile ciò che oggi è invisibile.

Che cosa può aspettarsi un investitore, quando si unisce al vostro progetto?

Amavido aspira a diventare la principale piattaforma di turismo slow e sostenibile in Europa. Raggiungeremo questo obiettivo tramite un innovativo portale di prenotazione che indirizza – grazie ad un sistema interattivo – i turisti tedeschi verso borghi, paesi, e località rurali italiane escluse dai circuiti del turismo di massa. Amavido è quindi un aggregatore di alloggi ed esperienze in borghi, paesi, e piccoli luoghi per “rendere visibile l’invisibile” – che è poi lo slogan della nostra startup. Analogamente a quanto ha fatto lo Slow Food per l’enogastronomia, Amavido si pone come obiettivo la valorizzazione delle eccellenze locali, delle tradizioni e dell’intera filiera di soggetti interessati allo sviluppo turistico di borghi e paesi, dagli operatori del settore agroalimentare alle associazioni culturali locali, dai titolari di ristoranti alle Pro Loco. Le grandi visioni, come molte delle idee più innovative, hanno bisogno di tempo per dispiegarsi nella realtà. Amavido è un’avventura, un viaggio e una sfida per tutte le persone coinvolte. Giorno dopo giorno, questa sfida diventa sempre più reale e concreta. Per sviluppare al massimo le sue potenzialità, Amavido ha bisogno di persone coraggiose e proiettate verso il futuro che possano affiancarci nello sviluppo della nostra visione. Noi di Amavido crediamo nei piccoli luoghi, nelle persone, e nel valore del tempo e ora abbiamo bisogno di allargare il circuito di persone che credono in questo potenziale inespresso, ancora largamente invisibile. Abbiamo bisogno di persone che sappiano fare scelte motivate e razionali, ma che siano anche capaci di capire quando fidarsi del loro istinto, che sappiano costruire prospettive di lungo periodo, e che sappiano dare fiducia all’energia e alle competenze del nostro gruppo di lavoro.
Vuoi saperne di più su Amavido e sostenere attivamente il progetto? Visita il sito della campagna di crowdfunding!